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Perché gli Apple Vision Pro potrebbero fallire

E cosa insegnano i tentativi senza successo di Google

Perché gli Apple Vision Pro potrebbero fallire  E cosa insegnano i tentativi senza successo di Google

L’interessamento e il clamore che sta circolando intorno a Vision Pro di Apple ricorda quello che aveva coinvolto in passato altri smart glasses. In alcuni casi, il lancio di questi dispositivi si rivelò un fallimento: anche quelli che sono riusciti ad arrivare fino ai giorni nostri non si sono mai realmente diffusi. Diverse grandi aziende tecnologiche producono da tempo occhiali smart e visori per la realtà aumentata, come Spectacles di Snap o quelli nati dalla collaborazione tra Ray-Ban e Meta. Questi prodotti offrono una via di mezzo tra l’immersione totale tipica di Apple Vision Pro e l’approccio più minimale di un altro prodotto che in ambito di smart glasses ha fatto in qualche modo la storia. Si tratta dei Google Glass: nonostante siano stati un insuccesso, oggi vengono considerati un dispositivo quasi pionieristico, che tra le altre cose ha accusato il fatto di essere forse troppo in anticipo sui tempi. Vision Pro è invece stato lodato per le caratteristiche tecnologiche, a parte qualche riserva. Nonostante abbia colpito la parte di intrattenimento, che rende possibile guardare film o altri contenuti dalle piattaforme di streaming, gli osservatori concordano sul fatto che questo nuovo dispositivo vada considerato come un primo passo verso un nuovo modo di utilizzare smartphone e computer, nonché le rispettive interfacce. Il suo prezzo, di $3500, è però considerato un grosso ostacolo per la sua diffusione, allo stesso modo in cui lo è stato per vari smart glasses lanciati in passato.

 

Apple Vision Pro farà la fine dei Google Glass?

I Google Glass furono un fallimento anche perché finirono per essere percepiti come un prodotto elitario, oltre che ad essere scomodi ed esteticamente poco attraenti. Fin da subito, divisero il team dell’azienda: c’era infatti chi pensava fossero un dispositivo da indossare tutto il giorno, mentre altri ne immaginavano un uso più ristretto, limitato all’ambito lavorativo. Anche l’uscita di Vision Pro è stata accompagnata da una serie di critiche interne ad Apple, inusuali per l’azienda avanguardista. Il prodotto, che sembrerebbe essere stato fortemente voluto dall’amministratore delegato Tim Cook, è stato pensato per un uso al chiuso, ma dal lancio ufficiale degli occhiali sono diventate virali clip di utenti che li utilizzano nei luoghi pubblici, generando diverse critiche nei confronti di Apple. Anche per i Google Glass era avvenuta la stessa cosa: a un anno dal lancio del prodotto, nel 2013, si diffuse il termine dispregiativo «glasshole», usato per definire chi li utilizzava all'aria aperta. L’indignazione era tale che a San Francisco alcune persone che li indossavano erano state persino attaccate dai passanti. Una delle motivazioni riguardava la privacy, e più precisamente l’assenza di indicatori per segnalare quando l’utente stava usando la fotocamera per registrare video. Per questo motivo l’utilizzo dei Google Glass fu vietato nei cinema del Regno Unito e alcuni automobilisti furono multati per averli utilizzati alla guida. Prima di diventare un insuccesso, questa prima versione di smart glasses venne inizialmente accolta con entusiasmo: furono inclusi nella lista delle migliori invenzioni del 2012 dalla rivista Time, e l’edizione statunitense di Vogue gli dedicò uno speciale di oltre dieci pagine.

 

Gli smart glasses riguardano la moda?

I Google Glass vennero presentati come un accessorio di moda più che come gadget tecnologico. Durante la Fashion Week di New York del 2012, il cofondatore di Google Sergey Brin partecipò alla sfilata di Diane von Furstenberg indossandone un paio; lo stesso fecero le modelle in passerella e la stessa stilista. L’evento, non a caso, era parte della campagna di lancio del prodotto. Pensati per la realtà aumentata, e in grado di aggiungere elementi digitali a ciò che si vedeva, i Google Glass erano composti da tre elementi principali: una telecamera esterna, un piccolo schermo, e un touchpad con cui era possibile attivare il dispositivo e interagire con il sistema, attraverso il comando vocale «Ok Glass». Il primo prototipo di Google Glass pesava più di 3 chili ed era difficilmente utilizzabile, successivamente fu alleggerito fino a renderlo meno pesante di un tradizionale paio di occhiali da sole e a conferirgli un aspetto più minimal: una recensione del sito di tecnologia The Verge premiò «il design degno di Apple» del prodotto. Vision Pro pesa 650 grammi, si indossa utilizzando una fascia elastica, e l’impressione condivisa da diverse recensioni è però quella di avere in testa una sorta di maschera da sci: anche in questo caso l’ingombro e il peso sono segnalati come un possibile problema, che l’azienda dovrà in qualche modo risolvere se vuole vedere il suo prodotto prendere piede.