
La "nuova Roma" di Spring Attitude Festival Il co-founder e direttore artistico Andrea Esu racconta il passato, il presente e il futuro del retaggio culturale di Spring Attitude
Da qualche anno Roma ha trasformato il suo caos identitario in una forza creativa, che nel 2025 ha raggiunto il suo apice di attenzione internazionale con il Giubileo. Nel frattempo, gli spazi culturali si moltiplicano e la città vive un fermento che da molto, forse troppo tempo non si percepiva. In questa rinascita, Spring Attitude si presenta non solo come festival musicale ma come lente critica su una “nuova Roma” in costruzione, capace di intercettare segnali, talenti e contraddizioni. Dal 12 al 13 settembre la Nuvola di Massimiliano Fuksas, simbolo dell’urbanistica contemporanea romana, diventa per la prima volta palcoscenico musicale. Non un contenitore da riempire, ma un corpo vivo del festival in un ambiente in cui architettura, luce e suono si fondono in esperienza collettiva. «Quest’anno saremo in una venue nuova per noi e per il pubblico, un luogo simbolo del contemporaneo e molto suggestivo» spiegano gli organizzatori. La scelta della Nuvola è dichiaratamente politica oltre che estetica: significa spostare la musica elettronica e la club culture dal margine al centro, far dialogare la sperimentazione con l’istituzionalità, tradurre un landmark della Roma contemporanea in piattaforma culturale.
Nato come progetto indipendente, Spring Attitude lavora da quattordici anni sulla costruzione di un immaginario alternativo per la Capitale. Nel tempo il festival ha portato a Roma una proposta allora quasi visionaria: elettronica internazionale, linguaggi ibridi, radici locali. «Portare avanti un progetto come Spring Attitude oggi è un’esperienza stimolante, a tratti faticosa, ma profondamente motivante» racconta Andrea Esu, founder del festival. «Roma sta attraversando una fase di grande fermento: nascono nuovi spazi, si consolidano collettivi, e soprattutto si respira una voglia concreta di sperimentare, collaborare, costruire».
La curatela di Spring Attitude non è mai stata neutra: il 70% della line-up 2025 è composta da artisti under 35, con un equilibrio preciso tra grandi nomi di richiamo internazionale e nuove voci pronte a farsi riconoscere. «Da sempre alterniamo i grandi nomi dal richiamo internazionale ad artisti emergenti e fortemente talentuosi pronti ad affermarsi e farsi conoscere da un pubblico più vasto proprio grazie a festival come Spring Attitude». Così accanto ai BICEP, che presentano in esclusiva italiana il loro nuovo spettacolo audiovisivo CHROMA, ad Apparat e alla techno senza compromessi di Ellen Allien, ci sono i set fluidi di DJ Gigola o DJ Tennis, la teatralità pop de La Rappresentante di Lista, il funk-pop elegante de L’Impératrice. Ma soprattutto artisti come Coca Puma, La Niña, Giorgio Poi, Golden Years, Post Nebbia, fenoaltea e Arssalendo,tutti parte di una scena emergente che spesso non trova spazi nei circuiti istituzionali.
Il punto non è solo chi suona, ma come e dove, dato che alla Nuvola non ci saranno main stage o gerarchie, ma un flusso in cui club culture e sperimentazione si mescolano. Nonostante i cambiamenti, Esu pone fondamentale attenzione sul fatto che Spring Attitude può cambiare aspetto, ma «la nostra narrazione è sempre la stessa: vivere un festival a Roma multiforme, inclusivo, che avvicini la città alle principali capitali europee che hanno una grande tradizione di festival musicali». Eppure, guardando Roma da questa prospettiva, emerge anche ciò che manca. «Mancano degli spazi adeguati e a volte una predisposizione culturale di una parte di pubblico» sottolineano gli organizzatori, evidenziando la distanza che ancora separa la città da capitali come Berlino o Parigi. Qui Spring Attitude prova a intervenire, lavorando su un doppio livello, sia portando a Roma grandi nomi globali, sia legittimando i talenti locali, integrando la città in un circuito che la avvicini all’Europa senza tradirne la specificità.
«Spring Attitude vuole essere non solo un evento, ma un attivatore culturale, uno spazio aperto dove far dialogare linguaggi diversi, generazioni diverse e immaginare insieme nuove forme di futuro», stressa Esu. La nuova Roma che il festival immagina non è semplicemente una città che ospita eventi, ma una città che diventa essa stessa dispositivo culturale. La sfida è trasformare il fermento in sistema, il festival in piattaforma, la sperimentazione in normalità. Per ora, per due giorni a settembre, la Nuvola diventerà il simbolo di questa possibilità: un luogo dove Roma prova davvero a parlare il linguaggio delle capitali europee della cultura contemporanea.













































