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Perché si fanno così pochi libri sulla moda in Italia?

Partendo dal caso Andrea Batilla, ne abbiamo parlato con Arianna Cavallo, editor de Il Post

Perché si fanno così pochi libri sulla moda in Italia? Partendo dal caso Andrea Batilla, ne abbiamo parlato con Arianna Cavallo, editor de Il Post

Qualche giorno fa Andrea Batilla ha annunciato su Instagram la pubblicazione del suo nuovo libro edito Gribaudo il prossimo 25 novembre, da allora, sebbene non sia ancora uscito, Alfabeto della Moda si è rapidamente aggiudicato il titolo di prodotto più venduto nella sezione moda e design (ora stabile al decimo posto) di Amazon fino a scalare la prima posizione della categoria best sellers per qualche giorno, mentre i posti per la presentazione al Bookcity Milano 2021 sono andati sold out in meno di mezz’ora. La saggistica di moda e il mercato editoriale italiano sanno ancora regalare emozioni, ma le piccole case editrici sono spesso le uniche a scommetterci, puntando su libri accessibili - sia in termini di prezzo che di leggibilità - e guardando ad un pubblico giovane interessato ai contenuti piuttosto che al mero prodotto. Ad esempio Rizzoli, uno dei colossi dell’editoria italiana, per l’uscita di Marcelo Burlon: County of Milan Confidential ha scelto la forma di un coffee table fotografico, un format che valorizza le immagini e l’iconicità del prodotto ma limita la storia incredibile - da romanzo o serie tv - della rivoluzione streetwear iniziata dalla porta dei Magazzini Generali e arrivata a stravolgere un’industria globale. Il coffee table punta ad un pubblico alto spendente, escludendo quella parte di lettori - spesso giovani - che non vuole o può spendere 85 euro in carta lucida o plastificata, pubblicazioni classificabili più come un'iniziative di marketing che come un'operazioni editoriali vere e propria, in quanto vengono commissionate dal brand stesso.  

Secondo Arianna Cavallo, editor presso Il Post, esperta di editoria e appassionata di moda le tendenze editoriali sono lo specchio di "un atteggiamento molto diffuso verso la moda non solo nel mondo editoriale ma culturale in generale, spesso considerata qualcosa di negativamente frivolo ed effimero, si immagina che interessi soltanto a persone superficiali che spendono cifre spropositate per l'ultimo capo firmato, invece la moda è ricca di storie che possono affascinare anche chi non dà troppa importanza a come si veste”.
Secondo l’AGI l’editoria italiana sta per chiudere l’anno con una crescita a due cifre, compresa tra l’11% e il 16%, per un giro d’affari tra gli 1,6 e 1,7 miliardi di euro. In un mercato in crescita come quello editoriale la moda è un argomento che l’editoria ha snobbato - avete mai visto quanto è deprimente l’angolo moda&design di una Feltrinelli o una Mondadori? Un modo per sfidare il cliché che i “giovani” in Italia non leggono può essere proprio quello di approfondire le vicende di moda dimenticate della storia, senza delegare il compito ai brand. Un prodotto branded è più facile che sia bello e vendibile - come i libroni delle sfilate di Prada o Chanel - ma manca della visione problematica e imparziale che un addetto o un giornalista del settore può avere.

La moda non viene spesso spiegata e raccontata in modo semplice, pertanto c'è molta curiosità di capire i suoi funzionamenti e conoscerne un po' più la storia. Da qui il successo di serie tv e documentari su modelle e stilisti e il seguito di divulgatori di moda sui social come Batilla, appunto, che forte del suo seguito online ha pubblicato due libri sull'argomento." 
Arianna Cavallo

Contro il mito che tutti gli influencer che scrivono libri abbiano bisogno di un ghostwriter, Batilla è riuscito a spiegare la moda alla Gen Z, commentando le sfilate con la sua pungente ironia e raccontando ai suoi follower tutti i retroscena che gli insider danno per scontato, proprio tramite questa ‘strategia spontanea’ i suoi scritti sono diventati un fenomeno editoriale capace di smuovere un mercato fossilizzato. Che Andrea Batilla, insegnante e consulente per brand storici, si possa classificare o meno come influencer è in realtà una domanda legittima, forse perché non siamo abituati all'idea che una persona realmente competente possa vantare 50k di seguaci sui social e soprattutto perché negli ultimi anni sembra che solo gli influencer abbiano avuto modo di scrivere libri, il reparto saggistica è stato abbagliato dal fenomeno degli influencer e le case editrici hanno preferito le loro biografie a storie di contenuti - "una scelta editoriale legata soprattutto all'autore – un influencer può garantire la vendita di un certo numero di copie grazie a suoi follower – più che alla volontà di ripensare il racconto della moda, ma potrebbe aprire la strada e attirare l'interesse anche di altri gruppi editoriali che finora si sono limitati a biografie di Chanel e costosi coffee table rivolti agli appassionati”.

Il precedente Instant moda, ha dato vita prima a un caso editoriale, poi a un long seller diventato un must have nella biblioteca di qualsiasi appassionato del settore. Nel nuovo libro Batilla racconta il multiverso della moda passata e contemporanea toccando anche quei temi che apparentemente risultano distanti, come le costruzioni culturali che nei secoli hanno edificato categorie come grasso, magro, mascolino, effeminato, affascinando una generazione come quella della wokeness che ha ben capito che la moda non è solo abbigliamento, ma anche la manifestazione dell’ideologia di un’epoca o di una comunità. Forse per portare qualcosa di nuovo nel mercato editoriale italiano basterebbe guardare ai lettori più giovani piuttosto che ai cinquantenni che leggono solo premi Strega.