A Guide to All Creative Directors

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La carriera professionale della Generazione X è in crisi?

A causa della concorrenza giovanile e l’innovazione tecnologica costante

La carriera professionale della Generazione X è in crisi? A causa della concorrenza giovanile e l’innovazione tecnologica costante

Molte persone che negli anni Novanta hanno iniziato a lavorare in diversi ambiti creativi – tra cui editoria, design, musica e cinema – oggi si ritrovano spesso a fare altro, segnala il New York Times in un articolo molto commentato, intitolato «Il crollo della carriera della Generazione X». La gran parte dei settori creativi, infatti, negli ultimi anni si è ridotta o trasformata radicalmente, escludendo molte figure professionali un tempo centrali. «Ogni giorno parlo con persone la cui carriera è, in un certo senso, finita», ha dichiarato Chris Wilcha, un regista di film e programmi TV poco più che cinquantenne di Los Angeles. E molti professionisti tra i 45 e i 55 anni, che un tempo aspiravano a costruirsi una solida carriera puntando sulla creatività, hanno raccontato storie simili al New York Times. Più di una dozzina di persone appartenenti alla Generazione X intervistate dal giornale statunitense hanno dichiarato di sentirsi oggi esclusi, sia economicamente che culturalmente, dai settori per cui si erano formati. «Io, i miei colleghi e i miei amici continuiamo a confrontarci con l'obsolescenza imprevista dei percorsi lavorativi che abbiamo scelto a vent'anni», precisa Wilcha. Quando il digitale iniziò a farsi strada negli ambiti creativi presidiati dalla Generazione X, non sembrava una minaccia, spiega il NYT, ma non appena molti di questi lavoratori raggiunsero l'apice della loro carriera, gran parte delle loro competenze risultarono ormai superate. Il punto è che buona parte della Generazione X ha costruito la propria carriera in un certo contesto professionale, ritrovandosi poi, a metà percorso, in un mondo del lavoro radicalmente stravolto dalla tecnologia.

@maureenwclough The Gen X Career meltdown

Karen McKinley, manager nel settore pubblicitario, ha raccontato al New York Times di aver assistito con amarezza all’uscita di scena di molti colleghi di talento, vittime del declino delle campagne pubblicitarie tradizionali, sempre più spesso sostituite da contenuti più veloci ed economici da realizzare, pensati quasi esclusivamente per la diffusione sui social network. «Vent’anni fa si organizzavano shooting veri e propri. Oggi si ricorre a influencer senza alcuna esperienza pubblicitaria», osserva McKinley. Il settore creativo, grazie allo sviluppo tecnologico, è effettivamente diventato molto più accessibile, soprattutto ai giovani. Il New York Times fa notare che in passato i grandi fotografi potevano ambire a guadagnare decine di migliaia di dollari a scatto, mentre oggi in alcuni casi si possono ottenere risultati soddisfacenti affidandosi a professionisti meno noti – e per questo più economici. Greg Paull, consulente di marketing statunitense, sintetizza così il fenomeno: «Quello spot che prima richiedeva sei mesi di lavorazione, ora si traduce in un contenuto TikTok sviluppato in sei giorni». In questo contesto, il crescente ricorso all’intelligenza artificiale rischia – secondo alcuni – di ridimensionare significativamente il ruolo di molti professionisti del settore, tra cui copywriter, fotografi e designer. Secondo la società di ricerca Forrester, entro il 2030 le agenzie pubblicitarie statunitensi potrebbero perdere 32mila posti di lavoro — il 7,5% dei professionisti — proprio a causa della sempre maggiore adozione dell’AI.

@danschawbel Don’t give up on your job search. Agree? #greenscreen original sound - Dan Schawbel

In questo scenario, tra la Generazione X si fa sempre più pressante una questione di natura esistenziale: ha ancora senso essere così stressati per tentare di fare il lavoro che si ama, accettando sacrifici economici e scegliendo di vivere in luoghi più accessibili? O è arrivato il momento – in vista della pensione – di optare per un impiego più sicuro ma distante dalle proprie passioni? La scelta non è solo pratica, ma profondamente identitaria. Dopo decenni investiti a costruirsi una carriera, acquisire competenze e dare un senso al proprio lavoro, molti professionisti della Generazione X si trovano a dover ridefinire il concetto stesso di "successo", nella necessità di sopravvivere in un sistema che sembra premiare la flessibilità estrema e l’innovazione a ogni costo. Per alcuni, la risposta sta nel ridurre le proprie aspettative materiali e abbracciare stili di vita più essenziali, riscoprendo la libertà creativa in contesti meno competitivi. Per altri, prevale invece la rassegnazione: un lavoro stabile, anche se alienante, viene vissuto come ultima àncora di sicurezza in un mondo in continuo mutamento. In entrambi i casi, ciò che emerge dall’articolo del New York Times è una generazione che si interroga sul senso del lavoro in età matura e sull’eredità – non solo economica, ma anche culturale – che desidera lasciare.