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Perché il mito della fast life ci ha stancato, soprattutto in Fashion Week

The Joy of Missing Out

Perché il mito della fast life ci ha stancato, soprattutto in Fashion Week  The Joy of Missing Out

Settembre è per antonomasia il mese in cui tutto ricomincia. La città, prima un deserto silenzioso, si riempie a suon di «sono di fretta.» Se prima l’autobus era vuoto, ora bisogna spingere per trovare posto, e tutta la noia estiva è rimpiazzata dal fermento dei nuovi inizi. Così si romanticizza il ritorno alla vita nella metropoli, ricominciare a correre da una parte all’altra per inseguire quello che la città ha da offrirci. Viviamo il sogno dell'impegno settembrino come lo descrivono i film e i social, finché poi non inizia veramente.

Un tempo lo stile di vita veloce, o fast life, veniva attribuito alle rockstar, mentre oggi colui che vive "al limite" è il cittadino medio di una grande metropoli come Milano. Gli alcolici e le sostanze stupefacenti sono secondarie, basta svolgere per inerzia le proprie attività giornaliere, spuntando sulla to do List ciò che si è fatto, pronti ad procedere verso il punto successivo. Il nostro valore viene definito da quello che facciamo, a Milano e non solo la produttività deve essere sempre al massimo, a maggior ragione se lavori nel mondo della moda e c’è la fashion week. Essere davvero impegnati non conta, ma bisogna a tutti i costi sembrarlo. La FOMO, Fear Of Missing Out, è diventata il motore della vita di coloro che non possono rallentare. L’apparente possibilità di essere ovunque, dalle sfilate agli afterparty, ci rende scontenti di quello che effettivamente stiamo vivendo, perché nulla è abbastanza nel mondo in cui tutto è possibile, in grande parte a causa dei social media, vetrina per antonomasia delle ostentazioni rapide (e fallaci). Ma si sa, vivremo per il resto della nostra vita con la tecnologia, e di certo non possiamo opporci al progresso, ma possiamo trovare delle alternative che ci permettano di approcciarci serenamente a quello che i social ci mettono di fronte.

È stata la saggista Christina Crook a teorizzare la gioia di perdersi. Nel suo libro The Joy of Missing Out: Finding Balance in a Wired World, l’autrice parla di come essere costantemente online influisca negativamente sul nostro benessere psicosociale. Per la sua ricerca, Crook è partita da un articolo del 2011 di Ani Dash, arrivando così a parlare della JOMO come un modo per ridimensionare gli eccessi dell’iper connessione. Le dieci regole da lei stilate sono promemoria di come approcciarsi allo slow living, uno stile di vita lento che malgrado la fascinazione sembra ancora irraggiungibile in una città come Milano, dove si sente sempre il mondo correre, e se cammini sei pigro. In questo scenario si colloca il successo della community Vita Lenta, fondata da Gianvito Fanelli, graphic designer in fuga dai ritmi e dalle pose di Milano ormai stabile a Bari, nella sua città di nascita. Tra video immersi in paesaggi mozzafiato, scorci quotidiani di anziani in spiaggia, omaggi della buona cucina pugliese, milioni di utenti fruiscono la narrativa, ormai aspirazionale, di una vita a contatto con se stessi e con la natura.

@nssmagazine Giorgio Armani closing his show Milan Fashion Week is almost over. #giorgioarmani #milan #milanofashionweek #milanfashionweek #tiktokfashion #fashiontiktok #interview #model #fashionshow #dietrolequinte #mfw23 original sound - nss magazine

I creativi che riconoscono nella vita lenta una possibilità di successo sono molti, ma hanno cominciato a parlarne in pubblico solo dopo l'inizio della pandemia Covid-19. In una lettera aperta scritta nell'aprile 2020 al quotidiano americano WWD, Giorgio Armani aveva spiegato come rallentare fosse «l’unica via d’uscita che riporterà valore al nostro lavoro.» Secondo lo stilista, il declino della industry era dovuto all'adozione degli stessi metodi operativi del fast fashion. Anche la designer belga Dries Van Noten la pensava come Armani, tanto da firmare una dichiarazione a favore lei stessa, a sua volta sottoscritta da moltissimi professionisti e professioniste del settore. Sul sito Open Letter to the Fashion Industry, la lista di deposizioni sull'argomento era interminabile, e le richieste dei maggiori esponenti del sistema moda risultavano essere ben chiare: stabilire un nuovo calendario per le sfilate e limitare qualsiasi spreco a partire dall’autunno/inverno 2020. Nel frattempo, sebbene siano ormai passati diversi anni, grossi cambiamenti non si sono visti.

«I'm naive. But not that naive. A message starts from the top, goes down, expands and reaches many people. And this is a new message. Produce less, produce better.»

Dries Van Noten

Demitizzare la fast life è positivo, ma ora il cambiamento deve essere messo in pratica. Così come la industry sa rispondere alle esigenze di mercato, così dovrebbe riconoscere la necessità di un freno, in un'ottica di sostenibilità non solo ambientale ma umana. Rispolverare il concetto del “dolce far niente”, come recitava qualche tempo fa un audio virale su Tik Tok, in cui "niente" sta semplicemente per godersi la vita secondo il proprio ritmo e non lasciare che siano i ritmi esteriori a prendere il sopravvento.