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Alla Milan Fashion Week serve davvero un giorno in più?

A dirla tutta, ce ne sarebbe già uno del tutto inutilizzato

Alla Milan Fashion Week serve davvero un giorno in più? A dirla tutta, ce ne sarebbe già uno del tutto inutilizzato

Si è abbastanza discusso, questo weekend, sulle affermazioni di Carlo Capasa, presidente del CNMI, pronunciate al termine della classica conferenza di presentazione del programma della Milan Fashion Week incipiente. «Non riusciamo più a trovare slot per le sfilate, c’è una densità pazzesca», ha detto Capasa. «Stiamo parlando con le altre fashion week per avere un giorno in più a inizio settimana». In, effetti, quest’anno la Milan Fashion Week sarà assai densa di impegni: 62 sfilate fisiche e 72 presentazioni in cinque giorni – al confronto, Parigi ne avrà nove con appena cinque sfilate in più e molte meno presentazioni. Le affermazioni di Capasa, in realtà, sono giuste: l’affollamento totale del calendario della fashion week comporta, quasi programmaticamente, accavallamenti e ritardi con show che iniziano un’ora dopo il previsto, VIP e celebrità varie che si presentano agli orari stabiliti da loro, e un numero enorme di eventi che rendono i giri della fashion week più simili a una corsa a perdifiato. Anche la Copenhagen Fashion Week di recente ha aggiunto un giorno alla propria programmazione che però, avvenendo d’estate, non ha comportato enormi manovre strategiche. Ma quindi serve davvero un giorno in più? 

I giorni inutilizzati della programmazione

@cameramoda Behind the scenes of Milano Fashion Week Campaign for the Women’s Spring/Summer 2024! (Sept 19-25) Follow us for all the updates on #MFW ! #behindthescenes #dietrolequinte #italianfashion #fashiontiktok #milanfashionweek #milanofashionweek #TikTokFashion #FashionMonth #foryoupage (It Goes Like) Nanana - Edit - Peggy Gou

Quando si apre il calendario della Milan Fashion Week redatto dal CNMI, è difficile non notare che sulla carta i giorni sono sette, ma quelli effettivamente dedicati a incontri dal vivo sono soltanto cinque. E che succede dunque in quei due giorni “vuoti”? Il primo è dedicato a Milano Moda Graduate e all’inaugurazione del CNMI Fashion Hub, due eventi importanti per designer e brand emergenti, mentre il lunedì del 25 è dedicato agli show digitali. Con un pizzico di cinismo, però, potremmo quasi dire che sono davvero pochissime le persone che guardano effettivamente quegli show digitali, resi di fatto i fanalini di coda di una settimana assai stressante e protagonisti di una giornata di intermezzo che, per la quasi totalità dell’industria, rappresenta il giorno di tregua durante il quale spostarsi a Parigi per la prossima fashion week. In breve: il giorno in più invocato da Capasa esiste già e, considerato come il primo giorno sia già dedicato a designer emergenti e occupato da solo due eventi, basterebbe forse spostare gli show digitali al primo giorno più interlocutorio, e impiegare effettivamente l’ultimo giorno che la programmazione di Milano ha già a disposizione decomprimendo il resto di una programmazione già piena all’inverosimile e che in certi casi include show serenamente trasformabili in una classica presentazione.

La Milan Fashion Week ha show di troppo?

Questa è forse la domanda più rischiosa che si possa fare. Osservando il pienissimo calendario della prossima edizione, non è difficilissimo notare un buon numero di show che suscitano un interesse soltanto parziale. È chiaro che nel caso di nuovi designer emergenti l’opportunità di poter sfilare è qualcosa di fondamentale, e che in fondo il mito della fashion week si basa proprio su chi riesce ad accedere alla programmazione degli show per presentare le proprie creazioni. Non di meno, la differenza tra eventi ad alto profilo mediatico e altri appuntamenti più indipendenti quest’anno si è fatta sentire: due giorni fa, ad esempio, Francesca Liberatore ha annunciato (con grande maturità, potremmo dire) di rinunciare al proprio slot domenicale, compresso tra lo show di Armani e il red carpet dei Sustainable Fashion Awards per sfilare fuori calendario martedì 19 settembre – proprio il primo giorno ufficiale ma ufficiosamente vuoto della fashion week. Il motivo dichiarato è semplice: «La mia priorità è permettere al pubblico di giornalisti, fotografi e appassionati di essere fisicamente presenti e godere dell’esperienza prodotta dal lavoro di mesi di un’intera filiera Made in Italy». 

In altre parole, ed esprimendo tutta la stima possibile a Liberatore per la lucidità della propria scelta che sicuramente non sarà stata facile, il problema sta proprio qua: tra lo show di Armani e i Sustainable Fashion Awards, molti giornalisti e invitati semplicemente non si sarebbero presentati. Non è certo un mistero che moltissimi membri della stampa e addetti ai lavori tengono moltissimo agli show dei grandi nomi mentre trascurano apertamente altri designer indipendenti secondo un sistema di valutazione implicito ma ben intuibile la cui esistenza è il proverbiale segreto di Pulcinella. È chiaro che a questo punto è difficile capire chi abbia diritto di precedenza: di fronte alla presenza di una serie di show di cui, per dirla senza mezza termini, non importa niente a nessuno è compito del CNMI stabilire cosa deve essere una sfilata e cosa invece una presentazione? O è compito dei designer indipendenti stessi, come Liberatore, cedere il passo ai mega-brand internazionali quando la programmazione volge al loro sfavore? In un mondo in cui gli show sono più eventi mediatici che esposizioni di abiti, quali show di quali brand è davvero necessario avere? Ma soprattutto è giusto che una designer indipendente italiana debba sfilare fuori calendario, rinunciando alla piattaforma della Milan Fashion Week che, almeno in linea teorica, esiste precisamente per promuoverla? E la programmazione stessa non sarà anche troppo piena di progetti e manifestazioni extra-sfilate solo performativi che verranno dimenticati poche ore dopo? Noi dobbiamo però possiamo solo porre domande, non possiamo fornire le risposte.