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Le 5 cose che forse non sai sulle Air Jordan 1

Contiene: la Stefanel Trieste, un "inganno" e il numero 13

Le 5 cose che forse non sai sulle Air Jordan 1 Contiene: la Stefanel Trieste, un inganno e il numero 13

Partiamo subito col dire che non è tutto chiaro sin dall'inizio. 
Michael Jordan non voleva firmare con Nike, per nulla anzi, voleva adidas. Fu l'intraprendenza, la sfacciataggine e la visione di un italo-americano a cambiare per sempre la percezione e l'evoluzione del mondo delle sneaker e non solo: Sonny Vaccaro

Al college Michael indossava le Converse e sono quelle le scarpe che il numero 23 ha ai piedi quando mette il tiro che regala il titolo a North Carolina contro Georgetown nel 1982. 
A Jordan non piacevano proprio quelle scarpe - "sembrano le scarpe del diavolo" - e poi pare che le suole fossero troppo alte e non riuscisse a "sentire" il campo sotto i piedi. Quella fu la chiave di volta di tutto: Nike e il designer delle Air Jordan 1 Peter Moore (Direttore Creativo di Nike) ridussero quella suola troppo alta, ricevettero alcune linee di guida di Michael e realizzarono una scarpa "diversa ed eccitante" che cambiò per sempre la cultura di Nike e delle sneaker in generale. 

Abbiamo quindi deciso di mettere insieme le 5 cose che forse non sai sulle Air Jordan 1.

 

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1. "L'inganno" delle Nike Air Ship

Le Air Jordan 1 furono rilasciate ufficialmente nell'aprile 1985. E come è possibile allora che la lettera che la NBA inviò a Nike per proibire che Michael indossasse quelle scarpe nere e rosse fa riferimento ad una partita giocata dai Bulls e quindi da Jordan il 18 ottobre 1984? La risposta è semplice ma non scontata: Michael Jordan all'inizio del suo anno da rookie ('84/'85) indossò il prototipo delle Air Jordan 1: le Nike Air Ship nella famosa colorway "Banned" (Rossa e Nera) durante una partita di pre season contro i New York Knicks. Le Air Ship erano estremamente simili alle Air Jordan 1 - da quella silhouette infatti Peter Moore realizzò le prime Air Jordan. Nike scelse di far indossare a Jordan le Air Ship fino all'aprile '85 - nella colorway white/red per via della regola "uniformity of uniform" - spinta dal richiamo non ufficiale del commisioner della NBA David Stern dato che i colori delle scarpe dovevano rispecchiare quelli dell'uniforme e quelle delle scarpe dei compagni di squadra - perché nessuno si sarebbe accorto della differenza e sfruttò la questione "Banned" per costruirci forse la campagna pubblicitaria più accattivante di sempre. L'agenzia pubblicitaria TBWA/Chiat/Day realizzò lo spot che è tuttora culto tra gli appassionati di sneaker.

Le scarpe andarono sold out in pochissimo tempo, costavano 65$ ma alcuni rivenditori scelsero di guadagnarci qualche dollari in più piazzandole a 100, cosa che non aveva precedenti nel mondo delle sneaker dell'epoca. Michael indossò di nuovo le Air Ship "Banned" durante lo Slam Dunk Contest dell'All-Star Game nel febbraio del 1985 ma dato che quella non era una partita ufficiale, la NBA non multò i Bulls ma ne approfittò per inviare la famosa lettera per "scoraggiare" l'utilizzo di quella scarpa con i "colori del diavolo" come ebbe a dire lo stesso Jordan.
In un'intervista del 1986 a David Letterman, Michael rispose alla battuta di David che le scarpe erano state bannate perché brutte, che era vero: "sono d'accordo con te, sono brutte". That's Michael, baby! 

 

2. Le Air Jordan 1 KO

Nel 1986 Nike iniziò a produrre una versione delle Air Jordan 1 in tela. Ad oggi non esistono versioni ufficiali su cosa volesse dire quel "K.O." ma in realtà la risposta che più ci piace è la seguente: Nike all'epoca non era la più grande azienda sportiva del mondo così come la conosciamo oggi ma anzi aveva puntato tutto sulla scommessa Michael Jordan e non poteva sapere se fosse stata la più grande idea mai avuta o un gigantesco flop che avrebbe fatto affondare l'azienda di Beaverton dato l'immane investimento fatto sul giocatore nativo di Brooklyn - la storia ci ha detto che le cose sono andate piuttosto bene - la versione delle Air Jordan 1 KO fu una mossa molto astuta da parte di Nike. Le scarpe erano in canvas - materiale più comodo, resistente e traspirante della pelle - il basket è nato per strada e quella era una scarpa da performance che ebbe un enorme successo. Nike così riuscì a sfruttare gli stampi delle Air Jordan 1 e a guadagnarci un bel po' di soldi in più che riuscirono a non far andare KO l'azienda (la maggioranza delle parsone pensa che KO stia per "knockout" o "Knock-Off"), ma perché rovinare una bella storia con la verità. 

 

3. La storia tutta italiana dietro le Shattered Backboard

Nell'estate del 1985 durante un mini tour promozionale organizzato da Nike in Italia, Michael Jordan appena ventiduenne (rookie of the year nella stagione precedente) si trovò a giocare un'amichevole tra la Stefanel Trieste e la JuveCaserta, all'epoca sponsorizzata Mobilgirgi, al PalaChiarbola di Trieste, era il 25 agosto. Originariamente Michael avrebbe dovuto giocare un tempo con la Stefanel Trieste e l'altro con la Mobilgirgi Caserta ma dopo aver sostenuto il riscaldamento prepartita decise che avrebbe giocato l'intera partita con la canotta nera e arancio della squadra triestina e con al piede le sue Air Jordan 1 "Chicago". 

Jordan giocò una partita da superstar mettendo a referto 30 punti con giocate da iniziato, ma quella che rimase nella storia e che ha dato il nome ad una delle colorway più belle e ricercate delle Air Jordan 1 è quando staccando poco dopo la linea del tiro libero, inchiodò una schiacciata clamorosa che mandò in frantumi il tabellone all'epoca non ancora in plexiglass ma in vetro.
Giancarlo Sarti, General Manager della Mobilgirgi Caserta nel 1985 racconta che sotto il canestro in frantumi restarono Pietro Generali e Toto Lopez che urlava di non essere toccato per via dei pezzi di vetro che gli erano caduti su tutti il corpo e che gli provocarono una lacerazione dei tendini della mano. L'allenatore di quella JuveCaserta era il leggendario Bogdan "Boscia" Tanjević il quale racconta che dopo aver visto Jordan schiacciare staccando poco dopo la lunetta e spaccare tutto, buttò giù 7 grappe ubriacandosi "come una belva", per utilizzare le parole del coach italo-montenegrino.
La colorway Shattered Backboard richiama i colori di quella speciale canotta della Stefanel Trieste e ricorda un momento di basket tutto italiano. 

 

4. Le colorway prodotte tra il 1985 e il 1986 sono 13

Non proprio un numero fortunato se ci pensate ma le questioni scaramantiche le lasciamo da parte, perché il successo delle Air Jordan 1 è stato devastante. Non c'è modo di stabilire con esattezza quanti modelli di Air Jordan 1 siano usciti (high, mid, low, da donna, etc.) ma possiamo affermare con certezza che tra il 1985 e il 1986, ovvero nel corso del primo anno dal rilascio ufficiale, vennero "sfornate" 13 colorway che definirei OG, eccole:

 

5. Le Air Jordan 1 "UNRELEASED"

Durante la seconda stagione di Jordan in NBA ('85/'86) Michael continuò ad indossare le Jordan 1 ma il 25 ottobre 1985, dopo soltanto tre partite di regular season, nella sfida contro i Golden State Warriors si fratturò l'osso navicolare del tarso del piede sinistro. Michael perse 64 partite di quella stagione, tornò in marzo e Nike lo "equipaggiò" con un paio di Air Jordan 1 inedito e mai rilasciato con delle cinghie di supporto alla caviglia. Grazie al ritorno in campo del 23, i Bulls vinsero le ultime 16 partite della stagione regolare e si qualificarono ai playoff dove al primo turno trovarono i Boston Celtics di Larry Bird. I Chicago Bulls persero quella serie 3-0 (all'epoca il primo turno era ancora al meglio delle 5 partite) ma in gara 2 (20 aprile 1986) Michael mise a referto 63 punti - miglior prestazione di sempre nei playoff - al Boston Garden e nel dopo partita Larry pronunciò la famosa frase "quello era Dio travestito da Michael Jordan".