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5 cose da ricordare sulla vita di Issey Miyake

Dai sacchi di patate al plissé

5 cose da ricordare sulla vita di Issey Miyake Dai sacchi di patate al plissé

Se ne è andato in silenzio Issey Miyake, morto a 84 anni lo scorso 5 agosto in un ospedale di Tokyo per un grave tumore al fegato. Dei suoi colori, delle sue forme e della sua sperimentazione acrobatica con i tessuti, ne sentiremo per sempre l’eco. Una nota del gruppo Issey Miyake ha espressamente evidenziato che, per volontà dello stesso stilista, non ci saranno commemorazioni o funerali.  Miyake aveva un’affinità con l’idea di memoria e di heritage che non fu così facile da plasmare: i giapponesi definirono gli abiti della sua prima collezione presentata a Tokyo dei «sacchi di patate».

Eppure,  aveva aperto una finestra sul mondo orientale che gli occidentali iniziarono a osservare in maniera più attenta. In questo scenario di definizione dell’archivio nipponico, Miyake è uno dei primi a rendersi conto dell'enorme potenziale del fashion design in Giappone e, per questo motivo, fonda il Miyake Design Studio, iniziando a (con)fondere il design occidentale con tecniche di fabbricazione orientali. Dopo il graduale allontanamento dalla sua azienda, non ha mai smesso di dedicarsi alla ricerca nella moda e nel design. È stato anche direttore del museo del design di Tokyo e ha vinto un Compasso d'Oro nel 2014 per le lampade IN-EI Issey Miyake, realizzate in collaborazione con l'azienda italiana di illuminazione Artemide.

Per ricordare il talento incommensurabile del sarto del vento - non c’è tessuto che non abbia piegato a suo piacimento - abbiamo selezionato cinque cose da ricordare sulla sua vita.

 

Le riviste di moda furono la sua prima ispirazione

Affascinato dalla fotografia di moda e dalle riviste occidentali che sua sorella comprava, Issey Miyake alimentava le sue ispirazioni ancora poco strutturate. Eppure, fu un sentore che lo portò dritto all’iscrizione presso la Tama Art University di Tokyo, noto per una lunga tradizione sul design dei tessuti. Qui studiò graphic design e si laureò nel 1964.

 

Ha lavorato per Hubert de Givenchy

Successivamente abbandonò il Giappone per trasferirsi a Parigi e studiare all’École de la chambre syndicale de la couture parisienne, grazie alla quale ebbe l’opportunità di lavorare come apprendista di Hubert de Givenchy nel 1966 e di Guy Laroche (1968) poi. Seppur legato all’haute couture parigina, Issey Miyake avvertiva l’esigenza di aprirsi a  nuove modalità espressive. Comincia presto a cercare nuove opportunità e l’occasione si presenta nel 1969, quando gli viene offerta la possibilità di lavorare come designer da Geoffrey Beene, a New York.

 

Il suo debutto è stato in America

I grandi magazzini di New York, il protagonismo del ready-to-wear, il diffondersi del see now, buy now rendono chiaro a Miyake quanto l’approccio americano sia lontano dalla staticità della couture parigina. In questo contesto, Miyake realizza alcuni campioni di abbigliamento, principalmente t-shirt e abiti con disegni Tebori, eseguiti con una tecnica giapponese simile al tatuaggio e vestiti decorati con il metodo Sashiko, una sorta di ricamo in grado di conferire forza e pesantezza ai tessuti. Alcuni campioni di design di Miyake vengono mostrati alla rivista Vogue USA e al Grande Magazzino Bloomigdale’s: entrambi ne furono enormemente colpiti, al punto che lo store decise al suo lavoro una piccola sezione chiamata “Oriente incontra Occidente“.

È stato il poeta dei tessuti 

Inaugurò un nuovo concetto di modellazione chiamato A-Poc (A piece of cloth), un design thinking secondo cui era necessario usare un solo pezzo di tessuto da avvolgere intorno al corpo, adattandosi ai movimenti e trasformandosi di conseguenza. Per Issey Miyake i vestiti erano metamorfosi allo stato puro.  La sua era un’anima da architetto con un culto per le pieghe così radicato da ammaestrare tutti i materiali in abiti: la sua poetica spaziale ha assunto le forme di un minimalismo strutturale inimitabile. Utilizzò un tessuto povero come il poliestere che, piegato con presse a caldo, garantiva una resa indistruttibile a pantaloni, gonne a tubino e vestiti. Quest’idea di (im)perfezione materica divenne il manifesto della sua linea di  prêt-à-porter nel 1993, la Pleats please by Issey Miyake, la cui poetica trovò nelle acrobazie di ballerini e ginnasti i suoi naturali proseliti.

 

Ha disegnato per Steve Jobs

Fare qualcosa che funzionasse anche nella vita reale era una delle sue ossessioni creative. Le sue collezioni iconiche e senza tempo immortalate dagli scatti di fotografi del calibro di Herb Ritts o di Irving Penn - storica e longeva la loro collaborazione - avevano creato una schiera di adepti sparsi per tutto il mondo. Uno su tutti, Steve Jobs: la classica maglia nera a collo alto che l'mprenditore ha indossato da 1998 al 2011 era una realizzazione A-POC di Issey Miyake. Jobs rimasto affascinato dall’alta tecnologia del sistema, chiese a Miyake di produrre per lui l’iconico dolcevita nero, che indossava ogni giorno.