Vedi tutti

L’appeal infinito della canottiera

Ruvida divisa dell’uomo comune o capo più sexy di sempre?

L’appeal infinito della canottiera Ruvida divisa dell’uomo comune o capo più sexy di sempre?
N. 21 FW22
Maison Margiela SS98
Helmut Lang SS98
Helmut Lang SS98
Helmut Lang SS98
Helmut Lang SS04
Helmut Lang SS04
Dolce & Gabbana SS91
Ann Demeulemeester SS97
Sunnei FW22
Prada FW22
Philosophy di Lorenzo Serafini FW22
Raf Simons SS98
MSGM FW22
MM6 Maison Margiela FW22
Gucci FW22
Etro FW22
Emporio Armani FW22
Diesel FW22
Bottega Veneta FW22
Ambush FW22
AC9 FW22
Rick Owens FW22
Toro Scatenato (Martin Scorsese, 1980)
Rambo (Ted Kotcheff, 1982)
Non aprite quella porta (Marcus Nispel, 2003)
L'ultima casa a sinistra (Dennis Iliadis, 2009)
Die Hard (John McTiernan, 1988)
The Descent (Neil Marshall, 2005)
Alien (Ridley Scott, 1979)
Y/Project SS22
Versace SS22
Valentino Haute Couture Spring 2022
Saint Laurent SS22
Un tram che si chiama Desiderio (Elia Kazan, 1951)
Prada SS22
Our Legacy SS22
Ludovic de Saint Sernin SS22
Loewe FW22
GmbH SS22
Dolce & Gabbana SS22
Dion Lee FW22
Courregès FW22
Celine SS22
Balenciaga FW22

La canottiera di cui si è discusso di più, in Italia, all’inizio dell’anno è stata quella di Giovanni Truppi a Sanremo che, rispondendo ad Amadeus che gli domandava perché la indossasse, ha raccontato di come proprio la canottiera fosse la sua divisa da palcoscenico sin dai suoi esordi. Ma in realtà di canottiere, fuori dal palco di Sanremo e sulle passerelle se ne sono viste molte durante le ultime Milan Fashion Week: da quelle in versione luxury di Prada e Bottega Veneta, a quelle usate come elemento di layering viste da Gucci e Sunnei, passando per le versioni sperimentali di Diesel, Ambush, MSGM, MM6 Maison Margiela. In tempi di moda genderless, di sdoganamento della sexyness e (perché no) di famelico narcisismo istituzionalizzato la canottiera è diventata una tela bianca per raccontare il corpo e le identità maschili e femminili sotto nuove e più ricche prospettive da parte di molti designer che ne hanno di volta in volta scavato le diverse sfaccettature culturali portandola sempre più lontana dalla sua esistenza originaria di umile capo di underwear. 

Prada FW22
Bottega Veneta FW22
Gucci FW22
Emporio Armani FW22
Diesel FW22
MSGM FW22
Sunnei FW22
Philosophy di Lorenzo Serafini FW22
N. 21 FW22
MM6 Maison Margiela FW22
Etro FW22
Ambush FW22
AC9 FW22

Il merito di aver portato la canottiera in passerella va attribuito comunque a Dolce & Gabbana, che la inserirono in alcuni look della loro collezione maschile SS91 facendola apparire l'anno prima nella campagna FW90 del brand. Con loro si mise in discussione e si capovolse lo stereotipo dell’uomo italiano a cui l'idea della canottiera era legata rendendola sfacciata e attraente. Se Dolce & Gabbana raccontavano della canottiera nella coscienza collettiva italiana e dalle celebrate passerelle milanesi, negli anni successivi questa apparve nella sua accezione di capo controculturale, informale e liberatorio, tanto nelle collezioni di Ann Demeulemeester, che ne incluse una nella sua SS97, che nelle collezioni SS98 di Helmut Lang, Maison Margiela e Raf Simons.

Dolce & Gabbana SS91
Ann Demeulemeester SS97
Helmut Lang SS98
Helmut Lang SS98
Helmut Lang SS98
Maison Margiela SS98
Raf Simons SS98
Helmut Lang SS04
Helmut Lang SS04

Il salto di significato avvenne invece qualche anno dopo per mano di Lang che, alla New York Fashion Week, inserì nella collezione SS04 una serie di canotte asimmetriche che rivelavano maliziosamente i capezzoli dei modelli – anticipando tutte le canotte genderless/fluide che vediamo oggi. Ma per quanto creativi e geniali, questi designer anni ’90 si limitavano semplicemente a registrare e sancire un cambiamento già avvenuto nella percezione popolare – ovvero lo status di sex symbol che la canottiera aveva acquisito praticamente già dagli anni ’50 con Un tram che si chiama desiderio, in cui Marlon Brando ne indossava una sudicia e rovinata che simboleggiava sia il basso status sociale del suo personaggio che la sua sensualità bestiale. Il fatto che un uomo fosse visto apertamente come oggetto di desiderio sessuale non era nemmeno una novità così enorme: dopo la loro prima “scandalosa” apparizione indosso al team olimpico di nuoto femminile del Regno Unito alle Olimpiadi del 1912, la canotta per gli uomini assunse la forma del costume da bagno, suscitando naturali associazioni con un immaginario machista. Anche negli anni successivi, al cinema, la canotta non si discostò mai dalla classica idea di machismo, apparendo in Toro Scatenato, Rambo, Die Hard o Wolverine, ma anche comunicando la forza e la determinazione di personaggi femminili nel cinema di avventura e horror apparendo molto spesso addosso alla cosiddetta final girl. Le origini culturali del trope, comunque, risalgono al meridione italiano come viene spiegato nel libro Manly Manners, dove l’autore James Wayne racconta:

«Fu nelle regioni del Sud Italia, come Napoli e la Sicilia, in cui il clima caldo, le difficoltà economiche e il machismo italiano conversero e la canottiera iniziò la sua evoluzione da biancheria intima a indumento. Nel Meridione, un uomo con poche camicie preferiva indossarle per la messa domenicale, per il lavoro e per le occasioni speciali. […] Per uomo del Sud Italia, a prescindere dal fisico, la canottiera è una parte della cultura sartoriale. […] In America, l’uomo con la canottiera (sia italiano che non) rappresentava lo stereotipo dell’immigrato italiano: povero, rozzo, corpulento – anche se esplicitamente sexy». 

Un tram che si chiama Desiderio (Elia Kazan, 1951)
Alien (Ridley Scott, 1979)
Toro Scatenato (Martin Scorsese, 1980)
Rambo (Ted Kotcheff, 1982)
Die Hard (John McTiernan, 1988)
Non aprite quella porta (Marcus Nispel, 2003)
The Descent (Neil Marshall, 2005)
L'ultima casa a sinistra (Dennis Iliadis, 2009)

In quanto capo che metteva in discussione il concetto stesso di formalità e di classe sociale, ma che allo stesso tempo rivelava e per certi versi sessualizzava il corpo maschile, la popolarità della canottiera si cementò nel corso dei decenni: venne adottata nel guardaroba dei punk come capo leisure e antiborghese, divenne uno staple della sempre più emergente cultura LGBTQ+ apparendo, ad esempio, tra le uniformi fisse dei Village People; infine, insieme ai jersey da basket, trovò popolarità anche nel mondo hip-hop, entrando poi nel vocabolario dello streetwear quando il mondo del rap e quello della moda collisero, oltre che diffondersi anche nella sub-cultura degli hipster. Oggi, la sua presenza è così endemica nella coscienza collettiva che la sua apparizione nelle collezioni di pret-a-porter è quasi fissa, anzi, nelle più recenti collezioni viste in passerella il framework compositivo della canotta è andato astraendosi, facendo largo alle variazioni iper-geometriche firmate da Miuccia Prada e Raf Simons, dalle versioni surreali di Jonathan Anderson o a quelle androgine di Rick Owens, Celine, GmbH o Ludovic de Saint Sernin

Prada SS22
Balenciaga FW22
Celine SS22
Courregès FW22
Dion Lee FW22
Dolce & Gabbana SS22
GmbH SS22
Loewe FW22
Ludovic de Saint Sernin SS22
Our Legacy SS22
Rick Owens FW22
Saint Laurent SS22
Valentino Haute Couture Spring 2022
Versace SS22
Y/Project SS22

La cosa che sorprende di più sulla vicenda culturale della “canotta”, però, è che se molti dei capi nati come simboli delle controculture appaiono oggi normalissimi, la canottiera ha mantenuto ancora oggi una connotazione così forte che vederla indosso a un cantante di Sanremo fa più sensazione che la camicia trasparente di Blanco o i torsi nudi di cantanti come Achille Lauro, i Maneskin o Rkomi. Secondo Wilde per ottenere considerazione bisogna divertire il pubblico o scandalizzarlo – un po’ come la canotta di Giovanni Truppi. Una giacca da biker, una t-shirt bianca o una tinta ai capelli, dopo tutto, oggi non scandalizzano più nessuno.