
L'arte di teaserare il debutto di un direttore creativo Sussurrare prima di urlare è la nuova strategia per conquistare la moda
Nell’ultimo anno il panorama della moda ha vissuto un rimescolamento radicale alla direzione creativa, una specie di terremoto silenzioso che ha spostato figure chiave da una maison all’altra come pedine di un gioco strategico. Innescando negli insider più appassionati una spirale di speculazioni e attese, i risultati sono sempre stati più stupefacenti del previsto. Alessandro Michele è approdato da Valentino mentre Pierpaolo Piccioli ha lasciato la maison dopo anni per prendere il posto di Demna come direttore creativo di Balenciaga. Nel frattempo Louise Trotter ha preso le redini di Bottega Veneta, Jonathan Anderson di Dior, Haider Ackermann di Tom Ford, Sarah Burton di Givenchy e Julian Klausner di Dries Van Noten. Più che un ricambio generazionale, sembra una vera mutazione genetica della creatività. A differenza di altri momenti di passaggio nella storia recente della moda, oggi a cambiare non è solo chi crea, ma anche come si presenta ciò che viene creato. Il debutto in passerella, una volta evento totalizzante, oggi non basta più. I nuovi direttori creativi hanno iniziato a riscrivere anche la liturgia del lancio, preferendo strategie più diluite, intime, e soprattutto intelligenti dal punto di vista comunicativo. È l’era del soft launch: niente show teatrali o reveal clamorosi, ma piccoli segnali, apparizioni studiate, dettagli lasciati filtrare tra red carpet, social media e lookbook rilasciati a sorpresa. Una rivoluzione gentile che sostituisce l’annuncio ufficiale con l’indizio sottile. Una dichiarazione d’intenti con una fotografia postata nel posto giusto, un’estetica gridata con un sussurro ben calcolato. In un sistema dove il contenuto viene divorato in tempo reale, il soft launch rallenta, crea attesa, restituisce valore all’immaginazione. E, al contempo, sfrutta la potenza del digitale e dei social media per amplificare ogni dettaglio.
@nssmagazine In a very quick turn of news, Mathieu Blazy, whose farewell to Bottega Veneta was announced not even half an hour ago, will become Chanel's new creative director. The appointment marks a momentous shift in gear for the French brand, which had already announced its intention to hire a long-term creative director, and ends the flood of speculation that a huge list of designers was to take over the Maison. What do you guys think? #matthieublazy #blazy #bottegaveneta #chanel #creativedirector #fashioncreative #fashionmeme #fashiontiktok suono originale - nss magazine
Come ha raccontato il celebre fashion consultant Jean-Jacques Picart in un’intervista per Vogue Business, il primo show di un nuovo direttore creativo difficilmente riesce a incarnare al 100% la visione del designer. È nel secondo, se non addirittura nel terzo, che l’anima del designer inizia ad allinearsi con la vera estetica e il patrimonio del brand di cui ha preso le redini. Il debutto, quindi, diventa meno definitivo e più interlocutorio. È forse anche per questo che sempre più designer scelgono di adottare il sistema del soft launch: svelare senza esporre del tutto, testare le acque, leggere le reazioni in tempo reale e aggiustare il tiro se necessario. Ma questa strategia serve anche a creare un’aura attorno alla figura del designer, rendendola più misteriosa, più desiderabile, più narrabile. Il marketing si fa storytelling e l’attesa diventa parte dell’opera. Jonathan Anderson per Dior è l’ultimo caso. La maison ha pubblicato tre immagini criptiche nei close friends del suo profilo Instagram ufficiale: due polaroid d’archivio di Andy Warhol, una di Lee Radziwill e una di Jean-Michel Basquiat, e una Dior Book Tote che Anderson ha trasformato in un vero e proprio libro riproducendo la copertina originale del Dracula di Bram Stoker. Nessuna didascalia esplicita, solo tre frammenti per annunciare indirettamente il debutto dello stilista per la collezione SS26, attesa alla Paris Fashion Week il 27 giugno. Il gesto ha fatto impazzire i feed, l’ambiguità ha generato un cortocircuito di interpretazioni, meme, previsioni, hype e nel frattempo Dior ha ottenuto ciò che voleva: attenzione, discussione, desiderio.
Altrettanto potente, ma differente nella forma, è stata la mossa di Louise Trotter. Nessun social network, nessuna polaroid. Solo due attrici, Julianne Moore e Vicky Krieps, sul red carpet del Festival di Cannes, vestite con i suoi primi look per Bottega Veneta. Un gesto che ricorda quello di Haider Ackermann con Timothée Chalamet ai Golden Globes di gennaio: anche lui, nuova firma da Tom Ford, ha scelto un attore come messaggero silenzioso della sua visione. E sempre Chalamet è stato protagonista del soft launch di Sarah Burton per Givenchy Uomo alla notte degli Oscar. Più classico ma altrettanto efficace, invece, il metodo di Alessandro Michele da Valentino e Julian Klausner da Dries Van Noten. Entrambi hanno optato per una via più editoriale. Il primo ha rilasciato un mastodontico lookbook di 171 look, quasi fosse un film silenzioso diviso in atti, il secondo ha scelto una narrazione più ridotta, 38 look, ma altrettanto curata nei dettagli. È un modo per prendersi il tempo necessario, raccontando con calma e senza pressioni la nuova estetica che verrà di lì a poco presentata.
In definitiva, il soft launch è più che un semplice teaser, anche più di un manifesto creativo. In un’industria abituata ai colpi di teatro, un’anteprima velata è una dichiarazione di intenti: meno clamore, più controllo narrativo. Con decine di designer pronti a debuttare nello stesso periodo, l’arte di distinguersi passa anche da qui: creare la sensazione di un debutto senza farlo davvero, preparare il pubblico all’evento prima dell’evento stesso. È una strategia che parla direttamente al cuore dell’algoritmo: quello che amplifica ciò che incuriosisce, non ciò che è già chiaro. Le maison lo sanno, il pubblico ormai è affamato di significati nascosti, dietrologie e storytelling. In fondo, la moda è sempre stata una questione di allure.



















































