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I ricchi adesso investono nei campi da coltivare Lo shooting del 2023 di Kim Kardashian ci aveva visto lungo

I ricchi non ostentano più solamente il loro status con beni effimeri come gli yacht, ma muovono i loro capitali in asset più solidi e meno visibili: la terra agricola. Un investimento che non riguarda solo la produzione di cibo, ma un'infrastruttura a prova di futuro che garantisce cash flow senza clamore, potere senza post e un presidio su risorse strategiche. Questo fenomeno è un trend globale e inarrestabile.

Negli Stati Uniti, Bill Gates è diventato il più grande proprietario privato di terreni agricoli, detenendo oltre 111.000 ettari (circa 275.000 acri) distribuiti in 19 stati, dalla Louisiana al Nebraska. Nonostante la sua fondazione abbia spiegato che l’investimento è coerente con l’attenzione al cambiamento climatico e alla sicurezza alimentare, il dato più evidente è che la terra agricola negli USA ha visto un aumento di valore costante negli ultimi decenni, superando inflazione e titoli di stato. Negli ultimi vent'anni, il valore medio per acro ha registrato una crescita sostenuta, rendendo l'asset estremamente resiliente.

Il trend è simile in ogni angolo del pianeta. In Africa, fondi sovrani e investitori del Golfo Persico hanno acquisito milioni di ettari, operazioni spesso criticate come land grabbing, ma che riflettono chiaramente il peso geopolitico di possedere suolo fertile in un continente con vasto potenziale agricolo. In Sud America, il prezzo medio per ettaro in Argentina, nonostante l'instabilità politica ed economica, è salito in modo significativo nell’ultimo decennio. In Europa, la competizione per le vigne è feroce: il caso francese vede fondi privati e cooperative contendersi i prestigiosi appezzamenti di Bordeaux e Champagne, mentre in Italia i valori di un vigneto nelle Langhe hanno superato il milione di euro a ettaro, con i cru più ambiti che raggiungono cifre astronomiche.

Il punto non è solo la produzione agricola, ma le rendite nascoste che il possesso della terra genera. Nei paesi occidentali, il reddito agricolo è fortemente sostenuto dai contributi pubblici: la PAC (Politica Agricola Comune) europea eroga ogni anno all'Italia circa 7 miliardi di euro, distribuiti su milioni di ettari. In più, il suolo è la nuova frontiera della finanza ambientale: i terreni gestiti con pratiche rigenerative possono accedere a crediti di carbonio certificati, un mercato in forte crescita dove le aziende energivore acquistano compensazioni per le proprie emissioni. La terra non è più solo grano o mais, ma anche CO₂ sequestrata e monetizzata.

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Il potere silenzioso della terra agricola si estende anche alla gestione delle risorse idriche. Negli Stati Uniti il mercato dei water rights è diventato un asset a sé, con fondi di investimento che acquistano terreni in California o nel West per assicurarsi l'accesso a falde e bacini. In Italia e in Europa, sebbene i meccanismi siano diversi, la dinamica è la stessa: un campo irriguo vale molto di più di uno arido, e in scenari di siccità cronica, questa differenza diventa cruciale.

Non va dimenticato l’aspetto fiscale. In Italia, per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, il reddito è calcolato in base al valore catastale, spesso irrisorio e scollegato dal reale valore di mercato. Negli Stati Uniti, i capital gains derivanti dalla vendita di terreni agricoli possono beneficiare di tassazioni più favorevoli rispetto ad altri asset. In generale, in tutto il mondo, la terra è un bene che cresce silenziosamente di valore senza esporre i proprietari alla volatilità dei mercati finanziari.

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La differenza tra chi ostenta yacht e chi accumula campi è anche culturale. L’ostentazione è visibile, la terra è invisibile. Non finisce su Instagram, ma garantisce accesso politico, influenza nei mercati alimentari e ambientali, e controllo sul futuro. La Corte dei Conti italiana, in un'analogia con le concessioni balneari, ha ricordato che tra il 2016 e il 2020 lo Stato ha incassato circa 100 milioni l’anno di canoni demaniali per un giro d’affari complessivo di 15 miliardi. È un esempio di come la terra sia molto più che un bene: è una leva economica e geopolitica in un periodo in crisi.

In un'epoca segnata da recessioni, crisi climatiche e inflazione, i grandi capitali si muovono verso ciò che resta solido: il suolo. Non è solo un investimento, ma una strategia. Il vero lusso è ormai un campo di grano in Iowa o un vigneto a Barolo. Invisibile agli occhi, ma capace di generare reddito, influenza e potere. Forse la ricchezza più discreta e duratura è proprio quella che affonda le radici sotto i nostri piedi.