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Cosa c'è che non va nella mostra di Banksy al MUDEC

L'equivoco dell'arte di Banksy e le colpe del MUDEC

Cosa c'è che non va nella mostra di Banksy al MUDEC L'equivoco dell'arte di Banksy e le colpe del MUDEC

Sembra che il MUDEC ci abbia preso gusto con la street art.
D’altronde per un museo delle culture l’attenzione a un’espressione quasi primitiva come quella dei graffiti sui muri è del tutto giustificata. Questa volta la direzione del MUDEC è più contemporanea rispetto alle precedenti mostre dedicate a Keith Haring e Jean-Michel Basquiat e, a partire dal 21 novembre e fino al 14 aprile, Milano ospiterà “The Art of BANKSY. A VISUAL PROTEST”, la mostra dedicata all’artista del mondo che è riuscito a rimpiazzare Monet su tazze e tovagliette da cucina.
L’esposizione non avrà ovviamente il consenso dell’artista, anche perchè fondando tutta la sua attività sulla protesta nei confronti del sistema dell’arte, sarebbe assurdo immaginarsi il contrario. Il MUDEC sembra aver perso la possibilità di fare la prima mostra critica su uno dei fenomeno più interessanti della cultura contemporanea, sposando invece l'attenzione sul lato commerciale e consumistico dell'arte di Banksy. Quel mix Instagram-friendly che strizza l'occhio all'estetica della protesta - l'antisistema che alimenta il sistema - che sta meglio su una maglietta che su un muro di Londra è ciò che ha portato la street art nel mercato dell'arte, modificando di fatto la sua essenza.

 

L'approccio del MUDEC è chiaro fin dai manifesti con cui è stata tappezzata Milano (un po' ironicamente, se ci pensate fino in fondo).
VISUAL PROTEST, il nome della mostra è già di per sé una dichiarazione di intento che sfrutta l'estetica banksiana di rendere cool e instagrammabile la guerra nella striscia di Gaza o la repressione della polizia.
La descrizione che trovate sul sito del museo è confusa e retorica, coinvolge mille concetti forzati di ribellione, luoghi, non luoghi, paesaggi, e ovviamente il marchio dell'artista: l'anonimato.
In molti sostengono che l'hype riguardo l'identità di Banksy ha finito per essere il vero motivo per il quale la gente si avvicina all’artista, mettendo in secondo piano le sue produzioni. Sicuramente non è stato il primo a sfruttare l'assenza come presenza scenica - partendo dai Daft Punk e arrivando a Liberato, la storia è piena di artisti senza volto - che però ormai è diventata più uno sfoggio ombelicale del proprio ego, con punte massime come Dismaland e la recente performance che ha visto un’opera distruggersi in una casa d’asta. Gesti contro il sistema che alimentano il sistema stesso. 

Il MUDEC si chiede che ruolo avrà Banksy all’interno della storia dell’arte, definendolo “un mito dei nostri giorni”, e la risposta che sembra suggerire la mostra è appunto quella che segue la narrazione banale e scontata di un eroe senza volto che smaschera le ingiustizie del mondo e rifiuta le regole del mercato dell'arte. La realtà è ormai chiaramente molto diversa, e una mostra su quanto Banksy sia uno dei migliori comunicatori viventi e di come abbia portato nella cultura mainstream un movimento come la street art che ha fatto dell'illegalità e del rifiuto del mercato la sua cifra, forse sarebbe stata più interessante. Il tema del rapporto tra street art e mercato dell'arte è ampio e complesso, molti sostengono che portarla in un museo la snaturi completamente, altri che la sola commercializzazione di opere realizzate per le strade transformino la stessa. Il MUDEC poteva approfondire questo punto, ma ha deliberatamente preferito di far quadrare i conti così, guadagnando allo stesso tempo qualche geolocalizzazione in più su Instagram.  

Alla mostra io ci andrò come è giusto e probabilmente andrà tantissima gente, sarà un successo per un museo che comunque rimane uno dei più belli di Milano.
Il MUDEC a mio avviso ha perso l’opportunità di porsi in maniera critica riguardo a una macchia evidente nel meccanismo dell’arte. Se poi il costo è di 16 spropositati euro, non si può far altro che far riferimento ad altri musei, in cui la cultura non è concepita come una possibilità di fare soldi ma come una possibilità di educare.

Una cosa ci tranquillizza: ci sarà un bel bookshop con tante tote bag da comprare.