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I dazi USA costeranno ad adidas 200 milioni di euro Nonostante ciò, il brand ha continuato a crescere bene quest’anno

Trump è tornato all’attacco e ha annunciato nuovi dazi contro decine di paesi. E il nuovo giro di vite sulle tariffe (che si deve sempre capire se, come, quando e per chi verranno messe in atto) ha fatto molto preoccupare adidas che ha annunciato che i nuovi dazi sulle importazioni imposti dagli Stati Uniti potrebbero costare all’azienda fino a 200 milioni di euro entro la fine del 2025. L’annuncio arriva proprio mentre adidas sta vivendo una fase di ripresa commerciale, con vendite nette pari a 12,11 miliardi di euro nel primo semestre dell’anno e un utile operativo in crescita del 57,7% su base annua, arrivato a 1,16 miliardi di euro. Parlando in conferenza stampa dalla Germania, il CEO Bjørn Gulden ha offerto un bilancio misto: «Abbiamo raggiunto questi risultati nonostante tutte le sfide», ha affermato. «Il nostro marchio è forte. Penso che ciò sia dovuto non solo ai 76 anni di storia e marketing accumulato, ma anche al lavoro dei nostri team, sia a livello globale che centrale, che ci hanno riportato in primo piano davanti al consumatore». Sempre durante la conferenza, Gulden ha confermato che i nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti sulle merci provenienti da Vietnam e Indonesia, ovvero due tra i principali poli produttivi del brand, faranno inevitabilmente salire i costi in quello che rappresenta il secondo mercato più importante per adidas. 

adidas ha stimato che, per esempio, i dazi sulle calzature prodotte in Vietnam potrebbero passare dal 14% al 34% nei prossimi mesi. In Pakistan, da zero al 30%; in Cambogia, dal 13% al 49%. «Tutto ciò dimostra quanto sia volatile la situazione», ha detto Gulden. «Se lo stesso prodotto arriva a marzo, aprile, maggio o luglio, può essere soggetto a tre o quattro dazi differenti, che incidono direttamente sul costo». Di conseguenza, ci sarà una revisione dei prezzi appena sarà chiaro quali saranno i dazi effettivi. Eventuali aumenti colpiranno solo il mercato nordamericano e saranno applicati soprattutto sui nuovi prodotti, non su quelli già consolidati. Inoltre, qualsiasi aumento non avverrà prima del 2026. «Non saremo i primi ad aumentare i prezzi», ha detto Gulden. «E se lo faremo, sarà con attenzione e solo nel 2026». Aumenti anticipati implicherebbero tra l’altro rinegoziare molti accordi con i rivenditori che hanno già piazzato gli ordini per l’anno in corso. Tutto ciò avrà conseguenze dirette sui consumator anche se prima servirebbe capire qualcosa sull’effetto che questi aumenti potranno avere sulla domanda. «Non sappiamo ancora quale sarà l’impatto sulla clientela nel caso in cui questi dazi generino un’inflazione importante», ha detto il CEO. Tra l’altro sempre Gulden ha detto chiaro e tondo che: «Non possiamo produrre la maggior parte dei nostri articoli in America».

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La minaccia di questi rischi arriva però in un momento di ripresa per adidas, trainato da prodotti di successo, collaborazioni indovinate e una ritrovata rilevanza culturale. Solo nel secondo trimestre, le vendite nette sono state di 5,95 miliardi di euro, in aumento del 12% su base valutaria rettificata. Il segmento footwear, che rappresenta circa i due terzi delle vendite del brand, è cresciuto del 9%, mentre l’abbigliamento ha registrato un +17%. Gli accessori sono saliti del 7%. Le categorie legate alla performance sportiva sono anch’esse in crescita, con il running in aumento del 25% e il training del 20%. Anche le calzature da basket per atleti professionisti hanno registrato un’espansione a doppia cifra. Gulden ha attribuito parte di questo slancio al successo continuo delle linee ispirate al look “terrace”, trainato anche dal fenomeno-Oasis, come i modelli Samba, Gazelle e Handball Spezial. «In tutti i mercati, quando rendiamo le scarpe terrace più moda — con effetti metallici, stampe animalier o collaborazioni — il sell-through è enorme, come se fosse una nuova linea», ha spiegato. A breve arriveranno anche sneakers “low-profile” e le scarpe da calcio con tacchetti che per Gulden sono i due nuovi trend che domineranno l’anno entrante. Per il resto dell’anno, il brand prevede una crescita dei ricavi a una cifra alta e un utile operativo compreso tra 1,7 e 1,8 miliardi di euro, con margini ormai vicini al 10% anche se la corrente incertezza ha spinto i manager del brand a non alzare troppo le stime. Ma considerato il suo incredibile ritorno di popolarità (l’azienda se l’era vista brutta quando interruppe la linea Yeezy) riuscirà a superare il caos economico continuando a conquistare il pubblico, adidas potrebbe persino superare le sue stesse previsioni.