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Il balletcore non è più una questione di genere

Il trend si prepara a saltare sulle passerelle del menswear?

Il balletcore non è più una questione di genere  Il trend si prepara a saltare sulle passerelle del menswear?
Gucci SS16
Miu Miu SS22
Jamie Bell in Billy Elliot (2000)
Christina Aguilera in Burlesque (2010)
Patrick Swayze & Jennifer Gray in Dirty Dancing (1987)
Jennifer Beals in Flashdance (1983)
Jessica Alba in Honey (2003)
Natalie Portman in Black Swan (2010)
Paso Adelante (2002-2005)
Sean Patrick Thomas & Julia Stiles in Save the Last Dance (2001)
Jenna Dewan in Step Up (2006)
Dries Van Noten SS15
Dries Van Noten SS15
Jil Sander SS20
Palomo Spain FW19
Palomo Spain FW19
Palomo Spain FW21
Versace SS23
Fendi SS22

He was a punk / She did ballet” cantava Avril Lavigne nel lontano 2002, affrontando con una hit mondiale una tematica decisamente scottante per la scena popolare di inizio secolo: la rottura tra il vecchio e il nuovo, una metafora lampante che illustrava la guerra tra le sottoculture cool del momento e le ballerine di danza classica. Circa cinque anni dopo, una ragazza dallo sguardo magnetico e l’acconciatura imponente si aggirava per le strade di Londra nelle sue ballerine sgualcite, tatuaggi da pin up, trucco marcato e skinny jeans. Amy Winehouse, nuova icona soul dall’animo maledetto, si stava affermando con la sua musica struggente e i suoi outfit sopra le righe, dettando i canoni di uno stile sovversivo che mixava top fluorescenti a polsini e ballerine. L’indie sleaze era un’estetica bizzarra ed iper sessualizzante, un trend che idolatrava i corpi magri e la vita edonistica ai limiti dell’eccesso, ma che al contempo riuscì a dare una scossa al sistema moda paralizzato degli anni 2000, risvegliando l’interesse per alcuni indumenti finiti nel dimenticatoio. Fu questa l'origine del balletcore.

Jennifer Beals in Flashdance (1983)
Patrick Swayze & Jennifer Gray in Dirty Dancing (1987)
Jamie Bell in Billy Elliot (2000)
Sean Patrick Thomas & Julia Stiles in Save the Last Dance (2001)
Jessica Alba in Honey (2003)
Paso Adelante (2002-2005)
Jenna Dewan in Step Up (2006)
Natalie Portman in Black Swan (2010)
Christina Aguilera in Burlesque (2010)

Tra questi, tutti quei capi dalla spiccata femminilità che appartengono all’universo sportivo: leggings, scaldamuscoli, cardigan e ballerine cominciarono a rivestirsi di significati inediti attraverso abbinamenti inusuali e ricchi di contrasti. Vestirsi da ballerina e atteggiarsi da bad girl era diventato l’ultimo trend trasgressivo del momento, che raggiungeva l’apice della sua magnificenza nelle interpretazioni di Natalie Portman ne Il Cigno Nero, Jenna Dewan in Step Up e Christina Aguilera in Burlesque. Ma se le ballet girls del 2010 trasudavano femminilità e provocazione attraverso i loro abiti succinti, oggi il balletcore ha disseminato sulla sua scia nuovi trend dai toni più naïf - come il princesscore e il cottagecore - abbandonando in parte l’ossessione per i corpi magri e atletici. Ma soprattutto, dopo più di un secolo, la moda ballet acquisisce risvolti più fluidi e torna a rivolgersi anche al pubblico maschile. 

Il legame tra moda genderfluid e balletto si traccia agli inizi del 1900 con i Balletti Russi di Sergei Diaghilev, e con tutti quegli abiti da scena opulenti e faraonici creati da Paul Poiret, Mariano Fortuny, Pablo Picasso e Henri Matisse. Nei migliori teatri di Parigi i danzatori russi volteggiavano avvolti da tessuti orientali e preziosi, ammaliando il pubblico francese ingordo di novità estetiche, che ormai, da circa un secolo, aveva assistito alla metamorfosi della danza in una disciplina rigida, classica e prettamente femminile. Ma in quel momento, la vitalità ed il fascino esotico dei Balletti Russi stava raggiungendo l’apice con le performance di due uomini carismatici e virtuosi: Michel Fokine, il primo coreografo di danza moderna della storia e Vaclav Nižinskij, ballerino di punta, spesso oggetto di scandali omosessuali. Di spettacolo in spettacolo i costumisti dei Balletti Russi plasmarono abiti dalle linee fluide e morbide che in breve tempo fecero breccia anche nella moda femminile dell’epoca, satura di tutti quei corsetti e imbottiture che imprigionavano la donna in abiti costrittivi e rigide silhouette a S. E mentre Vaclav Nižinskij piroettava in un tutù ricoperto di passamanerie brillanti e paillette colorate, la Belle Époque abbandonava gradualmente i canoni che la moda aveva imposto nel secolo precedente, per aprirsi a nuove sperimentazioni che prediligevano la libertà.

Nonostante il mondo del balletto, fin dal Rinascimento, orbitasse attorno ad un protagonista maschile (“danseur noble”), dai tempi della Rivoluzione Francese fino ai nostri giorni i ballerini uomini sono stati vittime di crescenti pregiudizi che li hanno costretti a performare movenze mascoline e a sviluppare un tono muscolare più consistente. Oltre a ciò, questi stereotipi di genere hanno spazzato via dai costumi di scena maschili degli indumenti chiave della danza, prime fra tutti, le ballerine. Fatta eccezione per figure di spicco come Rudolf Nureyev e, più recentemente, Sergei Polunin, la figura del ballerino maschile è diventata sempre più marginale e di conseguenza anche l’alta moda, negli ultimi ottant’anni, si è concentrata esclusivamente sull’iper femminilità degli abiti da ballo. 

Dries Van Noten SS15
Dries Van Noten SS15
Gucci SS16
Palomo Spain FW19
Palomo Spain FW19
Jil Sander SS20
Palomo Spain FW21
Fendi SS22
Miu Miu SS22
Versace SS23

Dalla celebre copertina di Dior del 1947, che consacra la ballerina come calzatura femminile, alla “Russian Collection” di Yves Saint Laurent del ’76, che porta in passerella gli abiti delle ballerine russe, fino ai metri di tulle della Couture SS17 di Viktor & Rolf e agli ultimi capolavori di Miu Miu nella SS22, il dominio del balletcore è ancora in mano alle donne. Ma negli ultimi anni l’urgenza di una rappresentazione più libera e inclusiva ha aperto uno spiraglio per un balletcore maschile. In primis Palomo Spain, che nel 2019 ha portato una collezione maschile inclusiva dedicata al flamenco e ai Balletti Russi sulla passerella della New York Fashion Week. In ordine cronologico, invece, il primato è da attribuire a Dries Van Noten, che per la sua collezione SS15 introdusse in passerella le ballerine da uomo. Qualche anno dopo toccò a Gucci e poi a fu  Jil Sander , che sulle loro passerelle maschili della SS16 e della SS20 abbinarono le ballerine a completi eleganti e sartoriali; il trend non tardò ad arrivare anche a Maison Margiela e Comme Des Garçons, che lo scorso autunno hanno contribuito al trend con due modelli di ballerine, rispettivamente in versione Tabi e square-toe. Ma è solo negli ultimi mesi che il balletcore maschile sta convergendo in una realtà concreta, soprattutto grazie all’influenza di Harry Styles che, sulla copertina di Vogue America, indossa un abito Gucci, per poi sfoggiare, qualche mese dopo, le ballerine di Molly Goddard sulla copertina del suo album Harry’s House

Ad oggi non è ancora chiaro se il balletcore sia destinato a rimanere un trend di nicchia, circoscritto alle calzature e rivolto al pubblico più audace, o se con il passare degli anni anche gli uomini più tradizionalisti si convertiranno al tulle e agli scaldamuscoli. Ma le avvisaglie dello stile ballet appaiono timidamente anche sulle passerelle maschili più recenti, con gli scaldacuore di Fendi della SS22 o i body fluo di Versace per la SS23. Quindi, non ci resta che aspettare.