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Breve storia dei prestigiatori al cinema Da George Mélies alla gang di "Now You See Me"

Il cinema è magia. Non è una figura retorica. Il cinema è letteralmente magia. È da lì che nasce. Secondo padre del cinema dopo i Lumière, Georges Méliès nasce come illusionista e diventa poi regista e attore. Oggi è considerato l'inventore della fantascienza e del cinema fantasy. Gestisce un teatro, il Robert-Houdin, che si rifà al predecessore anche lui a sua volta noto prestigiatore, tanto che il più famoso Harry Houdini ne prende il cognome per farne nome d’arte. Proprio dalla sua figura inizia la fascinazione che il cinema ha per i prestigiatori e la magia come spettacolo.

George Mélies e la magia che inganna gli occhi

È Méliès che introduce i primi trucchi di magia sul grande schermo. Trucchi che, nel tempo, vennero definiti tecniche di montaggio. Pensiamo alla possibilità del trucco della sostituzione: con la camera sempre fissa Méliès ci mostra la sparizione di una donna sotto ad un telo e la sua riapparizione poco dopo nel corto Escamotage d'une dame chez Robert-Houdin. Nient’altro che il taglia e cuci di un artista che aveva capito che il cinema poteva ripetere i propri atti prestigiatori nel riquadro di uno schermo, approfittandone per diventare un mago cinematografico e, così, rimanere nella memoria. 

Gli esperimenti di Georges Méliès sono l’esempio di quanto il cinema possegga già in sé una componente di illusionismo spiccata e di come noi come spettatori possiamo darla per scontata. E spesso, come è accaduto poi, svelare i propri trucchi al cinema è solitamente una parte importante delle abilità di prestigiazione, come se si volesse ammettere che c’è sempre una spiegazione logica dietro a ciò che suscita stupore, non depotenziando per questo lo show a cui si è appena assistito.

Se si pensa ancora a Méliès è ciò che avviene anche nella sua più emozionante e toccante biografia romanzata: Hugo Cabret di Martin Scorsese. Quella che non porta il suo nome nel titolo, ma che è come se lo nascondesse per rivelarlo con decisione solo alla fine, con la sua riscoperta, come sanno fare i veri maghi col loro pezzo forte. Il film di Scorsese racconta del mondo che c’è dietro ai trucchi e che è altrettanto affascinante quanto ciò che si può portare su un palco (o uno schermo). È la storia di un uomo che ha sempre giocato con l’impossibile e lo ha reso reale attraverso la cosa che, al reale stesso, è più lontana: la magia. 

I prestigiatori moderni

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Il 2006 è stato l’anno in cui, più di tutti, il cinema voleva mostrare i propri trucchi. Sono due i film che raccontano di illusionisti e dei loro talenti, di come usano le proprie capacità tanto da finirne ossessionati. C’è The Illusionist - L'illusionista con Edward Norton, diretto da Neil Burger, in cui la magia si fa addirittura arma per mantenere l’ordine delle cose, per impedire ad imperi di essere rovesciati con Eisenheim, il protagonista, che usa proprio un trucco di magia per far sì che la donna che ama possa rimanere alsuo fianco.

The Prestige, invece, è l’illusione al servizio di Christopher Nolan ed è esattamente ciò che significa crogiolarsi alla ricerca della verità, col film che ci gioca al punto da rendere lo scoprire cosa si nasconde dietro al sipario un chiodo fisso. Un assillo da cui l’opera libera soltanto sul proprio finale, con uno dei plot twist più inattesi e impressionanti di sempre. 

Spesso, infatti, i segreti degli spettacoli di prestigio vengono riservati alla fine. Talvolta sono tutto ciò su cui si basa un’intera storia. E altrettanto spesso il film thriller o thriller psicologico può prestarsi come palco per il racconto. Nel caso de La fiera delle illusioni - Nightmare Alley, sia del 1947 ma soprattutto col remake del 2021 scritto e diretto da Guillermo Del Toro, è il circo la casa tutelare. Altro spazio dove da sempre ingannare è il proposito dei suoi abitanti e che nel film si addentra nelle meschinità che possono risiedere nei luoghi più oscuri dell’umano.

Nell’opera il protagonista Stan, interpretato da Bradley Cooper, sa di essere un truffatore. Sa che ogni cosa è una mistificazione e per l’uomo di tratta di rendere decifrabile ciò che, all’apparenza, sembra essere il contrario. Qui i segreti, all’opposto, preferirebbero rimanere celati. Ma non è nella natura del cinema, che deve per forza smascherare il raggiro, anche quando è stata la settima arte stessa a metterlo in piedi.

 La trilogia di "Now You See Me"

Di truffatori si potrebbe parlare anche per la saga di Now You See Me. Truffatori, ladri, imbroglioni. Ciò che più è accomunabile alla serie di film dedicati ai maghi del crimine è il genere dell’heist movie, anche lì dove un piano viene messo in pratica con la precisione (si spera) di un orologio svizzero e dove tutte le mosse vengono studiate nel dettaglio per non sbagliare neanche di una virgola. Ciò che fa Now You See Me è esattamente questo, ma con la magia di mezzo.

Se quindi già l’heist movie ha in sé uno spirito che segue direttive di prestigiazione, la saga lo potenzia aggiungendo gli show improbabili del gruppo dei protagonisti. Una banda di maghe e maghi sorvegliati dalla società suprema de L’Occhio, il cui compito è mettere in piedi un mondo più giusto, soprattutto andando contro i miliardari e ridistribuendo, ad ogni spettacolo, i loro patrimoni in maniera più corretta. 

Quelli della saga di Now You See Me sono film basati esclusivamente sui trucchi di prestigio, il loro stupire gli spettatori e, il secondo dopo, mostrare senza trucco e senza inganno come sono stati fatti. Il loro punto di forza è, al contrario di ciò che farebbe un mago fuori dal grande schermo, spiegare cosa è successo.

@digital.printfoot Now you see me 3 looks so peak #nowyouseeme #nowyouseeme3 #fyp #foryou #edit original sound - Digital footprint

È, come insegnava Méliès, l’espressione più alta delle potenzialità che offre il cinema. Osservando le lunghe scene di giochi e illusioni di Now You See Me, dal primo film del 2013 al sequel del 2016 finanche al ritorno quasi dieci anni dopo col nuovo capitolo del 2025, è evidente come persino i vari passaggi dei protagonisti sembrino irreali a dispetto di ciò che stanno provando a legittimare. Ma la forza dell’illusione è incredibilmente alta e non per come viene messa in scena, bensì perché siamo noi in primis a decidere che l’impossibile, in quel frangente, può diventare più che possibile. 

È come se la saga stesse spiegando le leggi della settima arte. Prima di tutto ne sfrutta le risorse. Fa apparire gente, ne fa levitare altra, sposta persone ed oggetti e ogni cosa le è permessa perché i mezzi del cinema glielo concedono. Possono mettere in piedi anche i piani più folli, ma non si accontentano. Devono dirti cosa c’è dietro, devono spiegarti che la magia non è astratta e non si tratta di superpoteri, ma che ogni cosa può essere realizzata con un po’ di arguzia (e un dispendio non indifferente di soldi) soprattutto, aggiungeremmo noi, se puoi farla filtrare attraverso una camera. E se la realizzazione sembra fittizia tanto quanto il trucco è perché fa sempre parte dello spettacolo.

È questo che più di tutto esalta di Now You See Me: il poter spingersi oltre qualsiasi logica e poi farti vedere che, invece, ciascuna cosa ha una sua risoluzione, che solitamente fa rima con “strumenti del cinema”. Ciò permette alla serie di film di andare sempre oltre, di tentare l’irrealizzabile e farlo divertendo e intrattenendo il pubblico. E, come direbbero i colleghi di The Illusionist - L’illusionista, “forse c’è la verità in questa illusione”. E la verità è che il cinema è illusione.