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Saint Laurent ha sfilato in un labirinto di specchi a Venezia

L'installazione "Green Lens" sarà visitabile fino al 30 luglio

Saint Laurent ha sfilato in un labirinto di specchi a Venezia L'installazione Green Lens sarà visitabile fino al 30 luglio

È andata in scena ieri a Venezia lo show della collezione SS22 di Saint Laurent. La sfilata voleva essere un omaggio alla città a 1600 anni di distanza dalla sua fondazione e, in effetti, il video che ha accompagnato la sfilata l'ha raccontata sotto vari aspetti, dagli antichi ai moderni. La vera protagonista dello show, però, è stata Green Lens, un'installazione commissionata dal brand all'americano Doug Aitken, composta da una struttura ottagonale interamente ricoperta di specchi al cui interno si trovava un giardino botanico. Ecco come l'ha descritta l'artista: 

L'opera creerà una combinazione di riflessi mescolati con le nuvole, la foschia e la vegetazione selvaggia evocando una presenza misteriosa. All'interno della scultura c'è un'enorme, caleidoscopico spazio vivo che riflette il cielo, il paesaggio e il cambiamento degli scenari circostanti. Questa installazione trasforma il panorama in un'astrazione vivente. 

Al di là della riflessione sul rapporto fra uomo e natura, l'opera rappresenta anche il tentativo di Saint Laurent di dialogare con l'arte contemporanea, partecipando de facto alla Biennale con una sua propria installazione per cui è stato anche istituito un servizio di traghetto gratuito che andrà da piazza San Marco fino all'Isola della Certosa, dove Green Lens è situata. Come se non bastasse, il brand ha anche dichiarato che userà le piante presenti nell'installazione per riforestare l'isola della Certosa e che si occuperà di una serie di interventi di ripristino su alcuni dei beni architettonici più degradati dell'isola.

Green Lens richiama alcune delle precedenti opere di Aitken, specialmente The Garden, presentata quattro anni fa al Aarhus Art Museum in Danimarca, che includeva, seppur in maniera molto diversa, strutture specchianti e un giardino tropicale e l'idea di un'opera-palcoscenico in cui lo spettatore poteva entrare. Fra l'altro, come ha sottolineato Artribune, Aitken aveva portato i propri lavori in Italia altre due volte – curiosamente sempre su un'isola: prima sempre alla Biennale di Venezia del '99 e poi ancora, nel 2009, sull'Isola Tiberina di Roma.