
E se i brand emergenti vendessero su Vinted? Teoricamente si può fare, ma non si capisce quanto convenga
Vinted è nato e cresciuto grazie alla moda secondhand. Con la sua diffusione, però, un numero sempre più alto di persone ha iniziato a utilizzare la piattaforma come un vero e-commerce, bypassando del tutto il retail a prezzo pieno in cerca di migliore qualità a prezzi più o meno stracciati. Il che ha portato alla nascita di venditori professionali, ovvero veri e propri e-commerce privati interamente basati sulla piattaforma. Ma adesso c’è una nuova domanda che alcuni piccoli designer che rivendono anche vintage hanno iniziato a porsi: perché non usare Vinted per vendere gli articoli del proprio brand?
Si possono vendere i prodotti del proprio brand su Vinted?
Teoricamente Vinted nasce per gli articoli di seconda mano e per diversi anni su siti come Reddit si sono moltiplicate le domande sulla possibilità di vendere prodotti creati in proprio. In realtà sembra che per diverso tempo sull’argomento abbia regnato una certa ambiguità: nel settembre del 2024, ad esempio, un utente si lamentava che i propri prodotti fossero stati bannati dall’app nonostante se ne trovassero molti di simili nell’app. La differenza però sta nel tipo di account che si possiede.
È infatti possibile usare Vinted per vendere i prodotti creati da sé o del proprio brand ma solo se si è in possesso di un account Pro. Il che implica da un lato che si possa caricare un numero illimitato e gratuito di articoli, con visibilità extra, gestione dei reclami prioritaria e sistemi di supporto per pagamenti in Europa e soprattutto senza commissioni sulla vendita; e dall’altro che il venditore si metta in regola, abbia una partita IVA e che gestisca autonomamente (ma questo è ovvio) tutta la logistica e i resi.
È il caso (ma ce ne sono molti) di @bizziovintage, rivenditore di pezzi vintage dei primi 2000, ma anche creatore di giacche e pantaloni upcycled in stile Opium/Y2K ottenuti riassemblando vecchi jeans, stampando grafiche su polo da rugby e felpe e via dicendo. Oltre al proprio e-commerce, il brand possiede un account Vinted di nome @nomistakes dove le proprie creazioni sono messe in vendita, mescolate a pezzi d’epoca, per un assortimento di circa 600 articoli.
Un altro caso è quello di Osmosis, brand basato a Lione, in realtà privo di qualunque presenza online oltre a Vinted, che produce magliette e tote-bag stampate con grafiche a tema gotico. Mettiamo il produce tra virgolette perché tra i vari capi del brand si possono vedere ad esempio delle camicie chiaramente upcycled, dotate della loro etichetta originaria e poi stampate con nuove grafiche. Di sicuro si tratta di un progetto creativo indipendente e amatoriale ma, nella sua piccolezza, può dare un senso della zona grigia entro cui questi progetti si situano, a metà tra il brand autentico e il mondo del fatto in casa. Un posto che un tempo era detenuto da Etsy.
Vinted sta diventando l'Etsy dei vestiti?
I really hate selling on Etsy. The fees are ridiculous! If you sell on their platform you have to jack your prices way up to counteract the fees and for some of us who sell smaller items, I always feel like I’m screwing the customer or Etsy is screwing me.
— seedsoilsun (@Seedsoilsunrain) November 24, 2025
Su Reddit, un utente che si è imbattuto nell’ennesimo piccolo business si chiede: «Perché Vinted sta diventando Etsy?». Ironicamente gli rispondono sotto: «Perché Etsy sta diventando Amazon e Amazon è diventato un Aliexpress costoso. Tutto oggi è diventato un Aliexpress costoso». Scherzi a parte, comunque, se non ci sono dati ufficiali su un travaso di piccoli brand indipendenti ne abbondano sull’emorragia di venditori che sta interessando Etsy.
Nel terzo trimestre del 2025, secondo il report dell’azienda, il numero di venditori attivi è sceso del 10,9% a 5,5 milioni, e il titolo ha perso il 12% in una sola giornata. Ma il trend negativo parte già nel 2023, anno in cui la parabola discendente dell’azienda è iniziata. Al di là della riduzione di spesa nelle categorie dei decori domestici e della bigiotteria, e al di là dell’erosione di clientela portata da Temu e Shein, Etsy ha introdotto misure come una fee di setup per i negozi da 15-29 dollari per scoraggiare gli amatoriali e un controllo più rigido contro i prodotti di massa, che però hanno scoraggiato tantissimi nuovi venditori, portando a una perdita netta di 1,4 milioni di seller attivi in un anno.
Secondo la YouTuber Meg Hackman, poi, il fatto che la piattaforma si sia gettata a capofitto nei profitti derivanti dalla pubblicità, guadagnando oltre 700 milioni di dollari nel 2024 ma peggiorando l’esperienza degli utenti, ha inferto un colpo quasi fatale al business. Un’altra YouTuber, Starla Moore, ha analizzato il sentimento dei venditori citando, tra le varie cause, i costi crescenti e le commissioni ultra-elevate (fino al 12% per transazione più costi di listing e ads obbligatorie) mentre su Reddit un altro utente si lamenta dell’uso eccessivo di AI e della diffusione di prodotti print-on-demand che rendono impari la concorrenza.
Entrare nel declino di Etsy richiederebbe forse un articolo a parte, ma la parte essenziale è che nel sondaggio citato da Moore, il 70% degli utenti diceva di volersi trasferire su piattaforme prive di commissioni eccessive e con policy di spedizione più chiare. Non ci sono dati ufficiali ma sicuramente Vinted avrà rappresentato (almeno per gli utenti europei, dove Vinted ha la sua maggiore diffusione) un porto molto sicuro dato che nell’app non ci sono commissioni per i venditori e le spedizioni sono affidate a servizi esterni pre-integrati nell’app.
Ma vendere su Vinted conviene ai piccoli brand?
La risposta alla domanda è: «Dipende». Tra i vantaggi più ovvi e già citati c’è l’assenza totale di commissioni sulle vendite, che consente a chi vende di incassare il 100% dei ricavi: una cosa rara tra i marketplace, specialmente considerato che di norma le commissioni arrivano anche al 12-15%. Si possono mettere in vendita collezioni intere senza budget iniziale. Infine, l’integrazione con eventi come Refashion 2025 ha dimostrato che Vinted può funzionare (anche se si tratta di un singolo caso) come piattaforma mediatica per designer emergenti.
Ovviamente oltre ai piaceri ci sono i doveri: oltre una certa soglia e sistematicità di vendita bisognerà regolarizzarsi con il fisco, aprire una partita IVA e iniziare a gestire il proprio shop online come un’attività a tutti gli effetti. Sul piano legale, il venditore Pro deve poi garantire il diritto di recesso di 14 giorni e la garanzia di conformità di 2 anni, con relativa gestione dei resi e delle contestazioni, tutto a suo carico. Inoltre su Vinted non ci sono strumenti di branding avanzati né analytics di solito tanto utili per i commercianti che vogliono studiare l’andamento del business.
Infine, essendo la piattaforma dedicata al secondhand e utilizzata principalmente per comprare articoli firmati a prezzi conveniente, un brand nuovo rischia sia di posizionarsi peggio rispetto al secondhand di lusso che di apparire eccessivamente amatoriale e poco serio agli occhi di un’eventuale futura clientela. Qualunque brand, ad esempio, avrà bisogno del proprio Instagram e del proprio sito, e dunque forse Vinted potrebbe essere un modo economico di sondare le acque per un piccolo brand agli inizi. Per farlo diventare un e-commerce alla maniera di Amazon però la strada sembra ancora lunga.
Takeaways
- Vinted consente di vendere prodotti del proprio brand, ma esclusivamente tramite un account Venditore Pro che richiede partita IVA e gestione autonoma di logistica, resi e garanzie legali.
- L’assenza totale di commissioni sulle vendite e la possibilità di caricare annunci illimitati rendono la piattaforma estremamente conveniente per i piccoli brand indipendenti.
- Gli account che vendono creazioni upcycled o originali, spesso mescolandole a pezzi vintage, esistono e sono comuni da trovare ma al momento paiono ricadere nella categoria dei prodotti o accessori fatti in casa in modo amatoriale.
- Il contemporaneo calo di venditori su siti come Etsy, dovuto a commissioni elevate e politiche sempre più restrittive, potrebbe aver favorito una migrazione verso alternative senza costi extra come Vinted.
- Per un brand emergente, Vinted Pro può essere un canale a costo quasi zero per testare il mercato e raggiungere il pubblico, ma la piattaforma influenza molto il posizionamento e la policy dei prezzi e la piattaforma, per la sua natura di marketplace secondhand, non offre strumenti di branding o di analytics.














































