
Il magico mondo degli aforismi falsi su Internet Online è pieno di citazioni d'effetto, solo che moltissime sono inventate
Su Internet è molto frequente imbattersi in immagini che riportano aforismi attribuiti a personaggi celebri, anche se queste frasi non sono mai state realmente pronunciate da loro. Il fenomeno è talmente diffuso da aver generato una sorta di sottocultura online che lo prende in giro. Un esempio emblematico è il meme che mostra l’ex presidente Abraham Lincoln – vissuto nell’Ottocento – accanto alla scritta: «Non credere a tutto quello che leggi su Internet solo perché c’è una foto con una citazione». Ma come si spiega questa tendenza a usare sempre le stesse figure storiche o culturali come presunti autori di aforismi? Il magazine online Dirt qualche anno fa ha proposto un’interpretazione interessante: dato che molte persone si avvicinano per la prima volta a personaggi famosi proprio attraverso le citazioni che circolano online, sono in generale più inclini ad associarli a priori a queste frasi apparentemente sagge – anche se le dichiarazioni in questione non sono mai state dette da loro. Inoltre, si tende ad attribuire maggiore credibilità alle citazioni firmate da personaggi percepiti come universalmente rispettati o comunque non divisivi.
"The problem with internet quotes is that you can't always depend on their accuracy" - Abraham Lincoln, 1864 pic.twitter.com/ih7OH8WIwO
— Anonymous (@YourAnonNews) August 15, 2014
Lincoln, ad esempio, è considerato una figura trasversale, apprezzata da quasi tutti, ed è quindi visto come l’autore ideale per delle frasi d’effetto. A sostenere questa proliferazione di citazioni false ci sono anche numerosi portali online specializzati, tra cui spiccano ancora oggi siti come Brainy Quote, Quote Wise, Search Quotes e Quotespedia, che offrono enormi database di frasi attribuite a personaggi famosi, spesso senza fonti precise. «Questi portali sono l’esito necessario del processo con cui la conoscenza è stata data in appalto alla tecnologia», ha scritto il magazine statunitense Slate. «La superficiale democratizzazione della conoscenza non è necessariamente una cosa negativa, ma significa che per poter includere nel lavoro che state preparando la perfetta citazione di Schopenhauer non vi serve aver letto neanche una pagina di Schopenhauer: e di certo non avete alcun modo di verificare che la citazione scelta provenga davvero dalla sua fonte dichiarata.» Siti del genere, conclude Slate, «offrono una risposta al crescente appetito per un certo tipo di cultura pronta per essere consumata».
Un altro caso particolarmente rappresentativo di questa dinamica riguarda un personaggio che a prima vista potrebbe sembrare poco legato al fenomeno delle citazioni false: Winnie the Pooh. Eppure, anche l’orsetto creato dallo scrittore inglese Alan Alexander Milne è diventato spesso l’autore involontario di frasi che non ha mai pronunciato. l fenomeno ha raggiunto proporzioni tali che sulle piattaforme di e-commerce come Etsy è possibile trovare in vendita articoli di ogni tipo decorati con presunti aforismi di Winnie the Pooh, che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno alcun legame con l’opera originale. Tutto questo ha portato alla creazione di un sito dedicato alla verifica delle citazioni in questione, chiamato Pooh Misquoted. Le frasi attribuite all’orsetto giallo spesso hanno un tono molto generico e sentimentale, cosa che – senza conoscere le pubblicazioni su Winnie the Pooh – rende difficile capire se provengano davvero dal personaggio originale. Un esempio significativo è: «Che fortunato che sono, ad avere qualcosa a cui è così difficile dire addio».
@willowrosehite How lucky am i to be alive
Second Chances - Gregory Alan Isakov
La dichiarazione, per quanto evocativa, non ha nulla a che fare con Winnie the Pooh: proviene invece da Una finestra sul cielo, un film degli anni Settanta incentrato sulla storia vera della sciatrice Jill Kinmont, che rimase paralizzata in seguito a un incidente in pista. Un altro caso molto noto è il dialogo che spesso viene condiviso tra Pooh e Pimpi, in cui si legge: «“Come si scrive amore?” “Non lo si scrive, lo si sente”». Anche questa frase non compare né nei libri né nelle versioni animate più note del personaggio. Chi conosce davvero l’opera di Milne sa che il linguaggio di Winnie the Pooh era semplice e diretto, mai pomposo o eccessivamente filosofico. I toni riflessivi o malinconici che caratterizzano molte delle citazioni moderne attribuitegli sono in realtà estranei allo spirito con cui l’autore inglese aveva concepito il personaggio negli anni Venti. Le uniche fonti attendibili per attribuire correttamente una frase a Winnie the Pooh restano i due volumi scritti da Milne – Winnie Puh (1926) e La strada di Winnie Puh (1928) – oltre alle opere prodotte successivamente dalla Disney: tredici film e quattro serie televisive, la prima delle quali risale al 1966. In nessuna di queste apparizioni il personaggio utilizza un linguaggio elaborato o si cimenta in riflessioni su grandi temi esistenziali come l’amore o la morte, che spesso sono invece presenti nelle false citazioni presenti online.














































