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Come Louis Vuitton ingaggia le sue celebrity

Una strategia sottile, ma che ripaga

Come Louis Vuitton ingaggia le sue celebrity Una strategia sottile, ma che ripaga

Alla fine di aprile, Millie Bobby Brown ha posato per la campagna Eyewear SS23 di Louis Vuitton diventando così una brand ambassador ufficiale della maison diretta da Nicolas Ghesquiere dopo anni passati a indossare le sue creazioni sul red carpet – come ha fatto anche qualche settimana dopo alla prima mondiale della nuova stagione di Stranger Things. Di recente, invece, il brand ha vestito Jennifer Connelly, Julia Roberts e Deepika Padukone (prima ambassador indiana di Louis Vuitton) per il loro red carpet al Festival di Cannes. Alla sfilata Cruise 2023 tenutasi al Falk Institute di La Jolla in California tre settimane fa, invece, le star presenti in front row spaziavano dalla celebrity thailandese Urassaya Sperbund ad attrici come Chloë Grace Moretz, Maude Apatow di Euphoria, le scream queen Samara Weaving ed Emma Roberts, Phoebe Dynevor di Bridgerton e le bond girl Lea Seydoux e Ana de Armas. E se per le collezioni maschili il brand tende a ingaggiare enormi star della musica, dei social media e dell’atletica (tre nomi random: Tyler, The Creator; i BTS, Serena Williams) in linea con la grandeur contemporanea portata da Virgil Abloh, quando si parla di red carpet e di collezioni femminili la tattica del brand è diventata più sottile e trasversale negli ultimi anni. 

Secondo dati riportati da BoF, le menzioni di Louis Vuitton collegate al red carpet degli Oscar sono 86.500, molto meno di Chanel e Dior che ne hanno più del doppio, ma con una crescita molto più costante degli altri due brand nel corso degli anni. Questa crescita è alimentata anche dalla lenta ma costante apertura del brand verso una gamma più vasta di celebrity che ora, oltre a quelle menzionate sopra, includono sia la Old Hollywood simboleggiata da Julia Roberts che i nuovi media rappresentati da Charli d’Amelio ed Emma Chamberlain. Una parte di questa strategia è sicuramente alimentata dagli ingenti investimenti del brand nel campo del marketing ma il metodo dietro questo piano di spending è la vera ragione di un successo che sembra sempre più endemico: il brand scommette molto su diverse star trasversali che vanno da attrici Netflix come Hoyeon Jung e le già citate Millie Bobby Brown e Phoebe Dynevor, ad atlete come Eileen Gu ed Eve Jobs, ma anche leggende della moda come Pat McGrath e dive indie come Cynthia Erivo. Molte di queste celebrity non vanno solo sui red carpet, ma sono protagoniste di eventi brandizzati, cene e incontri privati che, anche senza la presenza di contratti di sponsorship o pubblicitari, possono durare anche anni, attraverso i momenti più o meno intensi delle loro carriere. Questa strategia tende a creare una forte associazione tra star e brand anche quando gli abiti che sono effettivamente indossati non possiedono l’esplicita signature di Louis Vuitton: a differenza di Chanel, i look Louis Vuitton possono essere meno chiaramente identificabili, ma le star che li indossano lo sono e l’associazione funziona.

La maniera in cui Louis Vuitton ingaggia le sue star potrebbe essere definita “eclettica” – in un mondo della moda in cui i brand tendono a concentrarsi su archetipi generali molto riconoscibili, quella di Louis Vuitton è la proverbiale “wide net” nelle cui maglie si trovano tanto Timothée Chalamet che la protagonista dell’ultima serie Netflix, che YouTuber e influencer vari mescolati a registi, celebrity di mercati asiatici come Cina, Thailandia o Corea del Sud. L’idea sembrerebbe dunque quella di cercare d’intercettare l’attenzione di mercati sempre più giovani e internazionali, senza limitarsi a un’immagine troppo specifica capace di avere le parti migliori della vecchia e della nuova celebrity culture. Non è un caso se negli ultimi anni Louis Vuitton è diventato la guida dei profitti record registrati da LVMH: crescita organica del 47% durante il 2021 per l’intero gruppo e una revenue da 64,2 miliardi di euro solo lo scorso anno.