
Ora le food delivery si fanno con i droni Il retrofuturismo c’aveva visto lungo
Negli ultimi dieci anni il progresso tecnologico ha accelerato a una velocità tale da ricordare l’impatto del vapore nell’Ottocento. Non è un caso se accademici e ricercatori parlano ormai di una quarta rivoluzione industriale: l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e la robotica non sono più suggestioni futuristiche, ma strumenti che ridisegnano interi settori. A Los Angeles, ad esempio, Waymo ha introdotto un servizio di ride-hailing con auto senza conducente, trasformando quello che fino a poco fa era un simbolo della gig economy in una finestra su un futuro prossimo. In Europa, invece, la sperimentazione si è concentrata su un aspetto diverso ma altrettanto cruciale con le consegne a domicilio.
Il food delivery, nato come servizio di comodità, si è trasformato in un indicatore sociale. Nelle grandi città il gesto di ordinare un pasto è talmente radicato da passare inosservato, diventando un’abitudine così automatica da essere quasi invisibile. Ma appena ci si sposta in aree meno accessibili, la stessa esperienza diventa un lusso, sia per i costi che per disponibilità. È questa frattura tra centro e periferia ad aver acceso la fantasia delle aziende che sviluppano droni per il trasporto di merci leggere, individuando in territori geograficamente complessi un laboratorio ideale per mettere alla prova nuove soluzioni.
Come funzionano le delivery con i droni?
@mkbhd When you order the drone delivery option for lunch and the ETA is 90 seconds
original sound - DJSHU-G
Come sottolineato dalla BBC, le coste scandinave sono state terreno di prova per la start-up norvegese Aviant, che ha scelto l’isola svedese di Värmdö come banco di prova per il primo food delivery via drone della regione. L’indagine del media inglese parla di come la Svezia, la Norvegia e la Finlandia insieme contano quasi 700mila isole, un arcipelago che ha plasmato identità e culture locali ma che rappresenta anche un limite concreto alla mobilità quotidiana. Per gli abitanti di Gustavsberg, ricevere a casa un hamburger non è solo una comodità: è la dimostrazione tangibile di come l’innovazione possa ridefinire la vita quotidiana in spazi tradizionalmente esclusi dai circuiti urbani.
Il progetto è ancora in fase sperimentale, con poche consegne settimanali, ma il potenziale è evidente. Per quanto possa sembrare di essere usciti da un episodio dei Jetstone, quello di Aviant non si tratta di un episodio isolato. Infatti, in Scozia sono stati testati i “fish & chips Fridays” consegnati per via aerea nelle isole Orcadi, mentre in Germania e in Cina governi e amministrazioni locali hanno sostenuto programmi simili per raggiungere comunità rurali. Non sempre i numeri tornano, soprattutto senza il sostegno di enti pubblici o partner aziendali, ma il trend racconta come la tecnologia dei droni è pronta ad addentrarsi nelle vite mondane.
L'etica delle food delivery
What's a better way to deliver? Paying someone minium wage (or less) to drive a 4000lb car through traffic to pick it up and bring it to my house?
— Tristan Cunha (@cunha_tristan) August 22, 2025
L’idea di sostituire i rider con velivoli senza conducente porta con sé una promessa di efficienza e sostenibilità, ma apre anche un fronte etico difficile da ignorare. Il sistema del delivery, così come lo conosciamo, si regge sul lavoro di migliaia di persone che ogni giorno attraversano le città in bici o in scooter, in condizioni di precarietà e con tutele minime. È un modello controverso, certo, ma che al tempo stesso rappresenta per molti l’unica fonte di reddito, un ingresso nel mercato del lavoro o addirittura il primo passo di un percorso migratorio. Automatizzare queste dinamiche significa spostare il problema senza risolverlo: eliminare il fattore umano riduce i costi per le piattaforme, ma cancella anche il ruolo di chi, nonostante difficoltà e sfruttamento, ha trovato nel delivery una forma di sostentamento. La domanda quindi non è soltanto se i droni funzioneranno, ma cosa accadrà quando l’innovazione comincerà a sostituire concretamente manodopera reale, soprattutto quella meno tutelata e già ai margini del sistema.
Al tempo stesso, non si può ignorare che la tecnologia offra anche un’altra prospettiva: quella di portare servizi laddove oggi sono assenti, riducendo il divario tra città e periferie, o ancora tra regioni urbane e comunità isolate. Se il food delivery è ormai diventato una cartina tornasole delle disuguaglianze sociali e infrastrutturali, i droni potrebbero rappresentare un modo per riequilibrarle, almeno in parte. Il nodo sarà capire se questa rivoluzione saprà coniugare inclusione e progresso, o se diventerà l’ennesima scorciatoia capitalistica per ottimizzare i costi a discapito delle persone.














































