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In un mondo di capitali della moda, New York è la provincia?

Riflessioni di un fashion insider americano alla fine del fashion month

In un mondo di capitali della moda, New York è la provincia? Riflessioni di un fashion insider americano alla fine del fashion month
Fotografo
Conrad Byer

Quando il fashion month finisce, con le costantemente spettacolari sfilate di Parigi, ciò che è accaduto all’inizio della stagione a New York viene spesso dimenticato. Anzi, alla New York Fashion Week si tende a dare molta meno attenzione che a quelle di Londra, Milano o Parigi.  La settimana della moda di New York è "morta" e "tornata in vita" molte volte negli ultimi cinque anni. E se agli occhi del pubblico la fashion week è sinonimo di feste e di celebrità avvistate in giro per la città, ogni fashion week, New York inclusa, ha sempre riguardato la stessa cosa: i vestiti. E dunque oggi, come si fa a dire quale fashion week sia "viva" e quale "morta"?

Tecnicamente, la NYFW può essere morta solo se i suoi fautori lo permettono. Un esercito di editor, stylist, buyer, clienti VIP e una sana dose di influencer e volti noti. Un esercito che determina poi quali dei vestiti e degli accessori finiranno davanti agli occhi e nelle mani delle masse. Noi, in quanto esseri umani programmati per il divertimento  e i piaceri, abbiamo associato alla fashion week le feste, le bevute, e gli avvistamenti dei VIP quando, in definitiva, il fashion month non riguarda davvero niente di tutto ciò. Ma quello che larga parte della stampa mainstream di moda non ci dice è che ci sono stati brand che hanno reso questa New York Fashion Week più che interessante. Assenti in questa stagione, sono le feste ad alto budget, i party strabilianti che vanno fino alle 5 del mattino con la folla che prende d’assalto la PR alla porta per entrare a far parte della lista degli ospiti. Solo feste normali, di quelle che finiscono tra le 2 e le 3.

Laquan Smith ha fatto aprire il suo show a una Julia Fox in stato di grazia, nel bel mezzo della sua rottura con Ye. Uno spettacolo estremamente newyorchese. La collezione di Laquan era un delizioso assortimento di abiti che, per dirla semplicemente, sono pensati per essere sfoggiati con stravaganza. Allo show è seguito un party con open bar e uno show di Saucy Santana e un dancefloor stracarico. La sfilata di Saint Sintra tenutasi in uno dei locali più amati dai giovani gaudenti festaioli di SoHo, è stata molto lenta (sul serio, molto ma molto lenta) ma ha presentato una serie di design maliziosi e curiosamente cool. Dion Lee, invece, dopo il suo bellissimo show, ha organizzato un after party techno che è stato il distillato più puro di tutti i piaceri da clubber che New York sa offrire. Alla festa non erano ammessi fotografi, quindi ho scattato una quantità minima di foto dei partecipanti ed ho evitato di immortalere qualunque cosa potesse valermi una causa in tribunale quando questo reportage sarà pubblicato. Per sapere cosa stava succedendo, dovevate essere lì. 

Tutto sommato, la New York Fashion Week non è stata così male. Il collettivo snob-core dei vecchi dinosauri della moda di New York ha stabilito che la fashion week è morta in quanto non li glorifica più come una volta. E in fondo sono stati proprio i grandi brand americani a permettere che qualcuno decretasse la morte di New York come capitale della moda, convincendoli a saltare giù dalla nave e  allontanarsi a nuoto dalla pecora nera del fashion month verso le acque più tranquille di Londra, Milano e Parigi. Alcuni di loro hanno anche optato per sfilate fuori stagione o oltreoceano per non essere associati a una fashion week che, parole loro, «ha fatto il suo tempo». È per colpa dei grandi nomi che hanno lasciato in tredici la città che i giovani amanti della moda di New York sentono che la fashion week cittadina sia morta dato che non ci sono più sfilate degne di questo nome in cui intrufolarsi. Ma anche l’era dei dinosauri finisce e quest’anno ci sono stati un sacco di nuovi fantastici arrivati! 

Il collettivo dei grandi brand di moda americani ha preso una fashion week per cui un tempo parteggiavano, baloccarcisi un po’ e gettarla da parte quando se ne sono stufati. Ora quelle due settimane nate per celebrare i creativi e gli artisti sono merce usata, ninnoli di seconda mano abbandonati al loro destino. Il pubblico le guarda dall'alto in basso, come un vecchio amico caduto in disgrazia che si presenti senza invito a una festa. Come un vero appassionato di moda, stagione dopo stagione, continuo a seguire da vicino il lavoro di questi intelligenti, appassionati designer e dei loro brand. Le feste, la celebrità e tutto il resto sono solo un accessorio gradevole, un semplice vantaggio per chi è del mestiere. Francamente non mi interessa che la settimana della moda sia "noiosa" o "molto divertente" perché, in entrambi i casi, si tratta soltanto dei vestiti.