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"So cosa hai fatto" arriva in ritardo nell’universo dei requel Quel genere cinematografico che unisce insieme sequel e reboot

So cosa hai fatto è un re-quel (unione di sequel e reboot) uscito questa settimana che continua a distanza di quasi vent'anni il secondo film dell'omonima saga, in italiano Incubo Mortale, uscito nel 1998, escludendo l’operazione discutibile, sebbene rappresentativa dello stile dei primi anni 2000 che caratterizzò il terzo film Leggenda mortale. Già nel 1997, il So cosa hai fatto originale arrivava sulla scia dell’horror meta-cinematografico Scream. Se i registi erano diversi, Jim Gillespie da una parte e il ben più elogiato Wes Craven dall’altra, lo sceneggiatore era però lo stesso. Kevin Williamson era al suo debutto quando a metà dei 90s dava vita all’immortale Ghostface, dando il via nel giro di un paio di anni a due delle saghe dell’orrore più longeve e iconiche del panorama mondiale, le quali a proprio modo riflettevano principalmente su se stesse e sui propri meccanismi interni e che andavano a scardinare il genere a cui facevano riferimento. Scream lo ha fatto per prima, lo ha fatto meglio, e lo ha fatto donando un’inedita direzione sull’auto-analisi dei fenomeni non solo riguardanti l’horror, ma di un’intera industria cinematografica comprese le proprie trasformazioni.

@sonypicturessg

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original sound - sonypicturessg

So cosa hai fatto l'estate scorsa si limitava più a riconfermare i pattern di una dimensione dell’orrore di cui lo slasher aveva canoni ben precisi. Ma, proprio come fu per Scream, Ghostface è ricomparso ben prima con il suo seguito-reboot nel 2022, facendo vedere ancora una volta come la saga di So cosa hai fatto sia in ritardo sui tempi, soprattutto visto il desiderio della versione della regista Jennifer Kaytin Robinson, anche alla sceneggiatura con Sam Lansky, di operare su una visione di meta-riflessione e meta-analisi. Il che è divertente visto che alla stessa Jennifer Love Hewitt, che ritorna nel ruolo di Julie James dopo quasi trent’anni insieme a Freddie Prinze Jr., fa pronunciare la frase: “La nostalgia è sopravvalutata”. Nonostante lo statement di una delle final girl per eccellenza, in realtà So cosa hai fatto gioca tutto sul ricordo di cos’era la saga originale. Anzi, ancor di più: sulla memoria che è stata cancellata e che il “pescatore” può riportare in vita. Non a caso uno dei temi portanti nell’ambientazione del nuovo So cosa hai fatto è la pulizia apportata a Southport e come la sua mattanza sembri ormai una reminiscenza lontana.

Così anche il ritorno di un nuovo capitolo, che vorrebbe riattivare la suddetta memoria, sembra rappresentare una ri-accoglienza sia per coloro che negli anni Novanta avevano visto o si erano appassionati per la prima volta alla storia di Julie e dei suoi amici, sia per degli inediti spettatori che nel ’97 erano appena nati o lo sarebbero stati di lì a poco - come accade, in fondo, con gli attori del film del 2025. C’è solo un problema che affligge però i piani del nuovo So cosa hai fatto. Che, sempre a confronto con i recenti Scream e il loro essersi inseriti all'apice della requel-mania, mantenendo dunque la dimensione ironica e meta-testuale del filone originario, la stessa autoconsapevolezza non attecchisce adeguatamente in So cosa hai fatto rendendo paradossalmente il ribaltamento e la rivalutazione dei classici a cui fa riferimento qualcosa di già passato. Il film sa di fatto e rifatto, di visto e stravisto, pur avendo un legame diretto con gli originali, ma il rimescolamento con il presente non consente niente di più se non un altro prodotto legato al “pescatore” senza che vada a ragionare sugli effettivi cambiamenti dell’horror (come vorrebbe fare), del cinema e, in senso più stretto, dell’intera saga. Così So cosa hai fatto si conferma soltanto di essere l’eterno secondo. Lo è stato nel 1997 dopo l’uscita di Scream, e lo è anche stavolta con il suo requel.