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"Eddington" è il nuovo western digitale di Ari Aster Il regista ha raccontato l’America dal 2020 ad oggi

C’è qualcosa che accomuna tutti i giovani registi che sono stati in grado di suscitare l’attenzione del pubblico. Una sorta di maledizione, che non colpisce chiunque indifferentemente e che tende ad affliggere coloro i quali, più degli altri, sono stati in grado di farsi notare e di far parlare di sè - che ciò avvenga nel verso giusto o, per alcuni, quello sbagliato. Si tratta dell’odio che prima o poi questi cineasti riescono a suscitare. In Italia è accaduto con i fratelli D’Innocenzo, firme radicali all’interno del panorama italiano, mentre Xavier Dolan è l’esempio internazionale di un autore portato in palmo di mano ai suoi inizi, prima di subire un drastico ridimensionamento della propria aura. Si può sempre dire che non c’è nulla di personale (ci mancherebbe altro) e che, guardando all’evolversi della loro filmografia, c’è stata una flessione che ne ha determinato un prevedibile arresto di entusiasmo da parte di critica e pubblico. Nel caso di Ari Aster è stato lo spostamento dall’horror alla dark comedy con Beau ha paura che, accolto tiepidamente dal pubblico, aveva eletto il regista a nuovo luminare del terrore dopo Hereditary e Midsommar. Più che odio, per non essere melodrammatici, potremmo perciò dire che Aster è stato colpito dall’anatema dell’antipatia generalizzata che lo ha reso improvvisamente insofferente ai più mettendo in discussione la sua posizione autoriale. Con il suo nuovo film Eddington - presentato in anteprima alla 78esima edizione del festival di Cannes – potrebbe allargare ancora di più la frangia tra chi apprezza il cinema del regista statunitense e chi, invece, non riesce proprio a sopportarlo. 

La storia di Eddington si focalizza su una cittadina del New Mexico in crisi nel pieno della pandemia di Covid-19. È un’ulteriore conferma del progressivo allontanamento dal genere che Aster ha adottato e comprova la volontà del regista di non rimanere attaccato all’horror con cui l’abbiamo conosciuto. Dopo Beau, Joaquin Phoenix torna a lavorare con il regista e per Eddington diventa uno sceriffo in continua competizione col sindaco (Pedro Pascal) e in un matrimonio in bilico con la collega (Emma Stone). Come in ogni altra cittadina americana, anche ad Eddington è arrivato l’ordine di indossare le mascherine e mantenere la distanze per prevenire la diffusione del virus che ha bloccato il mondo nei primi mesi del 2020. Da questo evento accaduto in tempi recenti, tappeto per romanzare le rivalità e le insoddisfazioni dei suoi personaggi, Ari Aster intesse una satira che potrebbe risultare ingigantita e gonfiata, se non fosse che la realtà ha sempre la capacità di superare la fantasia. Il regista e sceneggiatore concentra in due ore e venticinque minuti ciò che tutto il mondo ha vissuto e si è ritrovato ad osservare dai propri smartphone in quel periodo. Un risultato che risuona assurdo in quanto sviluppato e compresso tutt’assieme nella durata di una sola pellicola, ma che se ci pensiamo rispecchia esattamente i tempi folli che abbiamo passato e di cui stiamo ancora soffrendo le conseguenze. 

Al Covid-19 Aster aggiunge il movimento Black Lives Matter, l’avvento dell’attivismo giovanile per come lo conosciamo adesso, con i tumulti e le rivolte che hanno provocato e la viralità che ha reso tutto questo casino visibile, condivisibile, immediato. «Just don’t make me a thing», pronuncia lo sceriffo di Phoenix ad un suo sottoposto quando questo posta un video con l’accusa di stupro verso un membro della comunità. Quella pronunciata dallo sceriffo è la una frase-perno di tutte le azioni che andrà a compiere il protagonista e, con lui, un mondo che Eddington porta al collasso. È l’inverso di come cominciava Beau ha paura: se, in quel caso, nella parte iniziale il protagonista correva alla velocità della luce quando doveva uscire di casa per riuscire a sfuggire da tutto ciò che di orribile poteva capitargli, sul finale di Eddington è ancora una volta il premio Oscar a precipitarsi per le strade della cittadina con il suo piccolo mondo ormai corrotto e sprofondato in tutte le contraddizioni, le radicalizzazioni e le insensatezze che lo stanno portando al crollo - anche fuori dallo schermo. Nel film, la miccia delle grandi ingiustizie sociali è accesa da egoismi e gelosie personali, i cui contraccolpi si riversano sempre e comunque sulle minoranze. L’atmosfera che può sembrare reazionaria nell'opera di Aster è solo l’esito scorretto e insensato che siamo spesso costretti a subire. In Eddington come in Beau ha paura, è l’esasperazione il sentimento che circonda e travolge i personaggi, il medesimo su cui spesso affonda la politica per fare il proprio gioco a scapito dei cittadini, messa a nudo senza presunzione, ma con semplice spirito di osservazione da parte del cineasta. 

In Eddington troviamo schermi costanti e pervasivi che danno sfogo a teorie del complotto, rapporti in cui non c’è nemmeno una volta un autentico affetto a cui attaccarsi (ne è prova la storyline del matrimonio dello sceriffo e del passato della moglie) e una caduta in un inferno che, se in Beau ha paura dichiarava che la vita è uno schifo, qui lo dice della società. Aster imbastisce una riflessione con cui non vuole porsi con saccenza davanti allo spettatore, ma vuole riportare il ciglio del baratro su cui ci ritroviamo in maniera chiara e cristallina. E, visto che si può fare poco, allora a volte il regista preferisce riderne, anche con un’ironia pop - se l’aveva già espressa con la musica di Mariah Carrey in Beau ha paura, stavolta riserva la hit Fireworks di Katy Perry. Eddington è dunque il western moderno? Probabilmente no. O probabilmente sì, visto che i cavalli e i saloon sono stati sostituiti dalle macchine e i big data, ma le armi sono rimaste. Una terra per cui battersi e degli ideali da incarnare, giusti o sbagliati che sianom i protagonisti li hanno, oltre alla colonna sonora di Bobby Krlic e Daniel Pemberton che richiama il genere in pochissime, lontane note. Di sicuro Eddington è la storia dell’America dal 2020 ad oggi, e come altro possiamo descriverla se non un selvaggio, pericoloso, armato e digitale far west.