Chrome stai attento, ChatGPT ha rilasciato il suo browser L’hanno chiamata guerra dei motori di ricerca
Tra ieri e oggi, OpenAI ha rilasciato in tutto il mondo (ma solo per utenti Mac) Atlas, il primo motore di ricerca con ChatGPT integrato. La prima versione del browser è un po’ fuorviante: di fatto si tratta di una normale conversazione con ChatGPT, con l’aggiunta della possibilità di passare alle ricerche di Google nel caso in cui le risposte non siano soddisfacenti. Secondo quanto mostrato da OpenAI, in futuro sarà possibile affidare completamente le proprie ricerche all’intelligenza artificiale grazie alla cosiddetta “agent mode”, una funzione che permetterà a ChatGPT di prendere il controllo di tastiera e mouse per completare attività sul computer in autonomia.
La nuova trovata di Sam Altman si inserisce in uno dei mercati più affollati e strategici del tech contemporaneo, quello dei browser. Da quando l’intelligenza artificiale è entrata nella vita quotidiana degli utenti, le aziende della Silicon Valley hanno compreso che il modo in cui siamo abituati a cercare e consumare informazioni online stava per cambiare per sempre. E infatti è successo.
Atlas ChatGPT non è il primo AI browser
Meet our new browser—ChatGPT Atlas.
— OpenAI (@OpenAI) October 21, 2025
Available today on macOS: https://t.co/UFKSQXvwHT pic.twitter.com/AakZyUk2BV
Negli ultimi dodici mesi, ogni motore di ricerca ha cercato di integrare funzionalità AI nelle proprie piattaforme. Google, dopo aver introdotto AI Overview lo scorso anno, ha appena lanciato AI Mode, che apre automaticamente una conversazione con l’intelligenza artificiale in base alla query digitata. Anche Microsoft, nonostante sia tra i principali investitori di OpenAI, ha fatto fare un completo rebranding a Internet Explorer, da sempre simbolo di lentezza e meme per eccellenza, trasformandolo in Edge, un browser “AI-powered” pronto a competere direttamente con Chrome.
Tra i nuovi player, oltre OpenAI, c’è anche Perplexity, che originalmente era nata proprio come un’AI che andava controcorrente al modus operandi di ricerca a cui tutti ormai, dagli anni ‘90 in poi, eravamo stati abituati. L’obiettivo di Perplexity, infatti, è quello di rispondere alle domande dell’utente con solo risultati inerenti alla ricerca, al contrario di Google, che spesso cerca di buttare dentro pubblicità e spam.
Google Chrome resiste?
@helpfulxman Google vrs ChatGPT stats #google #openai #aeo #seo #profound original sound - Helpful Xman
Come sottolinea anche Il Post, tutti, ma proprio tutti, stanno cercando di indebolire il dominio di Chrome. A spingere tante aziende a creare nuovi browser è anche la battaglia legale che circonda Google. In questi mesi, l’azienda è impegnata in una causa antitrust di monopolio, che, nel caso dovesse venire persa, vedrebbe la vendita di Chrome a terze parti. Anche Opera e Mozilla stanno sviluppando browser dotati di intelligenza artificiale, mentre centinaia di start-up provano a inserirsi in un mercato forse già saturo.
In questo mare di intelligenze artificiali, l’epoca di Ecosia, il motore di ricerca che prometteva di piantare alberi a ogni click, sembra lontanissima - dato che anche loro, ormai, si sono convertiti all’AI. E se nel 2022 si parlava ovunque dell’impatto ambientale dei server e delle emissioni legate all’uso intensivo di energia, oggi quell’indignazione collettiva sembra essersi dissolta nel rumore di fondo del progresso tecnologico.
SEO vs GEO
Ma al di là di quella che potrebbe essere definita dialettica “woke”, la vera rivoluzione silenziosa sta avvenendo altrove, in quella che potrebbe essere definita l’economia della visibilità. L’introduzione dell’AI nei motori di ricerca sta cambiando completamente il modo in cui i contenuti vengono trovati, letti e monetizzati. Non si parla più solo di SEO, ma di GEO (Generative Engine Optimization) ovvero l’ottimizzazione per i motori di ricerca generativi.
Secondo un recente approfondimento di Forbes, il modo in cui le persone accedono alle informazioni online è già cambiato in modo strutturale. Una ricerca di Bain & Company rivela che l’80% dei consumatori utilizza oggi sintesi AI per almeno il 40% delle proprie ricerche, con una conseguente riduzione del 25% dei click tradizionali sui siti web. Google è in prima linea grazie ad AI Overviews, che serve già oltre un miliardo di utenti.
In questo scenario, un sito che non compare tra le fonti citate dall’intelligenza artificiale rischia di scomparire del tutto dal radar dell’utente, anche se è perfettamente posizionato nei risultati di ricerca tradizionali. Ed è questa la nuova realtà di miliardi e miliardi di siti che sono al limite dell’oblio digitale, prossimi ad entrare nell’Internet Archive. Se in passato la SEO serviva a farsi trovare dagli umani, oggi la GEO serve a farsi riconoscere dalle macchine e i click non sono più il primo parametro di successo, ma ora si parla di “citazioni algoritmiche”, quindi quante volte un contenuto viene riconosciuto, integrato o linkato da un modello AI. Benvenuta, quarta rivoluzione industriale.