A Guide to All Creative Directors

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Chi sono i "chinese manufacturers" che denunciano il lusso su TikTok?

Tra nazionalismo, televendita, inchiesta e guerrilla marketing

Chi sono i chinese manufacturers che denunciano il lusso su TikTok? Tra nazionalismo, televendita, inchiesta e guerrilla marketing

In questi ultimi giorni, su TikTok, una serie di video pubblicati da titolari di fabbriche e fornitori cinesi di borse e prodotti beauty hanno invaso i feed di milioni di utenti, soprattutto americani. Tutti quanti, in sostanza, dicono che quasi la totalità del lusso europeo sarebbe segretamente Made in China. Il video che si è diffuso di più è quello di un certo @bagbestie1, un uomo cinese che sembrerebbe parlare come il titolare di una fabbrica non meglio identificata, che dice di essere il fornitore di una enorme serie di brand di lusso europei da trent’anni. L’account ufficiale di questo individuo, ancora leggibile nei video ripostati ovunque su Twitter e sullo stesso TikTok nel corso del weekend, non risulta essere disponibile, ma ne esiste un secondo identico di nome @senbags2 in cui l’uomo parla diffusamente del funzionamento delle fabbriche cinesi, affermando sia che la sua fabbrica produca borse per brand di lusso che vengono poi inviate in Europa e finite con l’apposizione del logo “Made in Italy” sia pubblicizzando direttamente i dupe di borse di Hermès per cui, in un video che ha già ampiamente circolato soprattutto negli States, vengono addirittura elencati i costi e i materiali per la costruzione di una di Birkin.

@foot_meet_neck

China is choosing violence they say “ play with yo momma, not me”

original sound - Foot_meet_neck

Altri video di @uilsonquirino4 mostrano una pila di sneaker Louis Vuitton e Gucci che in realtà paiono false e sembrano vendute per una frazione del prezzo originale attraverso canali non meglio specificati e un altro invece pubblicizza repliche esatte delle Birkenstock. Ci sono anche video di tour guidati di una fiera di settore per fornitori di pellame di lusso, la Expo Drive Wanchai di Hong Kong, e anche quelli di una donna che afferma di produrre prodotti beauty per i brand più importanti sul mercato. Ma cosa significa questo diluvio di video? E le rivelazioni che fanno sono vere? È opportuno però fare delle distinzioni: il primo individuo che abbiamo citato, ad esempio, sostiene di produrre borse per molti brand di lusso e di poter ricreare una Birkin di Hermès per poco meno di 1400 dollari, ma in sostanza sta vendendo un dupe estremamente raffinato; idem il fabbricante che vende Boston Clog di Birkenstock a dieci dollari. Sia le borse di Hermès che le Birkenstock infatti sono prodotte in Europa in fabbriche rispettivamente francesi e tedesche e la loro supply chain è abbastanza ben documentata. 

Non abbiamo modo di verificare se ciò che viene detto nel corso di questi video da un personaggi così diversi sia vero – è certo che i video che hanno girati sono stati fatti in quella che pare una vera fabbrica. Secondo diversi utenti dei social «il governo cinese ha tolto la clausola di segretezza che i marchi di lusso avevano nei confronti dei produttori cinesi e ora i produttori stanno esponendo i vostri marchi di “lusso” preferiti e facendo sapere a tutti che tutto proviene da loro», come si legge in vari post anche se non sono riscontrabili annunci della rimozione di questa clausola di segretezza. E molti di questi contenuti sembrano destinati precisamente al mercato americano, e dunque, come sostiene l’opinione comune sui social, pare che questo stormo di video rivelatori faccia parte di un’indiretta risposta della Cina all’attuale guerra commerciale in corso con gli USA – con i suoi produttori che iniziano a rivelare apertamente i meccanismi più nascosti di una supply chain misteriosa. Account come @lunasourcingchina vedono la titolare, una donna nota solo come Luna, esplorare fabbriche e fiere di settore varie rivelando che in sostanza l’80% di molte borse e accessori, oltre che cosmetici e persino la maglieria sono prodotti in Cina e finiti in Europa dove viene apposto loro il logo. I video si concludono con un invito a contattarla per la vendita diretta di questi prodotti dall'ambigua autenticità. 

@lunasourcingchina Meet suppliers behind behind Dior! #SourcingChina #LuxurySuppliers #chinasourcing #sourcingtips #sourcingagent #yiwuagent #yiwuminigoods #yiwumarkets #Lunasourcingchina #chinasource #christiandior #Dior #sandro #maje #armani #Maxmara #packaging #cosmetic #factory#chinashipping #wholesale #alibaba #directfactory #chinasupplier original sound - LunaSourcingChina

Impossibile dubitare della natura nazionalistica di questi video: il titolo di uno dei video più visti di LunaSourcing, con 2,9 milioni di views, è letteralmente «Name one thing that China CANNOT make», mentre il fabbricante di borse di cui parlavamo all’inizio non sembra interessato a infamare i brand di lusso quanto a esaltare gli elevatissimi livelli di qualità che è possibile ottenere nelle fabbriche cinesi. La quantità di questi video, la loro specificità e il tempismo con cui sono arrivati, in effetti, lascia poco spazio a dubbi, che paiono una massiccia campagna di guerilla marketing con il doppio obbiettivo di dimostrare che il mondo intero non può fare a meno delle manifatture cinesi, sottolineandone dunque l’importanza; e con quello di minare ulteriormente la fiducia dei consumatori occidentali.

@sm666020p2i Who are the Chinese suppliers behind Louis Vuitton? #chinafactory #smallbusiness #supplier #manufacturer #business #alibaba #sourcing #cosmeticsfactory #skincarefactory #lv original sound - daniel

Tutto ciò avviene in un momento in cui la guerra commerciale che USA e Cina stanno combattendo ha portato il governo di Beijing a minacciare la sospensione di export per terre rare e semiconduttori, essenziali per computer e armi; ha stretto accordi commerciali con paesi limitrofi come la Corea del Sud e il Giappone ma anche avviando una serie di dialoghi con l’Europa per dimostrare il ruolo essenziale che gioca nel commercio mondiale. Eppure, nel fuoco incrociato di questi video, è stato il lusso a essere colpito. La nostra scommessa è che i grandi brand ignoreranno il fenomeno finché potranno, ma a giudicare dal fatto che il non comune hashtag #chinesemanufacturers possieda 74 milioni di views e quello #chinasourcing addirittura 157 milioni fa pensare che una resa dei conti potrebbe arrivare molto preso.