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La post-literate society di Wallace sta diventando realtà Gli schermi stanno uccidendo la nostra capacità di pensare

Nel 1996 David Foster Wallace pubblicò il suo capolavoro Infinite Jest, descrivendo una società allo scatafascio, governata da autocrati e completamente assuefatta al piacere e alla distrazione. In questa distopia un film letale, da cui prende il nome l’opera, rende totalmente dipendente lo spettatore, soddisfandolo di tutti i piaceri fino a farlo morire di stenti.
Wallace ha sempre scritto anticipando i tempi, cercando di analizzare la sua contemporaneità per capirne la direzione e sembra in qualche modo esserci riuscito. Secondo una teoria, che sta circolando negli ambienti accademici anglosassoni, saremmo infatti in una post-literate society che non ha più bisogno di leggere, scrivere e pensare, ma soltanto di guardare video, reels e meme.

La controrivoluzione dei nuovi media

Questa teoria sostiene che, con il declino della lettura, la società stia cambiando radicalmente: la diffusione di Internet e degli smartphone, e i loro contenuti pensati per una fruizione immediata, starebbero facendo approdare la società a una condizione di post-alfabetizzazione in cui leggere e scrivere non servono più, tantomeno il pensiero critico.
James Marriott, editorialista del Times, ne ha parlato nella sua newsletter accendendo il dibattito: secondo lui, prima dell’avvento di Internet, i media tradizionali stimolavano il pensiero critico. Ora, invece, i nuovi media sono utilizzati più per guardare e ascoltare, e molto meno per leggere, portando a un cambiamento radicale nel modo in cui pensiamo, e quindi nell’evoluzione della società.  In una civiltà in cui la stampa è dominante, secondo Marriott «il discorso pubblico tende a essere caratterizzato da una sistemazione coerente e ordinata dei fatti e delle opinioni», e il pubblico a cui è destinato quel discorso lo capisce e riesce a ragionarci. Così come il mondo contemporaneo «è stato forgiato dalla rivoluzione della lettura», ora sarebbe in corso da tempo una controrivoluzione.

Una società senza libri

Molte analisi mostrano infatti un declino della lettura e una crisi del mercato di libri e giornali più o meno costante in diversi paesi del mondo. Solo nell’ultimo decennio, secondo un’indagine dell’OCSE, le competenze in lettura, scrittura e calcolo degli adulti sono diminuite o rimaste stagnanti nella maggior parte dei paesi.
Secondo Marriott, alla base di questi cambiamenti negativi diventa sempre più difficile ignorare il ruolo di Internet, dei social e degli smartphone. In un recente articolo il giornalista Andrew Sullivan ha scritto: «Il parlare ha sostituito il leggere; le immagini hanno sostituito le idee; l’engagement ha soppiantato la riflessione; e le varie capacità cognitive che la lettura conferiva alle masse sin dai tempi della stampa stanno rapidamente degenerando».

Stiamo perdendo la capacità di pensare?

@marin.filmss these are what we stay alive for #deadpoetsociety #film #filmtok #edit #hopecore #movie #inspiring son original - Marin

E non c’è da stupirsi, dunque, di ciò che riporta il Financial Times: il QI mondiale, per la prima volta, è diminuito. Non è sorprendente nemmeno che «i punteggi di comprensione del testo degli studenti delle scuole superiori americane siano i peggiori dal 1992».
Al contrario, una società che si basa sulla diffusione della stampa, e quindi della lettura, è una società che ha al centro la democratizzazione dell’informazione, lo sviluppo e il progresso della scienza e della ragione, perché, come scrisse Neil Postman nel 1985, «impegnarsi sulla parola scritta significa seguire una linea di pensiero, che richiede considerevoli capacità di classificare, di fare deduzioni e di ragionare».

Forse, allora, il mondo distopico di cui parlava Wallace non è così tanto lontano dalla nostra realtà. Saremo in grado di scappare dal nostro personale Infinite Jest o, assuefatti dallo schermo, perderemo del tutto la capacità di pensare?