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È ancora Gucci

Le reazioni al debutto di Sabato De Sarno, spiegate

È ancora Gucci Le reazioni al debutto di Sabato De Sarno, spiegate

Forse nessuna collezione ha diviso il pubblico quanto il debutto di Sabato De Sarno da Gucci, lo scorso venerdì. Originariamente concepito per andare in scena nelle strade di Brera, lo show è stato spostato per pioggia all’interno del Gucci Hub. Lì De Sarno ha mostrato una collezione che a tutti gli effetti fungeva da ri-centramento dell’estetica generale del brand a partire dalla definizione di un guardaroba essenziale, gettando le fondamenta di un lavoro che andrà poi ad ampliarsi seguendo la nuova direzione creativa del brand. Ora, quando le aspettative per uno show sono così alte (e nientemeno che per un brand tanto leggendario quanto Gucci) è difficile che il risultato finale si adegui a esse – anche senza disattenderle.

Cosa pensano i buyer della nuova collezione Gucci? 

Di tutto quello che s’è detto della collezione, con i giudizi forse affrettati di chi si era già assuefatto ai fuochi pirotecnici della passata era del brand, una frase è continuata a ricorrere: «Certo, di sicuro venderà». Nel mezzo di tante elucubrazioni, che spesso poi si fermano sul piano della stampa, la certezza che la collezione sarebbe piaciuta ai clienti del brand è stata condivisa da tutti. E in effetti i segnali positivi si sono avvertiti immediatamente: le azioni del brand sono salite del 4% in un giorno soltanto mentre in un recentissimo articolo di WWD si è parlato della soddisfazione dei buyer. In particolare Linda Fargo di Bergdorf Goodman, definendo i pezzi della collezione «le unità fondamentali» della nuova identità del brand, ha detto che «le trovate pubblicitarie della moda e la provocazione sono andate in pausa». Un commento che riecheggia quella situazione comune a tutti gli sforzi creativi commerciali (anche al cinema o nella musica per esempio) in cui il successo di pubblico e di vendite procede in un’altra direzione rispetto alla soddisfazione di critici che spesso giungono ai propri giudizi attraverso una serie di pregiudizi.

La nuova collezione Gucci di Sabato De Sarno guarda al passato del brand? 

Come dicevamo, dopo sette anni di esuberanza creativa totale (jeans pre-sporcati di erba, collant smagliati, giacche con la scritta “Hollywood Babylon” in paillettes sulle spalle, jogger logati verde fluo) che avevano già stancato la critica è chiaro che andasse dato un segnale, se non di svolta completa, almeno di ritorno alla realtà: Gucci è un brand ormai secolare, che per lunghi decenni ha parlato un linguaggio che è sì quello di un’opulenza impenitente, ma anche quello di una cultura jet-setter che si alimenta di stili distintivi ma senza tempo – è un’esclusività che si fa vedere ma non notare, un significante della cultura pop che mantiene il proprio fascino proprio in quanto significante, archetipo di una certa visione del lusso. Quando il brand entrò nella sua crisi profonda tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, prima dell’arrivo di Dawn Mello e in seguito di Tom Ford, fu proprio perché la famiglia originale aveva concesso licenze a oltranza fino a diluire il peso culturale di quel significante, spargendo loghi e monogrammi sui prodotti più banali. Con Mello prima e Ford dopo il ritorno alla forma fu strabiliante e, forse molti non lo ricorderanno, ma la primissima collezione di Ford, la SS95, tutta stample floreali, cardigan e gonne vaporose, non venne affatto accolta bene dalla critica e Ford meditò persino di andarsene prima di tornare con la nuova silhouette sexy una stagione dopo a conquistare il mondo intero. La storia continua a ripetersi, in breve, dimostrando che definire i contorni dell’entità che è Gucci non è un compito semplice – ma all’epoca bastava una semplice sfilata mentre, adesso, il brand ha voluto riaffermare l’identità del marchio attraverso una strategia cross-settoriale. Ma come lo ha fatto?

Come è cambiata la comunicazione di Gucci dall'addio di Alessandro Michele?  

Al di là dello show e del re-see della collezione, lo spirito fondamentale della strategia messa in atto da Gucci è stata quella di un ritorno alla realtà, alla concretezza e all’autenticità – tutte cose che rivelano il proprio valore nel tempo e la cui impressione è meno immediata e stupefacente ma anche meno superficiale. Ma la sottigliezza è da ammirare: letteralmente ogni party-goer della fashion week parlava, all’indomani dell’after-party di Gucci, di come il brand fosse stato l’unico a non chiudere i propri celebrity guests nell’acquario di un privè. Una mossa forse impercettibile ma fondamentale dato che segnala agli addetti ai lavori come l’esclusività del brand sia ora comunicabile, visibile ma non notabile, come si diceva. Il video di Paul Mescal, Jessica Chastain e Ayo Edibiri che ballano alla festa insieme a tutto il resto del pubblico ha fatto più pubblicità al brand e alla sua attitudine positiva più di qualunque dichiarazione alla stampa: le stelle erano letteralmente scese dal cielo. Ovviamente la cosa non si è fermata qui.

Rosso Ancora sta avendo successo? 

Dai tram alle edicole ricoperte del Rosso Ancora del brand (colore, tra parentesi, ripreso dalle tappezzerie dell’Hotel Savoy in cui Guccio Gucci ebbe la propria illuminazione sulla fondazione del brand) passando per le gelaterie, la galleria pop-up in Brera e persino le bottiglie di Franciacorta logate all’after-party tutto rientra in una dimensione partecipativa ed esperienziale che, senza usare troppi paroloni, continua a riferirsi a una ritrovata autenticità del brand che, disceso dai suoi empirei filosofici per clarsi al fianco delle persone reali. Non che prima non lo fosse: ma c’è un nuovo direttore creativo ora, una nuova era del brand è iniziata e bisogna segnalarlo in maniera concreta. Il fatto che il contenuto del messaggio sia proprio questa concretezza aiuta certamente a consegnare il messaggio. Un’esigenza di concretezza che si esprime persino nel metaverso, il regno del virtuale per eccellenza: il brand ha messo al primo posto l’accessibilità rendendo disponibile lo show su tre piattaforme diverse simultaneamente. Per quello che riguarda i frutti di questa strategia, non c’è alcun dubbio che servirà del tempo, ma non tarderanno ad arrivare. Dopotutto Roma non è stata costruita in un giorno ma il messaggio è inequivocabile: Gucci è ancora Gucci.