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Chi sono i nuovi collezionisti della moda d'archivio?

Li accomuna pazienza, perseveranza, una fitta rete di conoscenze (e molti soldi)

Chi sono i nuovi collezionisti della moda d'archivio? Li accomuna pazienza, perseveranza, una fitta rete di conoscenze (e molti soldi)
Michael Kardamakis interviewed by The Unknown Vlogs
Zendaya in Valentino SS92
Rihanna wearing John Galliano SS02
Kendall Jenner wearing JPG SS94
Iris Law in Versace HC 2003
Rihanna in Gucci pants SS99
Rihanna in monogram Gucci shirt from FW97

Perché siamo ossessionati dal collezionare oggetti? Forse per nostalgia, compulsione, o per lo status symbol che genera possedere qualcosa che nessun altro può avere. Fatto sta che oggi i più accaniti sostenitori della moda d’archivio, ancora prima delle celebrity e ancor più dei brand stessi, sono i collezionisti privati. Scovare una camicia di seta monogram di Tom Ford per Gucci è più rilevante dell'ultima uscita di Supreme, una tendenza che segnala una visione della moda svincolata dall’eterno ciclo dei trend o dai moderni trucchi di marketing dei grandi marchi. La Gen Z condivide i propri thrift sotto l'hashtag #ArchiveFashion, che ha avuto oltre 427 milioni di visualizzazioni su TikTok, mentre gli account di negozi vintage come Studded Petals accumulano centinaia di migliaia di follower. Nel suo rapporto del 2021, The Real Real conferma il crescente interesse per gli abiti d'archivio, dimostrando che in ogni categoria del sito, dagli orologi alle borse al prêt-à-porter, i venditori hanno guadagnato più dell'anno precedente in articoli vintage, con una crescita  delle vendite del +67% tra la prima e la seconda metà dell'anno, con marchi come Jean-Paul Gaultier, Issey Miyake e Versace che hanno registrato enormi picchi per gli articoli originariamente rilasciati negli anni '90.

Rihanna in monogram Gucci shirt from FW97
Zendaya in Valentino SS92
Rihanna wearing John Galliano SS02
Kendall Jenner wearing JPG SS94
Iris Law in Versace HC 2003
Rihanna in Gucci pants SS99

Cosa si intende per moda d'archivio? Secondo una definizione di Mears del FIT riportata da Vogue Business «tra le caselle da spuntare ci sono: un capo realizzato esclusivamente per la passerella, un modello indossato da una star importante o che ha ricevuto un'enorme attenzione da parte del pubblico, un pezzo significativo nella storia di un marchio.» Seguendo questi dettami, una nuova generazione di collezionisti privati è sul punto di monopolizzare la moda d’archivio, competendo con musei, fondazioni e stilisti stessi. Sono personalità come Stephanie Seymour, la supermodella, fan accanita della designer Azzedine Alaia che per il suo matrimonio ha deciso di indossare un abito dell’omonimo brand coordinato con quello della sua damigella d’onore, Naomi Campbell. Adrian Appiolaza è invece un designer che custodisce come un tesoro alcuni degli item più rilevanti mai creati da Comme Des Garçons, dal "Body Meets Dress, Dress Meets Body" di Rei Kawakubo all’"Hiroshima chic" dei primi anni '80. Il giornalista Alexander Fury è un compratore compulsivo quando si tratta di capi firmati John Galliano, mentre Daphne Guinness, modella e musicista, nasconde una passione per Alexander McQueen. Allo stesso tempo Michael Kardamakis, recentemente intervistato da The Unknown Vlogs, è il fondatore di ENDYMA, un archivio di moda che comprende designer del calibro di Raf Simons, Rick Owens, Junya Watanabe oltre ad essere il possessore della più estesa collezione di abiti Helmut Lang. Neil Leonard di Lab2022 ha recentemente raccontato a Vogue.uk la sua passione per l’archivio Gucci firmato Tom Ford, David Casavant invece a 30 anni affitta la sua vasta collezione a celebrità come Solange, Lorde, Kim Kardashian e Travis Scott, dopo aver usato per un decennio il denaro ereditato dai suoi genitori per setacciare eBay alla ricerca di moda usata. Emblematico è il caso di Sandy Schreier che a Detroit conserva la più grande collezione privata di moda degli Stati Uniti, ha più volte prestato item al Metropolitan Museum of Art e compie regolarmente donazioni, come i 165 articoli elargiti al Costume Institute.

Un tempo il collezionismo di moda era un'attività marginale: prima dell’e-commerce, i pezzi più rari venivano solitamente venduti presso le case d'asta, acquistati da una manciata di altri ricchi collezionisti o da musei specializzati. Ma la corsa all'acquisto di pezzi da collezione si sta intensificando, tutti chiedono a gran voce di poter mettere le mani su oggetti rari grazie ad un accesso facilitato da una serie di nuovi siti web e applicazioni. Anche se per competere con i grandi collezionisti il capitale è necessario - un abito Haute Couture Valentino può costare più di 45.000 dollari - il panorama è cambiato drasticamente. «Spesso siamo in competizione con i privati per gli stessi pezzi - ha dichiarato Jessica Regan a BOFcuratrice associata del Costume Institute - i prezzi degli oggetti di moda da collezione sono aumentati del 400% dal 2014 con un mercato digitale che rappresenta circa 5.000 case d'asta secondo i dati pubblicati da Bloomberg. Un bomber mimetico di Raf Simons, che nel 2001 veniva venduto a poche migliaia di dollari, può raggiungere i 42.000 dollari».

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La moda, alla stregua dell’arte o dell’antiquariato, può essere selezionata ed esposta. L’archivio funge da ispirazione per gli stilisti, celebra le epoche d’oro dei brand e ne registra la storia. Può rivelarsi uno strumento prezioso per i team di marketing, per aumentare la consapevolezza attraverso partnership di vendita al dettaglio, funge da materiale per le mostre museali o quando si tratta di vestire una celebrità, ma non solo. Alcuni marchi organizzano "saldi d'archivio" in cui svendono i capi delle stagioni passate per liberarsi delle scorte in eccesso invendute e alimentando le attenzioni dei veri appassionati. Come in un complesso narcisistico la moda si autogenera vedendo nel proprio passato il riflesso delle collezioni future e vice versa, mentre i collezionisti, nell’era del tutto e subito, della produzione di massa e dall’abbondanza, riscoprono l’arte della pazienza nel ricercare un paio di Mary Jane di Prada degli anni ‘90, aspettando per anni di reperirle all’asta e finendo per trovarle, per caso, in un modesto second hand a Piccadilly. Pazienza, perseveranza, una fitta rete di conoscenze (e molti soldi): il collezionismo è sempre più mainstream.