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Cosa ci dice il plagio di GCDS da parte di Shein sulla nostra percezione della moda

Dalla difesa della proprietà intellettuale alla fomo consumistica

Cosa ci dice il plagio di GCDS da parte di Shein sulla nostra percezione della moda Dalla difesa della proprietà intellettuale alla fomo consumistica

Che le catene di Fast Fashion copino le creazioni di grandi e piccoli designer realizzando prodotti usa-e-getta in base ai trend non è di certo una novità. Il designer Giuliano Calza, come molti suoi colleghi nella stessa situazione, ha deciso di fare call-out a Shein condividendo un post di denuncia sul suo profilo instagram e allegando immagini del suo design, il celebre tacco scultura a forma di morso, in versione low cost. Li chiamano dupe, copie a basso costo di prodotti high-end alimentate da piattaforme come TikTok, un plagio che tocca ogni settore, cosmesi compresa. Il principale fautore della dupe culture è sicuramente Shein, il gigante cinese dell’ultra fast-fashion che fa notizia quasi giornalmente sui media e nei tribunali per aver riprodotto creazioni di terzi senza consenso. Ma il centro della questione è, forse, proprio questo: il fatto che vedere i creativi privati del proprio lavoro senza alcun riconoscimento o compenso sia diventato del tutto normale. 

È stato così per i completi Pleats Please di Issey Miyake riprodotti lo scorso anno da Zara e per gli orecchini a goccia di Bottega Veneta riproposti da Mango questa stagione e nel caso di Shein, solo per citarne alcuni, dei design degli emergenti Chet Lo e Bailey Prado. Questa volta è toccato ad un item amatissimo dalle star, Kylie Jenner compresa, le scarpe con tacco scultoreo firmate GCDS che hanno raggiunto una popolarità tale da spingere Calza ad allargare il range di taglie e numeri per includere anche il pubblico maschile. Un design originale e di successo che non è di certo sfuggito al radar di Shein che giornalmente ricerca e produce nuove copie di item celebri: «È veramente un abuso ed è doloroso. Non solo [Shein, ndr] sta uccidendo il pianeta per consentire prezzi così bassi, ma trovo offensivo il furto di idee, del sudore e del duro lavoro di mesi per realizzare qualcosa di nuovo.» Il post su Instagram prosegue con foto dei sandali incriminati e un appello al pubblico: «Solo voi potete fermarli! Se volete far sopravvivere la creatività, non prendete parte al loro gioco.» Da quando il designer ha denunciato l'articolo di Shein sul suo account, il dupe è stato rimosso dal sito di rivendita del negozio. Ma oltre alla legittima denuncia sporta da Calza per la riproduzione non autorizzata delle sue creazioni, un ulteriore fattore ha amplificato il dibattito sulla percezione della creatività nella moda. Centinaia di commenti hanno giustificato il brand fast fashion incolpando GDCS di adottare un price point troppo alto per il pubblico. In questo modo Shein è apparso quasi come un Robin Hood proletario, pronto a regalare grandi design alle massa per poche decine di dollari, una tesi semplicistica e pericolosa che ignora i danni ambientali e umani che aziende come il colosso del fast fashion adducono giornalmente al pianeta e alla società. Allo stesso modo però, come fatto notare da più di un utente nei commenti, lo stesso brand nel momento in cui punta il dito su aspetti come la sostenibilità e la filiera manifatturiera di una realtà come Shein (in questo senso un bersaglio fin troppo facile) dovrebbe essere in grado di dimostrare la propria estraneità a tutte quelle pratiche che da sempre contraddistinguono fin troppi brand. Anche i più insospettabili.

«Chi diavolo ha 900 dollari da spendere in scarpe al giorno d'oggi? La maggior parte si preoccupa della spesa o dell'affitto e non attinge ai risparmi per comprare un paio di scarpe col tacco»- commenta un utente. «Dare la colpa alle persone che non possono letteralmente permettersi di acquistare i vostri modelli e decidono di optare per opzioni più economiche è davvero fuori dalla realtà. Bisogna accettare il fatto che non tutti (la maggior parte della popolazione) hanno accesso al lusso e probabilmente non lo avranno mai. Non sono mediocri perché non sono in grado di pagare i prezzi elevati dei marchi di lusso. State facendo più soldi con questi spettacoli che con tutti i soldi che vedranno mai nella loro vita aggiunge un altro utente.» Calza, difatti, nel suo post si sofferma anche sulla questione dei prezzi: «A quelli che mi chiedono perché le mie [scarpe] non costano così poco… perché io rispetto i lavoratori, i salari e uso una filiera di materiali etici».

Partendo dal presupposto che una scarpa con tacco scultura a forma di morso non è un bene di prima necessità a cui tutti dovrebbero aver accesso per poter mandare avanti le proprie vite, il discorso sull’accessibilità economica nella moda appare, in questo caso, nuovamente problematico. Se per opere d’arte canoniche e brani musicali il plagio viene comunemente accolto come una violazione intellettuale significativa, la creatività nella moda passa spesso in secondo piano, cedendo il passo al prodotto, probabilmente per la natura quotidiana dell’utilizzo che facciamo di capi, accessori e calzature. Se il tacco GCDS fosse stato un quadro forse avremmo  gridato all’oltraggio. Nessuno avrebbe mai osato dire che ciascuno di noi ha diritto alla Guernica in casa, forse proprio perché nessuno di noi si sognerebbe mai di indossare la Guernica. I brand di fascia alta inaccessibili ai più esistono da tempo ed esisteranno ancora per molto, ma è la nostra fomo consumistica ad essere degenerata, alimentata dalla dialettica dei social media, del fast fashion, dai trend che a ritmi epilettici muovono il mercato, che ci portano a credere che davvero il dupe di un prodotto lussuoso potrà migliorare la qualità delle nostre vite. Spesso ci dimentichiamo che la moda (a differenza dell'abbigliamento) è talvolta anche arte, sicuramente frutto di creatività, e come tale va rispettata. E della riproduzione illegittima di un design a 20 dollari nel nostro armadio non abbiamo nessun bisogno né diritto naturale (anche quando gli influencer vogliono farci credere il contrario).