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L'AI metterà in discussione il monopolio di Google?

Il timore c’è, ma la strada potrebbe essere ancora lunga

L'AI metterà in discussione il monopolio di Google? Il timore c’è, ma la strada potrebbe essere ancora lunga

Da quando è stato lanciato ChatGPT sono nati molti motori di ricerca basati sull’intelligenza artificiale, cosa che sta contribuendo a cambiare radicalmente il modo in cui si fanno le ricerche online. È ancora presto per dire se la navigazione in rete, così come la conosciamo, verrà stravolta dall’AI, ma se l’interesse per questi nuovi motori di ricerca continuerà a restare alto, tra le realtà più minacciate da questa trasformazione ci potrebbe essere la stessa Google. Non si esclude che servizi come ChatGPT o equivalenti possano di fatto sostituirsi, in futuro, ai motori di ricerca tradizionali. Già oggi, invece di digitare parole chiave nella speranza che Google fornisca il risultato migliore, le IA spesso permettono – a fronte di domande precise – di ottenere direttamente le risposte discorsive che si stavano cercando, insieme a una serie di link di approfondimento – cosa che è molto apprezzata dagli utenti, e che sta diventando uno standard. Il tutto, almeno per ora, senza pubblicità – che rappresenta il modello di business su cui Google ha costruito il suo impero. I servizi di AI, però, promettono anche di aumentare la qualità dei risultati di ricerca. Sempre più utenti ritengono che quelli offerti da Google – che oggi controlla più del 90 per cento del mercato – siano meno affidabili di qualche anno fa, a causa dell’abbondanza di annunci pubblicitari. La questione riguarda la crescente quota di contenuti sponsorizzati, visivamente poco distinguibili rispetto a quelli che non lo sono. Ma è oggetto di dibattito anche anche il funzionamento dell’algoritmo di Google, e più in generale la qualità della selezione di contenuti offerta dal motore di ricerca, in risposta alle domande degli utenti – quindi promossi come migliori di altri.

Cosa succede se i motori di ricerca sfruttano l’AI 

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Secondo il sito di news tecnologiche The Information, OpenAI starebbe lavorando a un prodotto per le ricerche online. Ma non sono solo le realtà più grandi e strutturate a muoversi in questo campo. Perplexity, ad esempio, è una delle startup che ha fatto più parlare di sé: nata nel 2022, ha sviluppato un chatbot in grado di navigare sul web e al tempo stesso di fare da assistente personale agli utenti. In questo settore un altro player da non sottovalutare è Arc Search, che è una via di mezzo tra un browser e un’AI tradizionale: una delle sue funzionalità più apprezzate, ad esempio, permette di generare riassunti delle singole pagine web consultate. Integrare i sistemi di intelligenza artificiale nei motori di ricerca, in maniera più o meno radicale, è un qualcosa che non minaccia solo l’esistenza di Google, ma anche quella di chi realizza i contenuti online mostrati – i quali monetizzano proprio attraverso il traffico generato. Al contempo, però, e in maniera quasi paradossale, le AI si "nutrono" dei contenuti presenti sul web, che sono essenziali per il loro sviluppo, soprattutto per fornire risposte aggiornate sull’attualità. Tutto questo sta generando un nuovo tipo di business, che però si tema che schiaccerà i tanti piccoli creator. Va esattamente in questa direzione l’accordo da 60 milioni di dollari all’anno stretto tra Reddit e Google, dove il primo ha dato il permesso di usare i contenuti prodotti dagli utenti sul social network per lo sviluppo futuro delle AI.

L’AI applicata al web è solo una bolla?

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Il generale entusiasmo per le intelligenze artificiali sta spingendo aziende di ogni dimensione nell’investire in questi sistemi, senza però un piano del tutto preciso. Secondo alcuni i reali margini di applicazione su vasta scala delle AI sarebbero stati sopravvalutati, al di là dell’entusiasmo iniziale. L’intelligenza artificiale di Google, ad esempio, è collegata a Gmail, dove può essere utilizzata per comporre o riassumere i messaggi. In questo modo, però, gli utenti finiscono per sfruttare intelligenze artificiali di per sé molto sofisticate, complesse da sviluppare e costose per le aziende più che altro per portare a termine lavori piuttosto banali. A tal proposito il Wall Street Journal, in un articolo sulla difficoltà di riuscire a generare profitti dall’intelligenza artificiale, aveva scritto che usare un’AI per riassumere una mail è come prendere una Lamborghini per consegnare una pizza. Lo stesso problema riguarda i motori di ricerca: Microsoft, ad esempio, è stata tra le prime società a sfruttare le potenzialità dell’AI applicata alle ricerche online, a seguito di investimenti enormi; eppure non è ancora riuscita minimamente a scalfire il monopolio di Google, nonostante le grosse aspettative iniziali, prendendosi appena l’1 % di mercato dei motori di ricerca.