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Matthew Williams e il futuro dei pupilli di Kanye West

Cosa ne è stato della generazione che ha portato la rottura nella moda

Matthew Williams e il futuro dei pupilli di Kanye West Cosa ne è stato della generazione che ha portato la rottura nella moda

L’anno è il 2015. Insieme al guru dello streetwear Luca Benini, Matthew Williams fonda un brand che da lì a poco avrebbe chiuso la programmazione la Paris Fashion Week e avrebbe portato il designer americano a dirigere Givenchy: 1017 Alyx 9SM. L’avvento di Williams nella moda è forse il secondo caso più eclatante del successo di uno dei creativi cresciuti sotto l’ala di Kanye West: il primo e più rivoluzionario è ovviamente Virgil Abloh, che ha lasciato un segno indelebile nella cultura della moda, insieme anche a nomi di rilievo come Jerry Lorenzo, Samuel Ross, Heron Preston, Mowalola e anche Demna Gvasalia, che sempre nel 2015 si unì al team di West per creare la Season 1 di Yeezy. Insieme, questi creativi rappresentarono il cuore dell’ondata streetwear che si abbatté su un fashion system ormai stanco fermatasi, però, con la morte di Virgil Abloh nel novembre 2021 e poi definitivamente esauritasi con il meltdown pubblico di West nell’ottobre 2022. Oggi le cose paiono tornate al punto di partenza, con il progressivo riassorbimento di questi creativi di rottura nelle maglie del sistema moda. La parabola più notevole, oggi, è forse quella di Matthew Williams: alla sua uscita da Givenchy, dopo una direzione creativa dal successo incerto, il designer è tornato a concentrarsi su 1017 Alyx 9SM, la cui importanza nel corso degli anni è andata scemando di pari passo con l’incisività delle sue collezioni. Oggi le cose sembrano sul punto di cambiare. Grazie a chi? Un imprenditore di Hong Kong e noto collezionista d’arte di nome Adrian Cheng.

Cosa cambierà per 1017 Alyx 9SM?

I piani di Cheng per il rilancio di 1017 Alyx 9SM sembrano promettenti: nuova sede a Parigi e ritorno nel calendario della fashion week, una nuova enfasi sulle collezioni femminili, boutique da aprire in dieci città-chiave in tutto il mondo, espansione dell’offerta di prodotti e delle collaborazioni, un piano di drop e di distribuzione direct-to-consumer ma soprattutto un piano abbastanza strutturato di celebrazione dell’anniversario della fondazione del brand con attivazioni, mostre, materiali a stampa e via dicendo. In un’intervista a WWD, Cheng è sceso in maggiore dettaglio: rinnovato focus sugli essentials commerciali da poter includere nel guardaroba, capsule collection, una collaborazione con Nike, una seconda con Audemars Piguet ma anche, parrebbe di leggere tra le righe, il desiderio di stabilirsi con un piede nel lusso ma con l’altro in un mercato più giovanile e democratico che riempia il vuoto creatosi in questi anni tra brand di high street dal prezzo medio-basso. L’enfasi di Cheng nel parlare dell’indipendenza del brand, della ristrettezza del team e della community fa pensare a una sorta di ristrutturazione creativa di 1017 Alyx 9SM come anche l’idea di aprire negozi in dieci città e presumibilmente spingere una maggiore penetrazione del brand in un mercato asiatico in cui le vendite del lusso iniziano a zoppicare significherebbe farne un brand di ben altra forza e impatto. La sensazione, comunque, è che dal punto di vista aziendale/imprenditoriale il brand sia passato in altre mani, anche se Williams adesso dovrà impegnarsi a riportarlo all’eccitante lustro di un tempo.

Il successo oltreoceano di Jerry Lorenzo

Così come 1017 Alyx 9SM si prepara al suo vicino anniversario, l’anno scorso è stato Fear of God a festeggiare un decennio di affari. Lo ha fatto, oltre che con uno show all’Hollywood Bowl, con un nuovo CEO, proveniente da Pacsun, l’americano Alfred Chang che, parlando per la prima volta alla stampa, ha detto che le revenue del brand girano intorno ai 200-300 milioni di dollari annui. Per i prossimi dieci anni l’obiettivo è di arrivare prima a mezzo miliardo di revenue annuali e poi puntare all’agognato traguardo del miliardo annuale. Anche in questo caso il brand, che per il momento rimane nelle mani di Jerry Lorenzo, pianifica di allargare il team, aprire negozi propri e, come si può intuire dall’ultima collezione FW24 di gennaio, di far evolvere il  brand in una direzione di sartoria extra-lusso tutta americana. Una nota importante: come notato dallo stesso CEO, la gran parte dei profitti di Fear of God rimane in America mentre una restante parte è divisa tra l’Europa e la Cina.

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Il che dimostra come, dopo aver collaborato con Zegna e aver stabilito diversi contatti con il mondo della moda europea, Lorenzo è rimasto (a differenza, poniamo, di Mike Amiri) un fenomeno prettamente americano. Anche nel suo caso, la produzione del brand è articolata in una linea principale di capi di lusso e linee come “Loungewear”, “Athleisure” e “Essentials” di capi più commerciali e di prezzo medio che alimentano la marcia delle vendite. Non bisogna pensare a queste linee come a qualcosa di negativo: sono proprio loro che consentono al brand di mantenere una linea top di gamma ma anche di poter interagire con una audience più giovane e meno danarosa che però è ancora capace di accostarsi al brand e farne un fenomeno popolare. Una versione riuscita del lungo esperimento che i brand di moda europei fecero con le loro seconde linee, dette appunto linee di diffusione di cui oggi poche sopravvivono tra cui Emporio Armani, Versace Jeans Couture e See by Chloè. 

La strada personale dei pupilli di Ye

Diverso è il caso di Samuel Ross, fondatore di A-COLD-WALL* che, un anno e mezzo fa, dichiarava che le revenue del suo brand fossero triplicate tra 2019 e 2022 e che continua a firmare collaborazioni con Converse, Timberland, Hublot e Nike, tra gli altri, dopo essere divenuto il principale consulente di design di Beats by Dre. Le cose insomma vanno molto bene a Ross, ed è anche giusto così considerati i numerosissimi talenti del designer che ha pure presentato una mostra dei propri dipinti a Londra. La sensazione con Ross è che, dopo avere sperimentato con un format di brand “da fashion week”, abbia deciso di proseguire in una maniera maggiormente indipendente: le sue collezioni, ad esempio, non appaiono su Vogue Runway ma direttamente sui canali del brand, non partecipa alla fashion week di Londra o di Milano e in generale dopo un momento di iniziale viralità si è assestato nella propria nicchia. Più o meno stesso discorso si può fare con Heron Preston, il cui brand ha seguito una simile parabola, e che adesso è il consulente/collaboratore di punta di H&M e adesso si muove tra diverse collaborazioni, di recente con Zellerfeld e il progetto L.E.D. Studio. Sono invece migliorate di molto le cose per Mowalola Ogunlesi, invece, che oltre a essere rimasta nel circolo ristretto di Kanye è diventata a sua volta una delle designer più amate della London Fashion Week e, nel corso del tempo, anche uno dei nomi di punta del calendario della programmazione inglese, oltre che una delle designer emergenti più riconosciute della scena.

Fare sistema?

Tutti e cinque i principali “pupilli” di West, insomma, sembrano avere trovato una posizione di preminenza nell’industria della moda, ma dopo la scomparsa di Virgil Abloh (uno spartiacque largamente simbolico, è chiaro) e dopo la pubblica caduta di Kanye West quella che sembrava essere una squadra coesa o comunque un movimento vero e proprio ha visto perdere quella rilevanza che, proprio intorno al 2015, aveva portato tutti i suoi membri a essere protagonisti delle fashion week mondiali, i loro prodotti apparire nei reportage di street style, facendo presagire l’avvento di nuove stelle “fisse” nel firmamento dell’industria. Le cose sono andate diversamente: dopo un’iniziale fase esplosiva, la novità che i pupilli di West rappresentavano ha lasciato un segno ma si è esaurita, scontrandosi forse anche con le logiche di un sistema che diverse crisi economiche e l’andamento della geopolitica hanno reso ancora più impietose. Però come i brand di Williams e Lorenzo, anche quelli dei pupilli di Kanye stanno per compiere il loro anniversario (A-COLD-WALL* è del 2015, Heron Preston e Mowalola del 2017) e dunque, giunti a questo traguardo, potrebbe iniziare il processo della loro storicizzazione e del loro ingresso nella Hall of Fame della moda d’archivio. E celebrare un anniversario può sempre essere il momento di inaugurare un nuovo corso. Françoise Marithé + Girbaud è rinato proprio così del resto, cavalcando l’onda dei nostalgici e dei collezionisti ma anche quella del suo spessore storico, che è apparso necessariamente in maniera cumulativa e retrospettiva, dopo anni.

Ma sarebbe profondamente sbagliato e riduttivo dire che la loro fama è nata e morta con l’ondata streetwear: oltre a essere tutti in piena attività, hanno aperto la strada a generazioni di creativi ancora più giovani che, invece di farsi notare grazie al veicolo mediatico di Kanye West, arrivano a posizioni di preminenza con percorsi più tradizionali e interni all’industria. In questo senso la loro rivoluzione culturale è stata avviata  e assimilata dalla cultura mainstream - ma perchè al prezzo della rilevanza globale dei singoli designer? La verità è forse che quel gruppo aveva forza facendo sistema e aggregandosi intorno a Donda e, venuta meno la forza centripeta del nucleo centrale, ognuno di loro ha seguito una strada propria, com’è giusto che sia d’altronde. Ora hanno tutti meritatamente trovato la propria fortuna e ne speriamo ne trovino anche di più in futuro ma quella promessa di rifare il sistema da capo a piedi, di portare una ventata di novità in un meccanismo vecchio di almeno un secolo non sembra volersi verificare.