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Oltre tre milioni di bot hanno provato ad acquistare le nuove sneaker di Travis Scott

Portando alcuni a domandarsi se si possa parlare di vere sneaker o di puri oggetti da collezione

Oltre tre milioni di bot hanno provato ad acquistare le nuove sneaker di Travis Scott Portando alcuni a domandarsi se si possa parlare di vere sneaker o di puri oggetti da collezione

Lo scorso venerdì è avvenuto il drop dell’attesissima Travis Scott x Fragment x Air Jordan 1 Low. Come già avvenuto per praticamente tutte le sneaker firmate dal rapper di Houston, la nuova silhouette è andata sold-out praticamente subito, riapparendo immediatamente sulle principali piattaforme di resell con price point centuplicati, che si sono aggirati tra i 1000€ e i 1500€ a fronte di un prezzo iniziale di 159€. La scarpa era stata disponibile tramite una raffle sia sulla app SNKRS che sul sito ufficiale di Travis Scott sul quale, in base a quanto comunicato dal brand stesso, le richieste fraudolente da parte di bot avevano toccato la straordinaria cifra di tre milioni. E, come ha scritto Complex: «Anche se i webmaster di Scott hanno detto di stare lavorando all’eliminazione degli ordini da parte dei bot, questi sono stati utilizzati in massa […]. Rimarrà da vedere quanto le misure prese dal canale di vendita saranno efficaci contro i bot, ma l’identificazione delle richieste fraudolente è di certo un passo nella giusta direzione».

L’episodio ha sottolineato, oltre all’incredibile successo commerciale del brand Cactus Jack, che quest’anno ha pure collaborato con Dior, anche la difficoltà con cui l’industria delle sneaker sta combattendo il problema dei bot. Un problema che era già emerso lo scorso maggio con il sold-out immediato del nuovo modello di Nike FlyEase, nate per aiutare le persone affette da disabilità o con mobilità ridotte e diventate subito oggetto di una speculazione spietata, e che Nike, ma anche brand come Telfar o Supreme, stanno provando a contrastare mettendo a punto nuove soluzioni tecnologiche con criteri di autenticazione più stringenti. Ma alcune voci interne all’industria, specialmente Bobby Kim, uno dei due founder della piattaforma e streetwear brand The Hundreds, ha sottolineato come l’hype che circonda molte delle recenti sneaker release abbia di fatto messo in ombra le sneaker stesse come prodotto fisico – più simili, nella percezione del pubblico, a opere d’arte da collezione che a effettive scarpe da indossare.

«Vedrete quelle scarpe cento volte sui social prima di vederle dal vivo», ha scritto Kim in un post di Instagram. «Ci saranno forse un paio di ragazzini che saranno riusciti a comprarle ma con ogni probabilità non le indosseranno nemmeno. La maggior parte della relazione e della comprensione che il pubblico avrà di queste sneaker sarà tutta digitale». Parlando di come molte sneaker attese e circondate da un enorme hype come quelle di Travis Scott esistano più nel metaverso digitale che nella vita reale, trattate ormai più come inestimabili pezzi da collezione ormai separati dal loro effettivo uso pratico, Kim pone la domanda: «Se gran parte del collezionismo di sneaker è diventato vanteria, scambio e resell, Nike ha davvero bisogno di creare un prodotto fisico? Queste scarpe da basket devono essere anatomicamente corrette se non verranno mai indossate?»