
Dove fa shopping la Gen Z milanese? Altro che Montenapo, i giovani preferiscono Corso Garibaldi
Ci sono molte ragioni per cui Supreme, e con lui tutto il mondo dello streetwear, ha ricoperto un ruolo pionieristico. La storia del brand è lunga e stratificata, ma tra le scelte più lungimiranti compiute da VF Corp negli ultimi anni c’è stata l’apertura del primo (e unico) flagship italiano a Milano, in Corso Garibaldi, nel 2021. Una decisione che, all’epoca, aveva sorpreso non tanto per la città scelta quanto per l’indirizzo, così distante dalle rotte più battute del lusso tradizionale. Quando si parla di shopping a Milano, l’immaginario collettivo corre subito al Quadrilatero della moda: Via Montenapoleone, Via della Spiga, Via Sant’Andrea. Ma quel distretto, simbolo di un’eleganza formale e talvolta percepita come classista, non basta più a intercettare i desideri delle nuove generazioni. Non solo per ragioni economiche, ma soprattutto per una crescente distanza culturale, dove sempre più sintomi indicano che i giovani preferiscono i "negozi di quartiere", che spesso diventano con il tempo anche posti di aggrego e di community. Secondo un recente report di Pambianco News, la Gen Z mostra un interesse crescente verso Corso Garibaldi, preferendolo ad aree commerciali più tradizionali come Via Torino o Corso Vittorio Emanuele. Il clima dei negozi nella zona di Brera ricorda, per certi versi, quello dello street puro di Corso di Porta Ticinese, ma con un’estetica meno grezza e più orientata verso il workwear e il gorpcore. In poco più di un chilometro si susseguono oggi oltre quindici nuove aperture tra moda ed eyewear: accanto a Supreme si sono aggiunti negli ultimi due anni brand come Carhartt WIP, Vintage55, Stüssy, Rh+, Rains, Salomon e Filson.
«Sta accadendo nella moda quello che è già successo nel design», ha spiegato Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo Economico del Comune di Milano a Pambianco News. Così come il Fuorisalone ha esteso la mappa del design oltre via Tortona, anche la moda sta vivendo un processo di decentramento, dove non c'è più solo Quadrilatero, ma micro-quartieri capaci di attirare brand giovani, internazionali, sperimentali. È una scelta consapevole da parte dei marchi, che cercano un immaginario più accessibile e meno “aggressivamente” lussuoso, pur mantenendo un’elevata brand reputation. D’altronde, Brera è uno dei quartieri più esteticamente belli di Milano, anche solo passeggiare per le sue vie è un’attività piacevole. Avere qui boutique e flagship store accessibili anche alla clientela aspirazionale, inseriti nel contesto pittoresco del “design district” per eccellenza, contribuisce a rendere l’esperienza d’acquisto più naturale. Come conferma Rocco Roggia, AD di Roseto Immobiliare, «si nota un abbassamento dell’età media della clientela, sempre più cosmopolita, attenta all’identità del brand e al layout visivo degli store». Naturalmente, questo fermento ha un prezzo. Secondo i dati di Roseto, i canoni di locazione si aggirano attorno ai mille euro annui al metro quadro, con una redditività attesa del 5% sul valore dell’immobile. Un investimento non indifferente, ma evidentemente attrattivo per quei brand che vedono in Corso Garibaldi un punto di riferimento non solo nelle vendite ma anche nella creazione di un immaginario coeso nel “lifestyle” del brand. E seppur i canoni restano elevati (come dappertutto a Milano ormai), Brera resta un’alternativa comunque meno cara rispetto ai centri nevralgici dello shopping milanese, come la Galleria Vittorio Emanuele o Via Montenapoleone.












































