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Il panorama del lusso sta cambiando di nuovo

Cali nelle spese, nuove forme di comunicazione e sfide per il retail

Il panorama del lusso sta cambiando di nuovo Cali nelle spese, nuove forme di comunicazione e sfide per il retail

Con l’uscita del nuovo report trimestrale, LVMH ha registrato un rallentamento nella crescita delle vendite nel terzo trimestre di quest'anno. Un calo verificatosi a causa dei consumatori che hanno iniziato a stringere la cinghia su spese voluttuarie come abiti di lusso, resort a cinque stelle ed esose bottiglie di cognac. In breve, le vendite ridotte sono una chiara indicazione che il boom del lusso post-pandemia sta gradualmente perdendo slancio. Secondo il report del mega-gruppo, il fatturato organico della sua cruciale unità di moda e pelletteria, che comprende marchi iconici come Louis Vuitton e Christian Dior, ha registrato un aumento del 9%. Tuttavia, tale cifra è rimasta al di sotto dell'incremento del 11,2 % previsto dagli analisti. Ma la vera emorragia è altrove: le vendite nell'unità dei vini e liquori hanno subito una battuta d'arresto significativa, con una diminuzione del 14%, un risultato molto peggiore del previsto.

Questo cambiamento può essere attribuito al fatto che il recupero dell’economia cinese non è stato all’altezza delle aspettative e la domanda da parte dei consumatori statunitensi si è indebolita. Il conglomerato del lusso ha persino rinunciato al suo titolo di azienda più valutata d'Europa il mese scorso, scalzata dalla società farmaceutica Novo Nordisk A/S. L'impatto di queste sfide è evidente nell'andamento delle azioni di LVMH che hanno registrato un calo di quasi il 20% rispetto al record storico di aprile, anche se va sottolineato che le azioni sono comunque aumentate del 7,9% quest'anno. Nel quadro generale, però, l'intero gruppo LVMH è riuscito a registrare una crescita del fatturato organico del 9% nel terzo trimestre. Anche se questo è comunque un dato positivo, le previsioni sono rimaste disattese. È chiaro che il resto del mercato del lusso guarda a LVMH come una cartina tornasole della salute del settore intero – anche se per un’anamnesi più completa servirà di certo aspettare i risultati di Hermès e di Kering che arriveranno nelle prossime settimane. Purtroppo, il settore del lusso non è immune alle mutevoli maree della domanda dei consumatori che in effetti, influenzati dalle condizioni economiche e protagonisti di un nuovo ecosistema digitale. Proprio tali cambiamenti sono il soggetto di un report da poco presentato dalla società Manhattan Associates Inc., un’azienda tecnologica leader nel settore della supply chain e nel commercio omnichannel, basata su interviste a 6000 consumatori e 1150 manager del settore.

Cosa sta cambiando per retailer e consumatori

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Il report di Manhattan Associates Inc. ha rivelato che i consumatori stanno sempre più utilizzando e-mail e social media per relazionarsi con i brand. Questa tendenza riflette l'evoluzione delle modalità di comunicazione e interazione con le aziende. Come afferma il rapporto, «gli acquirenti si aspettano che tutti i touchpoint siano connessi, agevoli e sempre più personalizzati». Questo mette in luce l'importanza per i retailer di adattarsi a alle nuove forme di comunicazione per soddisfare le aspettative dei clienti. La ricerca ha anche spiegato che la convenienza è diventata il primo parametro per gli acquisti, superando addirittura la sostenibilità. Questo cambiamento nelle priorità dei consumatori è influenzato dal costo della vita e ha un impatto significativo sulle strategie dei retailer. Una delle sfide principali che i retailer stanno affrontando è la visibilità dello stock. Il rapporto indica che solo il 70% dei retailer ha un'indicazione accurata delle scorte in tutta la loro attività. Questo può portare a problemi come scorte inutilizzate o svalutate. Secondo Henri Seroux, SVP EMEA di Manhattan Associates, «non sapere dove si trova un terzo del proprio stock, o che cosa si ha a disposizione, significa essere in possesso di molte scorte che non vengono vendute, che vengono svalutate o, nel peggiore dei casi, buttate via». Per affrontare questa sfida, i retailer devono avere accesso a dati accurati e soluzioni flessibili per migliorare la gestione delle scorte e la customer experience. I consumatori desiderano un'esperienza di shopping senza interruzioni che sia connessa tra i canali online e offline. Tuttavia, il rapporto sottolinea che il 16% dei retailer continua a gestire le operazioni in-store e online come funzioni separate.

Ciò indica che c'è ancora margine di miglioramento per offrire un'esperienza omnichannel più fluida. Secondo Natalie Berg, retail analyst, «il ruolo dello store fisico si evolve al di là della semplice transazione, anche il compito dei collaboratori deve andare oltre la mera assistenza alla vendita». Berg sottolinea l'importanza di dotare i collaboratori di tecnologie e dati accurati per migliorare il servizio ai clienti. La ricerca indica che solo il 45% dei consumatori considera la sostenibilità un fattore importante quando sceglie dove fare la spesa, in calo rispetto al 50% dell'anno precedente. Tuttavia, le generazioni più giovani sono più sensibili alla sostenibilità, con il 55% dei giovani tra i 18 e i 24 anni che la considera una condizione fondamentale o importante. Il rapporto evidenzia anche l'importanza dell'unificazione del commercio omnichannel e della supply chain per affrontare l'impatto ambientale a lungo termine del consumismo incontrollato. È importante che i retailer rimangano flessibili e agili, in grado di reagire ai cambiamenti in tempo reale per soddisfare le esigenze dei clienti. Come dichiara Henri Seroux: «Grazie all'accesso a dati accurati, i retailer possono mettere nelle mani dei loro collaboratori informazioni utili, consentendo loro di valorizzare il percorso d'acquisto unico di ogni cliente»