FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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I “watch party” sono sempre esistiti Dall’incoronazione della regina Elisabetta II alla fashion week

La storia dei watch party attraversa le molte fasi dell’evoluzione dei mass media come fa il filo una collana di perle. Il fenomeno ha radici profonde, proviene dagli anni in cui la televisione era ancora un lusso raro e si trasformava in un catalizzatore di aggregazione sociale. Dagli anni Quaranta e Cinquanta, quando interi quartieri si riunivano attorno a un unico schermo per assaporare i primi programmi tv, fino all'era dello streaming, questi raduni hanno riflettuto i cambiamenti culturali, tecnologici e sociali delle società occidentali. Negli Stati Uniti e in Europa, i watch party, iniziati come necessità pratica, si sono trasformati in rituali culturali per eventi epocali, dalle partite sportive ai finali di serie tv dall’impatto generazionale. E, da molti anni, anche il mondo della moda ha cominciato a volerne sfruttare il potere in maniere anche diverse. Ma come è iniziato tutto quanto? 

Il fascino contagioso della televisione

@ilovelucytv How dare you, Ricky! #ilovelucy Now Streaming on Paramount+ #lucilleball #1950s #classictv original sound - I Love Lucy

Partendo dagli anni Quaranta ma soprattutto nei Cinquanta, la televisione irruppe come una novità rivoluzionaria nella società. Negli USA, dove arrivò per prima, solo il 9% delle famiglie possedeva un televisore nel 1950, e interi vicinati si radunavano nelle case di chi ne aveva una per guardare show come I Love Lucy o le partite di baseball. Le abitudini serali degli americani erano cambiate per sempre. In Gran Bretagna, i watch party vennero famosamente organizzati per l’incoronazione di Elisabetta II o le prime soap opera, specialmente, come ricorda The Guardian, Coronation Street. In Italia e Francia, la TV statale limitava le trasmissioni, ma si guardavano insieme programmi come Carosello a partire dal 1957, destinato ai più giovani o eventi come le Olimpiadi del 1956. 

Gli anni Sessanta videro il consolidamento della TV come medium di massa e iniziarono anche i porimi eventi globali trasmessi in diretta. L'allunaggio dell'Apollo 11 nel 1969 totalizzò oltre 650 milioni di spettatori in tutto il mondo. Negli USA si organizzano "moon-in" in parchi e case, come il raduno di migliaia nel Central Park. Sempre negli USA, oltre al classico footbaall, il vero evento mediatico dell’epoca fu il funerale di JFK nel 1963 che vede 125 milioni di americani incollati agli schermi in case aperte ai vicini. 

Il regno dello sport e il boom delle serie TV

Negli anni Settanta, i watch party si legano indissolubilmente allo sport e alle miniseries, grazie al sorgere della cultura dei bar. Negli USA, il Super Bowl diventa un "holiday nazionale" ufficiosa dal 1970, per guardarlo ci si riuniva e si organizzavano barbecue e cene; nel 1972, la vittoria dei Miami Dolphins ebbe 100 milioni di spettatori e la stessa NFL notò che i fan si organizzavano per vedere le partite insieme un po’ come in Europa,dove con la Coppa del Mondo del 1974 in Inghilterra, i fan si ammassano nei locali per la finale contro la Germania Ovest, come ricorda il Guardian. Seguì poco dopo l’intrattenimento. La miniseries Roots del 1977 venne guardata da 130 milioni di americani che la guardarono in otto notti consecutive. Addirittura ci furono chiese che organizzarono dei watch party per una serie che aveva acceso numerosi dibattiti all’epoca. In Europa, show simili come World at War generarono riunioni analoghe, ma rimase lo sport a dominare. 

@poppa.rhodes #Mash #FinalEpisode #1983 #ChildhoodMemories #CoreMemory original sound - Poppa-Rhodes

Negli anni Ottanta, i watch party divennero veri eventi culturali. Negli USA, il finale di M*A*S*H nel 1983 attira 106 milioni di spettatori (il 77% delle famiglie) con centinaia di party organizzati in tutto il paese, dai salotti alle piazze pubbliche. Il Guardian del 2023 ricorda come città come Fairfield, Ohio, avessero dichiarato lo stato di emergenza per il traffico generato da questi raduni. In Italia, a quell’epoca, la RAI promuoveva già riunioni per il Festival di Sanremo, ma sono gli USA a innovare con i primi "viewing events" sponsorizzati.

Negli anni Novanta, i watch party si democratizzano con la diffusione capillare della TV via cavo. Negli USA, il finale di Seinfeld nel 1998 genera 76 milioni di spettatori con party tematici in bar e case e viene proiettato anche in Times Square. Il New York Times del 1998 descrive questi eventi come valvole di sfogo per la fine di un'era televisiva. In Europa, la Premier League spinse i pub a diventare "second screens" per il calcio tanto che, secondo un articolo del Guardian del 2019, questi raduni furono i primi responsabili nel creare la sottocultura scommesse e allibratori.

 Nuovo Millennio, nuovi media

Tutto iniziò a cambiare negli anni Duemila che introdussero l'era digitale. Negli USA, il finale di Friends nel 2004 attira 52 milioni con party in caffè stile Central Perk e migliaia di fan si riunirono a Times Square per la visione collettiva, raggiungendo precisamente 52.5 milioni di viewer stimati. Il fenomeno di Lost già nel 2004 generò club di fan per visioni settimanali, come riportato da Ringer in retrospettive sul declino della "monocultura TV".  In Europa, il Grande Fratello del 2000 ispirò simili riunioni nei pub inglesi. 

Gli anni Dieci rappresentarono l'apice della TV prestige, con Game of Thrones come emblema dei watch party moderni. Dal 2011 al 2019, la serie HBO genera un fenomeno culturale globale: negli USA, bar e case si riempiono per episodi come il "Red Wedding" del 2013, con 7 milioni di viewer live che discutono teorie in tempo reale. Il New York Times nel 2019 descrive questi raduni con party che includono costumi e cibo a tema segnalando, in effetti, quella che pare essere l’ultima grande “monocultura TV” della storia recente. Il finale vide 13 milioni di viewer USA, con watch party che diventano virali sui social.

Il lockdown e i watch party digitali 

@jackiecwolf Forced my parents to watch Tiger King today. This was their reaction. #tigerking #fyp #foryou #foryoupage #keepingbusy #happyathome #petlife original sound - Jackie Wolf

Durante la pandemia di COVID-19, tra il 2020 e il 2021, i watch party hanno rappresentato una delle risposte più creative e diffuse all'isolamento sociale imposto dai lockdown. Queste sessioni, grazie a estensioni browser come Teleparty (ex Netflix Party) o funzioni integrate nelle piattaforme di streaming, permettevano a tutti di condividere film, serie TV e persino concerti in tempo reale, con chat live per commenti e reazioni. Secondo The Diffusion Group nel 2020, l'uso di questi tool è esploso nei primi mesi della crisi, con un aumento del 300% nelle ricerche per "watch party" su Google. Secondo Google, che vide un aumento del 90% nel 2021 nelle ricerche "watch party" rispetto al 2020, il concetto di queste riunioni era ormi iscritto per sempre nella cultura pop.

Negli Stati Uniti, uno dei primi e più iconici esempi di watch party è stato quello per la docuserie Tiger King su Netflix, che nel marzo 2020 ha catalizzato migliaia di sessioni virtuali tra amici e sconosciuti. Alcune maratone sincronizzate avevano oltre 64 milioni di visualizzazioni globali. Celebrità e influencer su Instagram promossero questi raduni, usando l'estensione Teleparty per sincronizzare lo streaming e chattare in overlay. Sempre secondo The Diffusion Group, entro aprile, anche oltre il 40% degli abbonati Hulu la utilizzava per show come The Handmaid's Tale, con famiglie separate dalla quarantena che si riunivano virtualmente ogni mercoledì sera. 

Disney+ ha seguito a ruota ad aprile, organizzando watch party per film Marvel mentre in Gran Bretagna, la BBC ha promosso sessioni virtuali per i suoi classici come Doctor WhoUn report di BBC del 2021 registrava un picco di 2 milioni di utenti attivi per questi eventi. In Italia, dove il lockdown è stato tra i più rigorosi d'Europa,RaiPlay ha introdotto la funzione "Guarda con gli amici" nell'aprile 2020, che ha permesso sessioni sincronizzate per fiction come L'amica geniale. Un caso emblematico è stato quello del cineclub dell'Università di Bologna, con oltre 200 studenti per evento. E non si può nemmeno dimenticare come Fedez e Chiara Ferragni promossero watch party personali su Instagram Live per show come X Factor, attirando decine di migliaia di follower in chat sincronizzate, contribuendo a un trend che, secondo Variety, ha visto l'Italia tra i paesi europei con il maggiore aumento di questi eventi (+250% nel 2020).

I watch party e la moda

@digitalgirlirl and we had TOO good of a time

I watch party a tema moda rappresentano un sottogenere “amatoriale” per questo tipo di raduni. Dagli anni 2000 in poi, con la diffusione delle trasmissioni live delle Fashion Week e dei programmi televisivi dedicati, questi party hanno guadagnato popolarità tra fashion enthusiast, influencer e comunità online che si riuniscono fisicamente o virtualmente. La prima fashion week trasmessa in streming, come ricorda Fashion Week Online, fu quella di Londra nel 2010 – una città piena di studenti di moda, specialmente quelli del CSM, che hanno quasi una tradizione ufficiosa di introdursi agli show della fashion week locale. Il fenomeno sembra poco documentato in modo strutturato, probabilmente perché è emerso organicamente negli anni 2010, legato all'ascesa dello streaming live e dei social media, senza un momento fondativo preciso. 

Volendo si potrebbe far risalire il concetto di watch party a tema moda da tradizioni più antiche di "viewing parties" per red carpet TV come i red carpet degli Oscar commentati da Joan Rivers e dalla sua Fashion Police che vedevano gruppi di amici riunirsi per commentare i look delle celebrity in diretta. Questo modello si è evoluto con l'ascesa dello streaming live, culminando nei watch party per il Met Gala: dal 2015 circa, con i live su Vogue.com, fan e influencer hanno iniziato a organizzare riunioni di questo tipo per analizzare il vari look e commentandoli live su social media come Instagram o X/Twitter, rendendo l'evento un'estensione partecipativa della cultura moda.

Come ricorda The Impression, questo formato ha visto una rinascita nel 2020, quando la pandemia ha costretto l'industria della moda a ripensare le esperienze collettive, trasformando gli show digitali in opportunità per riunioni virtuali tra addetti ai lavori e appassionati. Fu in quel periodo che si iniziò a pensare a una fashion week accessibile attraverso i media digitali mentre brand come Balenciaga o Burberry hanno sperimentato piattaforme di gaming per trasmettere le collezioni, attirando spettatori in sessioni interattive che ricordavano le maratone televisive del passato. Influencer e brand ambassador hanno iniziato a ospitare questi incontri online, spesso su social network, per guidare il pubblico attraverso i live stream e stimolare conversazioni immediate sui look presentati.

Questa evoluzione ha aperto la strada a strategie di marketing innovative: sempre come riporta The Impression, nel contesto delle settimane della moda europee, eventi come quelli di Miu Miu e Louis Vuitton hanno testato formati ibridi, combinando proiezioni in real life con distanziamento (ad esempio nei cinema) con elementi di interazione digitale per coinvolgere editor e clienti remoti. Il magazine individua in Susie Lau una delle iniziatrici del trend, un’influencer che iniziò a fare commenti in diretta su Zoom e Instagram Live durante le presentazioni haute couture, offrendo prospettive insider che altrimenti sarebbero rimaste inaccessibili. Ben presto, secondo The Impression si era circa alla stagione SS21, ci si inventarono filtri di realtà aumentata specifici per singoli stream per aumentare l’engagement degli utenti.

Nel post-pandemia, il concetto si è consolidato come strumento per democratizzare la moda: specialmente per il breve fenomeno delle sfilate “see-now-buy-now”, ma anche con eventi come lo show di Victoria’s Secret e il Savage x Fenty Show. Oggi, in un’epoca in cui le metriche social stabiliscono il successo di ogni collezione, i brand hanno normalizzato lo streaming in diretta i watch party rappresentano una maniera di abbattere i muri che nascondono le sfilate al grande pubblico, capaci di mantenere viva la comunità della moda in un'era di consumi mediatici e commerciali sempre più frammentati, con il forse ovvio potenziale di iscriversi nel più ampio movimento verso l’offline che tra club di lettura e di scacchi, riunioni per correre la notte e soft clubbing stanno guidando la fuga della Gen Z dal caleidoscopico abisso di Internet.