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I Måneskin sono più belli che bravi?

Le critiche piovute contro il disco della band suggerirebbero di sì

I Måneskin sono più belli che bravi?  Le critiche piovute contro il disco della band suggerirebbero di sì

“Måneskin looks a lot cooler than it sounds”, è il sottotitolo che accompagna la recensione di Spencer Kornhaber sul nuovo album della rock band italiana più famosa al mondo. Rush!, la raccolta di 17 brani che corona il successo dei paladini di X-Factor oltreoceano, è uscita alla mezzanotte di venerdì, accompagnata da un matrimonio simbolico che ha unito il gruppo “finché morte non li separi” a Palazzo Brancaccio, sotto gli occhi di amici di vecchia data come Alessandro Michele, Machine Gun Kelly, Baz Luhrmann, Fedez e Paolo Sorrentino. E se da un lato l’evento ha sortito l’effetto sperato, ossia amplificare la nuova uscita della band, dall’altro ha fornito ai critici un mirino più nitido a cui puntare: l’album. 

Dopo la vittoria dell'Eurovision, il gruppo è diventato molto rapidamente un'attrazione mondiale pronta a mietere record: la cover dei Måneskin di "Beggin" dei Four Seasons è diventata un tormentone delle radio statunitensi, oltre ad attestarsi come la seconda canzone più ascoltata di TikTok a livello globale del 2021. Alcune delle più grandi influenze del gruppo (Iggy Pop, Tom Morello, i Rolling Stones) si sono trasformate in collaboratori e fan, e il mese prossimo potrebbero persino vincere il Grammy. L'ascesa di una rock band in un'era dominata dall'hip-hop e dal pop elettronico sembrava uno strabiliante indicatore di un cambiamento epocale e generazionale nei gusti mainstream. Eppure, il dubbio che per i Måneskin la forma contasse molto più del contenuto - o che sia essa stessa il contenuto - serpeggiava già agli albori. Il nuovo album sembrerebbe avvalorare la tesi. Tutti i cliché del Rock ‘n Roll su un piatto d’argento: in particolare la droga, in una narrazione che dopo il funereo e moralista «noi non ci droghiamo» di Damiano all’Eurovision suona un po’ ridicola, sino ai luoghi comuni sul sesso: con il frontman che si definisce «un domatore di leoni dalla condotta indecente» che «fa l’amore col pericolo», ma è anche uno che «si masturba sotto la doccia». Diciassette brani orecchiabili ma non memorabili sul nulla, a dimostrare che ciò che rimane dell'evoluzione della band dai tempi in cui cantavano in strada a Roma sino all’approdo a Los Angeles, sono i look di Alessandro Michele.

Allora perché i Måneskin sono scoppiati? «Sono un fenomeno televisivo», spiegò al New York Times nel 2021 il giornalista italiano Andrea Andrei, e la diagnosi sembra giusta: X-Factor, Eurovision, TikTok, l'appeal è immediato e si esprime tramite look androgini e sexy, accessori fetish, tanto gossip. «Le canzoni dei Måneskin sono così chiaramente riciclate, così sfacciatamente mediocri, che l'idea del gruppo che accende una guerra culturale tra rock e pop e con essa, stereotipi su realtà e falsità, passione e prodotto—sembra tragica nella migliore delle ipotesi», infierisce Kornhaber sulle pagine del The Atlantic. E i giornalisti italiani seguono a ruota, perchè, ora che la critica arriva dall’estero, si sentono legittimati a demolire il mito dei Måneskin come la band che ha riportato in auge il Rock, senza che li si accusi ancora una volta di essere incapaci di gioire dei propri “orgogli nazionali”.