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Il rapporto tra mental health e celebrity culture

«I poveri sono pazzi, i ricchi sono eccentrici»

Il rapporto tra mental health e celebrity culture «I poveri sono pazzi, i ricchi sono eccentrici»

Da quando il delirio social di Kanye West si è riacceso come un turbine fatto di meme, didascalie in caps lock, invettive social contro Pete Davidson, Kid Cudi e Billie Eilish, oltre ad affermazioni sull’ex moglie e i figli al limite della denuncia, Ye è stato ancora una volta capace di polarizzare il pubblico tra chi lo ha deriso e schernito e chi invece è pronto a supportarlo ad occhi chiusi indipendentemente da ciò che fa. «I hate being/Bi-Polar/its awesome»: è risaputo che il rapper, 22 volte vincitore del Grammy Award, lotta da anni con il disturbo bipolare e che da qualche tempo ha smesso di assumere i farmaci preposti a stabilizzare tale disturbo, proprio a causa dell'intorpidimento che medicinali come il litio possono causare nei pazienti che li assumono, sopprimendone la creatività. Tuttavia, la sua decisione di rinunciare alle cure, così come la sua presenza attiva sui social mentre affronta episodi maniacali - che lo hanno portato in passato a dichiarazioni pubbliche controverse come le rivelazioni sul dubbio di abortire o meno durante la prima gravidanza della moglie - hanno causato serie conseguenze, tra cui, presumibilmente, anche il divorzio con la stessa Kim.

Allo stesso tempo lo scorso novembre la conservatorship a cui era sottoposta Britney Spears e che lei stessa ha definito un «incubo crudele», è stata revocata a Los Angeles, nello stesso tribunale dove tutto è cominciato 14 anni fa. Attivata a febbraio 2008, dopo due ricoveri psichiatrici e la richiesta del padre James “Jamie” Spears, che all’epoca sosteneva che la figlia soffrisse di demenza, la tutela legale è finita lasciando libera Britney di pubblicare video alquanto inquietanti in cui si dedica a balletti e pole dance, nel divertimento generale. Ma “chi è davvero il cattivo in queste storie?” Ci si chiede scorrendo i commenti sotto ai post, dove fan galvanizzati parteggiano per una fazione o per l’altra.

Nel nuovo documentario Jeen-yuhs: A Kanye Trilogy, West parla di come i farmaci lo abbaino fatto aumentare di peso, inclusi «i momenti in cui mi sono sentito sull'orlo del suicidio, ci sono ancora momenti in cui sono dipendente da Percocet senza nemmeno accorgermene». Nell'intervista con David Letterman per Netflix invece si era espresso sul bipolarismo in maniera diametralmente opposta, paragonando la malattia ad un "superpotere", concetto che aveva già espresso in Yikes: «Quando impenni, la tua personalità si esprime in modo più forte.» Nel mezzo di un episodio maniacale, Kanye sostiene di sentire «una maggiore connessione con l'universo», e di essere in grado di usare lo stigma riservato ai "pazzi" a suo favore per parlare di cose di cui non si dovrebbe parlare, senza conseguenze: «Se trovo qualcosa che la gente non vuole che noti o che pensi o che dica ad alta voce, diranno “Oh, è soltanto un pazzo”. E poi torno a casa. Se non pensassero che fossi pazzo, potrebbe essere un problema»

Soffrire del disturbo bipolare è un po’ come ritrovarsi alla mercé di una serie di forze incontrollabili che sembrano provenire al di fuori di sé, uno sbalzo pindarico tra la contemplazione della bellezza del creato e il nichilismo più assoluto. Definirlo un super potere, pensare che tutto questo sia un dono offerto da Dio per illuminare con la propria arte le vite mediocri dei fan, è forse l’unico modo per Ye per accettare e superare una realtà e un corpo che troppo spesso sfuggono al suo controllo. Se da un lato la conversazione sulla salute mentale è stata sdoganata proprio grazie ai social media e a celebrieties che si sono espresse pubblicamente sulle proprie battaglie private, allo stesso tempo Instagram, Tiktok, Facebook restano palcoscenici insidiosi su cui esprimersi apertamente riguardo argomenti profondamente intimi. La relazione tra social media e salute mentale non è affatto un argomento nuovo, le recenti ammissioni di Bella Hadid hanno acceso nuove discussioni sull'argomento: c'è un senso di "rimozione" nell'esporsi riguardo ai propri problemi sui social media, come se lo schermo fungesse da barriera. Complici i social network e una certa serialità televisiva che ha impostato il linguaggio su un livello più fluido e inclusivo, tra i Millennials e la Gen Z c’è più consapevolezza, propensione e apertura nel convivere con la malattia, piuttosto che nel negarla e rigettarla, allo stesso tempo grava la paura di perdere il lavoro in un contesto socio-economico incerto, di essere abbandonati o giudicati da parenti e amici, di essere discriminati e le cure non sono sempre economicamente accessibili.

Kanye combatte lo stigma sociale rifiutandosi di nascondere il proprio disturbo e parlandone pubblicamente: «Cento anni fa avrebbero chiuso lo zio nell'altra stanza. Già, 'Non andare in soffitta, c'è Bob in soffitta. E ora la soffitta è proprio qui», dice sorridendo al pubblico di Letterman. Ma il vero problema è che Kanye non finisce "chiuso in soffitta" proprio perché è Kanye, una persona comune al suo posto verrebbe sottoposta a TSO immediato o per lo meno perderebbe il lavoro. Allo stesso tempo è molto più facile identificarsi nelle contraddizioni di Ye, piuttosto che nei selfie lacrimosi di una ragazza bella, bianca e ricca come Bella Hadid. Il rapper approfitta di una posizione privilegiata a livello economico e sociale per sensibilizzare su un argomento che le istituzioni in primis ignorano, e allo stesso tempo riconosce di poterne parlare proprio grazie a tale privilegio. Lo stigma esiste ed è fra noi, se per un creativo un disturbo mentale può essere considerato un sesto senso, il propulsore della creatività, per i comuni mortali è una battaglia giornaliera dolorosa per inserirsi in una società che troppo spesso li ignora.