
Avevamo bisogno del ritorno di Gosha Rubchinskiy? Rispondere, a ragion veduta, non è semplice come sembra
Gosha Rubchinskiy, il designer russo che ha conquistato la scena della moda negli anni 2010 con il suo streetwear ispirato all'estetica post-sovietica, ha riaperto il suo brand. Per chi non ricordasse, lo aveva chiuso nel 2018 a distanza di mesi dall'apparizione di screenshot di chat su Instagram in cui il designer chiedeva delle foto a un ragazzo minorenne per un presunto casting. Ai tempi, in piena atmosfera di cancel culture, erano bastate a obliterare il suo brand in un paio di giorni, anche se il designer non aveva perso i suoi sostenitori, tra cui il magnate di Dover Street Market, Adrian Joffe, e Kanye West, da cui poi in seguito il designer stesso si dissociò dopo le esternazioni filo-naziste del rapper che condussero alla sua caduta in disgrazia. Pochi giorni fa, in un'intervista rilasciata a BoF, Rubchinskiy ha espresso la sua determinazione a ripartire da zero, descrivendo questo momento come un'opportunità per ricostruire dalle basi. Ma perché questo ritorno sembra così problematico?
Perché Rubchinskiy venne cancellato?
@delugesourcing Gosha Rubchinskiy Was CANCELLED After This Shocking Scandal #streetwear #outfitinspo #russia original sound - delugesourcing
Già nell’aprile 2018, Rubchinskiy aveva annunciato la temporanea chiusura del suo brand e l’interruzione delle collezioni stagionali in vista di una ristrutturazione del business. Mesi dopo, un ragazzo di 16 anni di nome Jan Silfverling pubblicò online screenshot di conversazioni private su Instagram e WhatsApp, accusando il designer di averlo sollecitato a inviare foto esplicite o provocanti, suggerendo persino di scattarle in bagno per evitare i genitori. La notizia, uscita in piena epoca di cancel culture, fece scoppiare un dibattito immediato sulla sicurezza degli street casting a modelli non professionisti in tutto il settore della moda. Si era all’epoca in cui emergevano pesanti accuse nei confronti di giganti della fotografia di moda come Terry Richardson, Mario Testino, Bruce Weber e lo scomparso Patrick Demarchelier.
So Gosha Rubchinskiy Is dirty pedofile asking kids for pics and videos online @HYPEBEAST @highsnobiety #gosha #rowa this what the fashion Industry fully of absolutely nonces #gosharubchinskiy pic.twitter.com/it2bGr05FE
— DrillInsider (@DrillInsider) December 8, 2018
Poco dopo, è emersa una seconda accusa simile da parte di un altro individuo non identificato, che ha condiviso uno screenshot di uno scambio analogo avvenuto nell'ottobre precedente. Rubchinskiy rispose immediatamente attraverso il suo team, negando categoricamente qualsiasi comportamento inappropriato. Disse che lo scambio fosse parte di un normale processo di "street casting" per un lookbook: il ragazzo aveva contattato per primo il brand per candidarsi, e la richiesta di foto era solo per archiviarla tra gli altri candidati, dopo una videochiamata FaceTime. Il team ha aggiunto che i messaggi erano stati "alterati e tolti dal contesto", e che il ragazzo, dopo essere stato bloccato per contatti insistenti, avrebbe agito per vendetta.
Un’accusa senza prova
Oggettivamente, le accuse non sono mai state confermate o smentite in modo formale attraverso un processo legale o indagini ufficiali. Non ci sono registri di denunce penali, cause civili o procedimenti giudiziari contro Rubchinskiy legati a questo episodio, né in Russia né altrove. adidas, partner del designer all'epoca, ha avviato un'indagine interna nel dicembre 2018, ma non ha pubblicato risultati pubblici e la collaborazione è proseguita fino al 2022, quando Rubchinskiy ha lasciato per altri motivi. Nella stampa di settore l'episodio rimane definibile come "accusa" non provata, data la mancanza di prove concrete oltre agli screenshot. Non ci sono verdetti legali che le confermino né che le smentiscano, né ci sono state indagini indipendenti che abbiano fatto chiarezza.
Il che è un bel dilemma: da un lato, almeno formalmente, Rubchinskiy non è colpevole di nulla; dall’altro, una nuvola di sospetto lo circonda e la sua reputazione è senza dubbio macchiata. Volendo fare l’avvocato del diavolo, nel caso dei fotografi del #MeToo o di Alexander Wang ci furono numerosi accusatori e avvocati coinvolti, ci furono anche cause legali vere e proprie che però non sfociarono in un’effettiva condanna, probabilmente a causa di accordi extra-giudiziari in seguito ai quali gli accusatori vennero risarciti finanziariamente dietro la condizione di chiudere la questione per sempre. Il che potrebbe dimostrare indirettamente e in modo non conclusivo che qualcosa sia accaduto. Nel caso di Rubchinskiy invece le accuse sono estremamente fumose oltre che isolate, e non riguardavano nemmeno una molestia fisica, dato che gli accusatori dei fotografi e di Wang erano decine mentre poco o nulla si sa ufficialmente di quelli di Gosha.
La decisione sulla colpevolezza o meno di Gosha, insomma, riposa sulla coscienza di ciascun membro del pubblico. Anche se le accuse sono assai inquietanti, niente è stato dimostrato. E sicuramente non ci si poteva attendere che Rubchinskiy mollasse baracca e burattini per andare a lavorare in una fabbrica o zappare la terra per un’accusa non dimostrata. Il suo ritorno, non di meno, rimane problematico perché già solo parlarne o scriverne provando a mantenere oggettività dà la sgradevole sensazione di provare a giustificare un colpevole attraverso ragionamenti capziosi. Ma il fatto è proprio questo: chi crede che Rubchinskiy sia colpevole continuerà a farlo; chi crede nel garantismo lo penserà innocente. È giusto che nel frattempo, per un’accusa grave ma non dimostrata, a tutti gli effetti un pettegolezzo, una persona qualunque rinunci per sempre alla propria vita? Stranamente, è più un discorso di vibes che di legalità. Servirebbe forse concentrarsi su un altro e scottante problema: Rubchinskiy è russo.
Nel 2025 c’è ancora spazio per il Soviet-core?
Attention, European Union!
— Anton Gerashchenko (@Gerashchenko_en) July 10, 2025
Russian propagandists keep threatening Europe with nuclear weapons, saying that no one would need "an outskirt of Eurasia with high levels of radiation," adding that the EU's place is "by a sh*thole." pic.twitter.com/OUuSou0VZo
L’estetica di Rubchinskiy è fin da sempre basata nello stile della gioventù russa dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Tute adidas, tagli di capelli quasi militari, tatuaggi dal sapore vagamente criminale, scritte cirilliche, fumare le sigarette in posizione da slav squat in un infernale paesaggio di neve, fango e grigi casermoni decadenti. Tutto un cosplay di gioventù post-sovietica dura e pura che sapeva di autentico, di affascinante e di inesplorato prima del 2020. Certo, il cosiddetto Soviet-core non è esclusivamente russo ma di tutti i paesi dell'ex-USSR, tanto che il georgiano Demna ne fu uno dei più importanti propositori. Il che non cancella le afferenze russe di quest'estetica, nè il fatto che Rubchinskiy sia a tutti gli effetti russo. E oggi, a tre anni e mezzo di distanza dall’invasione russa dell’Ucraina, con Putin che manda droni a violare lo spazio aereo polacco e lascia intendere che potrebbe minacciare la Finlandia e la Polonia; con i bot e gli hacker russi che allagano internet di disinformazione, attivisti di partito come Vladimir Solovyov che evoca lo spettro di attacchi nucleari in Germania e via dicendo, le cose sono decisamente cambiate.
Pur esprimendo la nostra simpatia verso i cittadini russi che non sono responsabili diretti di questa situazione geopolitica, bisogna dire che la moda del 2025, per quanto in crisi creativa, per quanto marcia, per quanto antiquata e problematica, non ha moltissimo spazio per finanziare un brand la cui visione è legata a una nazione che rappresenta una minaccia concreta per l’Europa. Dopo il 2022, inoltre, il brand ha smesso di essere legato al gruppo di Comme des Garçons e dopo il rilancio è stato descritto come una "collective venture" finanziata da capitali personali e amici. Non ci sono dettagli pubblici su una nuova registrazione societaria, ma il sito ufficiale non specifica indirizzi legali – per quello che ne sappiamo, il brand potrebbe essere un’azienda russa a tutti gli effetti. Rimanendo anche questa ambiguità ci domandiamo: quale cittadino europeo nel 2025 sarebbe disposto ad associarsi, anche solo esteticamente, a una nazione apertamente ostile?














































