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Author Jordan Anderson
Creative Direction and Artwork Samy LaCrapule
Look Dior SS20
Production nss factory

Dalla sua istituzione ufficiale nel 1943, ogni grande evoluzione della struttura della fashion week è avvenuta solo in conseguenza dell’aumento di copertura mediatica che presentazioni e sfilate di moda attiravano di anno in anno.

Tuttavia, per la prima volta nella storia, in un mondo post-pandemia, gli architetti di quella stessa struttura multimilionaria che è la moda stanno osservando la propria opera domandandosi: a che scopo? Solo ora, ad esempio, stiamo considerando in maniera realistica il problema del cambiamento climatico, dopo che la natura ci ha costretto a cogliere un’opportunità di cambiamento che non gioverebbe solo alle risorse naturali della terra ma, nel lungo periodo, anche all’industria della moda stessa.

Per questo abbiamo provato ad analizzare i possibili sviluppi futuri della situazione attuale con l'aiuto della co-designer di M1992 Gaia Ramona e la Fashion Buying Director di Mytheresa, Tiffany Hsu.

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Se volessimo considerare la questione delle fashion week da un punto di vista strettamente pratico e commerciale, come farebbe un insider dell’industria, la prima cosa che si potrebbe notare è che le settimane della moda sono una parte fondamentale di un sistema che funziona. Le fashion week sono, in essenza, delle fiere di settore per l'industria della moda in cui ci si riunisce per decidere quali saranno le future tendenze e quali temi verranno affrontati e, in definitiva, in che modo la moda può riflettere la società in cui stiamo vivendo. La fashion week è uno dei pochi momenti in cui designer, giornalisti, buyer, influencer, modelli e prodotti si concentrano nel medesimo luogo e tempo. Per ognuna delle categorie coinvolte, l'evento ha uno scopo diverso.

La fashion week è uno dei periodi più densi e produttivi per giornalisti e critici di settore, è il fulcro del lavoro dei buyer che possono conoscere da vicino i prodotti, è un momento-cardine per la produzione di contenuti digitali per gli influecer e per la carriera di centinaia di modelli e modelle. Per i marchi, invece, è il momento in cui le proprie voci creative possono trovare una definizione tramite la produzione degli show e le grandi manovre del settore PR.

È anche vero però che l'attuale struttura del sistema-moda è sovraccarica a causa della costante produzione di quattro collezioni prêt-à-porter l'anno in una decina di città sparse per il mondo. A queste si aggiungono le sfilate Haute Couture due volte all'anno, le pre-collezioni Cruise e Pre-Fall oltre che fiere internazionali come Pitti che si tengono almeno due volte l'anno. Il ritmo seguito a oggi dall'industria è senza dubbio frenetico, per non dire problematico, e di recente ha portato alcuni a mettere in discussione la stessa ragion d’essere delle fashion week.

Per i brand emergenti poter sfilare durante una delle settimane della moda equivale a un battesimo: la prima sfilata di un marchio è il suo ingresso ufficiale nel settore. Per il giovane brand italiano M1992, ad esempio, la prima sfilata del 2017 è stata una parte fondamentale nel lancio del marchio.

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“Per noi la fashion week è stata fondamentale. Il supporto che ci ha dato la Camera Nazionale della Moda ci ha permesso di porre delle basi solide, credibili e istituzionali.”
Gaia Ramona di M1992

La discussione insomma non riguarda la rilevanza della fashion week per sé ma piuttosto la sua struttura e i suoi ritmi, rimasti invariati negli ultimi 20 anni.

Bisogna domandarsi se questo sistema si trovi ancora in sintonia con la domanda della clientela e gli standard di sostenibilità che il settore dovrà essere in grado di rispettare per il futuro. Domandandosi se questo sistema funzionerà per i prossimi vent’anni come ha funzionato in passato, molti insider della moda si sono detti d’accordo a una revisione del calendario della moda, fra cui alcuni colossi dell'industria come Giorgio Armani e Dries Van Noten. Alcuni brand di Kering invece, Gucci e Saint Laurent, hanno già agito a riguardo, annunciando un distaccamento dal tradizionale calendario delle fashion week, mentre tutti i marchi LVMH non si sono pronunciati a riguardo.

Un calendario riveduto proposto da un gruppo di designer propone una serie di presentazione da tenersi solo due volte all'anno. Invece di sfilare negli usuali mesi di gennaio, febbraio, giugno e settembre, le fashion week potrebbero svolgersi in gennaio per le collezioni Spring/Summer maschili e femminii e in giugno per le collezioni Fall/Winter. Nel caso in questa misura fosse effettivamente messa in atto, ci sarebbero forti ripercussioni su tutti i cicli del retail, oltre che sulla percezione del settore e, forse, anche sui tradizionali ruoli professionali al suo interno.

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All’interno del settore non sembra esserci eccessiva preoccupazione per le conseguenze che questi potenziali cambiamenti potrebbero portare , ma bisogna anche considerare che una diminuzione delle sfilate non comporterebbe necessariamente una diminuzione nella produzione di abbigliamento. Nel nuovo calendario proposto, le pre collezioni, sia Cruise che Pre-Fall, non sarebbero cancellate. Ciò significa che, sul piano della sostenibilità, il nuovo sistema aiuterebbe solo attraverso la fusione delle collezioni donna e uomo e la riduzione dell’inquinamento dovuta a una diminuzione dei viaggi da parte di buyer e stampa – un problema che rimarrebbe nel caso in cui alcuni brand proseguissero con un programma di cinque o sei collezioni l’anno.

Qualora, invece, ciò non avvenisse e ogni brand decidesse di agire indipendentemente come abbiamo visto finora, si potrebbe rischiare di creare un sistema di sovrapposizioni che cancellerebbe ogni vantaggio dal punto di vista ambientale.

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“Il ruolo del buyer rimarrà invariato. Il nostro compito è scegliere il prodotto migliore per la nostra attività. Per ora stiamo viaggiando di meno perché ci sono meno appuntamenti, possiamo solo aspettare e vedere cosa porterà il futuro e come si organizzeranno i brand”.
Tiffany Hsu, Buyer Director di Mytheresa,
considera la questione da un diverso punto di vista.

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Nel caso in cui, però, le varie realtà dell’industria si coordinassero, ci sarebbero meno opportunità di esperienze di confronto diretto con il pubblico, il che richiederebbe una crescita della loro presenza digitale. Quella della digitalizzazione è un’esigenza sempre più importante e numerosi marchi, primo fra i quali Gucci, stanno già esplorando la possibilità di sfilate di moda digitali, esperienze di acquisto virtuale e funzionalità interne all’app.

A questo proposito, Gaia Ramona di M1992 ha sottolineato l’importanza di un maggiore allineamento fra i big player del mercato:

“Le possibilità e le alternative sono davvero numerose ma oltre alla disponibilità di noi creativi è necessario anche uno sforzo da parte delle realtà più grandi di convogliare nuove energie verso questa rotta. I grandi brand sono fondamentali in questo momento per dare il buon esempio e dare spinta al fermento che si crea nei momenti di 'tensione'. Un creativo non rimane mai a corto di idee o di iniziativa, va però sostenuto e guidato”.
Gaia Ramona di M1992

Tuttavia, va notato che una riduzione delle sfilate significherà anche un aumento nella densità di prodotti che queste presenteranno, oltre che una serie di cambiamenti nella loro struttura. Una generalizzazione del formato co-ed potrebbe, ad esempio, portare a collezioni più grandi che potrebbero far salire la durata media di uno show a 30 -40 minuti invece che i soliti 15-20.

La probabilità che questi progetti digitali sostituiscano effettivamente gli eventi fisici rimane comunque bassa, soprattutto perché le fashion week non servono solo a mostrare le collezioni ma a molti altri scopi collaterali, non ultimo il networking interno all’industria. Un tipo di vantaggio che le piattaforme digitali semplicemente non possono fornire.

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La concentrazione del budget, poi, unita a una maggiore durata degli eventi, potrebbe risultare in un maggiore grado di sperimentazione e spettacolarità degli show stessi. Potrebbe anche verificarsi una fusione dell’innovazione digitale con l’evento fisico con l’utilizzo di ologrammi, robot e imponenti macchinari come quello usato per la sfilata FW20 di Gucci o il Fenty show di Rihanna del 2019 che è addirittura arrivato su Amazon Prime Video.

Forse quello che dovremmo aspettarci è una fusione di moda e cinema, Gucci SS23 sarà in collaborazione con Netflix? O Balenciaga FW23 potrebbe essere una produzione creata con la NASA o Elon Musk? Le principali evoluzioni future della fashion week più probabilmente comporteranno una trasformazione nel modo in cui viviamo gli eventi in sé stessi. Gli avvenimenti degli ultimi mesi sono ciò che dovrebbe essere la forza trainante per spingere ulteriormente l'industria, per fortuna non verso l'abolizione degli eventi, ma verso una loro ridefinizione che li mantenga al passo con l'evoluzione della tecnologia e consentire a queste occasioni far predominare la qualità sulla quantità.

Ascolta la playlist dedicato sul profilo Spotify di nss magazine.

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