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Pochi concetti e tante prospettive

Il ritono dei grandi classici e una nuova generazione di designer alla Milan Fashion Week

Pochi concetti e tante prospettive Il ritono dei grandi classici e una nuova generazione di designer alla Milan Fashion Week

Essendo la prima settimana della moda dell'anno, si può dire che Milano aveva un'aspettativa piuttosto alta da soddisfare per questa stagione della moda maschile. Dalla prima sfilata di Gucci senza Alessandro Michele, al debutto milanese di Charles Jeffrey Loverboy, al ritorno di un gruppo di marchi più giovani che hanno superato la pandemia e sono tornati ufficialmente nel calendario della moda maschile. Tutti elementi che contribuiranno a definire il tono della creatività per l'anno a venire. 


In questa stagione, i brand classici sono rimasti tali, presentando collezioni semplici e basate sul prodotto, con un pizzico di concetto nel mezzo. La sfilata più attesa della stagione, Gucci, ha presentato una collezione disegnata dal team interno, semplice e principalmente basata sul prodotto. Pezzi ragionati e ben tagliati, senza rappresentare nulla di nuovo in attesa di una nuova direzione creativa. Anche da Prada le cose erano classiche, con abiti che richiamavano l'idea di una moderna gioventù d'affari minimalista, tra modelli a torso nudo in abiti con colletti staccabili e tote bag che contenevano bottiglie d'acqua attaccate. Anche se classico, lo stile è riuscito in qualche modo a sfidare l'idea di un uomo d'affari dal colletto bianco, spezzando i punti fermi in una versione sensuale. Per la prima sfilata Etro di Marco De Vincenzo, la visione dell'abbigliamento maschile del marchio è stata amplificata con un tocco molto personale: le stampe del brand, i maglioni, la maglieria e le gonne si sono mescolati senza problemi con la visione del designer, in una versione più pulita e interessante di quella vista nel suo debutto nel mondo femminile. Anche Silvia Venturini Fendi ha offerto un concetto di abbigliamento maschile che sembrava un adeguato equilibrio tra maschile e femminile, tra camicie monospalla e varianti in maglia che si trasformavano in scialli per una visione generale precisa del lusso che sembrava poetica e di una certa sobria eleganza.

Se i grandi marchi sono rimasti costanti, allo stesso tempo c'era anche un particolare appetito per il cambiamento nell'aria, e non tanto per l'enorme nuvola incombente di curiosa incertezza sul futuro di Gucci, ma piuttosto per il desiderio che la città si evolvesse dalla sua reputazione di hub commerciale, attraverso nuove energie e nuovi nomi. Nella sua intervista, Charles Jeffrey Loverboy ha spiegato che il suo trasferimento a Milano deriva dalla sua percezione della città come una sorta di laurea da Londra prima di un eventuale approdo a Parigi. Il suo show, ribattezzato "Engine Room", esplorava la vita dei lavoratori, ispirandosi ai costumi dell'opera dell'artista e drammaturgo John Byrne del 1987, The Slab Boys Trilogy, che creava visivamente un sistema di classi attraverso l'abbigliamento contribuendo a portare una prospettiva nuova a Milano, che ha rappresentato il giusto equilibrio tra teatralità e abiti effettivamente indossabili. Anche JW Anderson ha affrontato la politica dell'identità in modo piuttosto teatrale con una collezione ispirata alle rane, alcune delle quali hanno la possibilità di cambiare sesso. Il casting androgino ha accentuato una collezione altrettanto fluida e con resti di ispirazione anfibia, tra cui un paio di rain boots Wellipets a forma di rana e altre scarpe che davano l'idea di piedi palmati.

JordanLuca e Magliano hanno invece presentato le loro interpretazioni dell'uomo moderno, entrambe diverse ma ancora attuali, con il primo che ha introdotto un approccio focalizzato sulla neutralizzazione delle nozioni di femminile e maschile, mentre Magliano ha offerto una riflessione poetica in ammirazione della tradizione e della lentezza. Federico Cina ha creato una collezione sensuale ma solida, mentre Simon Cracker con dei chiari riferimenti a Vivienne Westwood. Nel complesso, questa stagione c'è stato un grande desiderio e una grande curiosità per i nuovi nomi, mentre i classici rimangono classici. Il risultato è stato un mix che non si è rivelato né street né sartoriale, ma una combinazione di varie influenze che, pur non essendo nulla di nuovo e complesso, è stata presentata attraverso concetti che hanno semplificato ma amplificato un'idea.