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Come e perché nasce un’opera come Una battaglia dopo l’altra? Il nuovo film di Paul Thomas Anderson, dal libro alla promozione cinematografica

Paul Thomas Anderson è arrivato al cinema e non ce n’è più per nessuno. Una battaglia dopo l’altra ha già conquistato il mondo della critica e ha cominciato col botto la sua scalata al box-office, con un incasso in apertura di 48,5 milioni di dollari segnando il risultato più alto raggiunto in carriera dall’autore statunitense. Ottimo, inoltre, il riscontro globale che va ad influire sul botteghino, col film distribuito da Warner Bros. e i suoi 26,1 milioni di dollari spalmati su settantaquattro mercati internazionali, una cifra che supera persino (seppur solo leggermente) le previsioni che erano state fatte prima dell’uscita. I fattori di successo di Una battaglia dopo l’altra sono vari e molteplici, tra tutti la riverenza che il cinema mondiale prova nei confronti di Paul Thomas Anderson, a cui si aggiunge la sua capacità di non sbagliare un film fin dall’esordio nel 1996 con Sydney (Hard Eight). 

Un altro fattore rilevante della risonanza che Una battaglia dopo l’altra sta avendo e che, sebbene prevedibile, si è dimostrato fondamentale, è l’attinenza con il contemporaneo. Il regista descrive con lucidità i tempi che stiamo vivendo, pur circoscrivendoli all’interno di un’unica storia che sembra particolare e specifica rispetto alle vicende dei protagonisti, fornendo così un megafono per i tempi storici, violenti e preoccupanti in cui siamo invischiati. La cosa che più sorprende del film di PTA è l'accurato lavoro di adattamento che ha messo il regista e sceneggiatore nella scrittura del film. Inizialmente dal titolo The Battle of Baktan Cross, addirittura con opzionati gli attori Viggo Mortensen e Joaquin Phoenix, la pellicola è la trasposizione del romanzo Vineland di Thomas Pynchon, scrittore già adattato nel 2014 sempre dall’autore per il suo Vizio di forma

L'adattamento del libro Vineland di Thomas Pynchon

Il libro, pubblicato nel 1990, si discosta parecchio dal lungometraggio portato sul grande schermo da Anderson, il quale ha impiegato anni per trovare la forma giusta con cui metterlo in scena con omissioni e modifiche rispetto al testo di partenza. A cominciare dai nomi: il protagonista di Leonardo DiCaprio, il cui già iconico nome è Bob Ferguson, nel romanzo si rifà al personaggio di Zoyd Wheeler, mentre Prairie diventa la figlia Willa (Chase Infiniti) e la battagliera Frenesi Gates del libro si trasforma nell’esplosiva Perfidia di Teyana Taylor. Anche il colonnello Steven J. Lockjaw di Sean Penn, il cui cognome è perfetto per l’idea da western moderno di PTA, nel romanzo era in origine Brock Vond, e il suo rapporto con la donna/nemica per cui sviluppa un’ossessione era più sincero di quello che vediamo riprodotto sul grande schermo.

Persino il tempo è diverso tra film e libro. Mentre Vineland è un’opera satirica sui cambiamenti e i fallimenti dei moti rivoluzionari ambientata tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, Una battaglia dopo l’altra è immerso in una parentesi temporale che ricorda la nostra epoca, forse tornando leggermente indietro con le incursioni del governo federale e i suoi approcci aggressivi (comprese le pratiche di prigionia e deportazione) che in qualche modo prevedevano l'America odierna – dove l’immigrazione è ora nelle mani dell’ICE e delle sue politiche di smaltimento. Uno sfondo meno allegorico di quello di Pynchon, con una trama anche più lineare rispetto a ciò che emerge dalle pagine scritte. L’esempio di un film dove viene presa con attenzione la dicitura “ispirato a”, perché talvolta per restituire al meglio un’opera che si ama bisogna anche saperla distruggere per poi poterla ricomporle e farla esprimere al meglio con un altro mezzo (in questo caso il cinema).

 Paul Thomas Anderson: «non andate contronatura»

Il che porta al secondo punto di Una battaglia dopo l’altra, le dichiarazioni in merito al formato e alla pellicola utilizzati da Paul Thomas Anderson per rendere ancora più assortiva la visione del film. Per l’occasione, il regista ha aperto un profilo Instagram, il cui primo post è una dichiarazione sul perché sono stati scelti determinati parametri per portare sullo schermo il suo ultimo lavoro. «Una battaglia dopo l’altra sarà proiettato in molti formati in tutto il mondo», si legge sull’account. «Per la prima volta dopo molto tempo un film sarà proiettato in VistaVision. È improbabile che molti abbiano visto qualcosa del genere. L’ultimo film distribuito su larga scala in VistaVision fu I due volti della vendetta nel 1961. Ma ora è tornato. Abbiamo realizzato tre copie. Saranno proiettate a Los Angeles, New York e Londra. Spero che, se possibile, sceglierete di vederlo in questo formato».

Il sogno di cr eare un’opera in VistaVision era un’idea che Anderson portava con sé  da molto tempo. Creato nel 1954 per cercare di competere con la diffusione di massa delle televisioni dentro le case, VistaVision consentiva alla pellicola di avere una risoluzione più alta e una grana più fine. Ma non è finita per gli appassionati: «Se ti piacciono i film grandi, rumorosi e spettacolari - prosegue PTA su Instagram - Abbiamo proiezioni in formato IMAX 70 mm. Se ti piacciono le vecchie pellicole 70 mm con cinque perforazioni abbiamo anche quelle. Non c’è bisogno di ricordarlo, ma vale la pena ribadire che guardare un film su pellicola è il suo modo più naturale. Non andare dunque contronatura e cerca il cinema più vicino a te che proietta in pellicola».

Il marketing di Una Battaglia Dopo l'Altra  

@chase.infiniti one solo shot after another #onebattleafteranother originalljud - KC

L’attenzione all’essenza della pellicola e del cinema strettamente inteso sembra entrare in contrasto con un aspetto del tutto inatteso sia di Una battaglia dopo l’altra che dei suoi volti, regista incluso. Nell’epoca della pervasività dei social e della pubblicità che inevitabilmente deve passare anche su mezzi di comunicazione diversi dai semplici cartelloni o le comparsate televisive, la Warner ha deciso di replicare la strategia applicata con Superman (sebbene quest’ultima fosse più strutturata fin dai contenuti sul set e poi durante il press tour) e tentare di rendere “social” anche il film di Paul Thomas Anderson. Questo sembra davvero contronatura.

Il compito viene affidato a Chase Infiniti, la Willa Ferguson del film, classe 2000, che viene usata come gancio a cui il resto del cast deve abboccare. Una trovata che Vulture ha rimarcato notando che persino DiCaprio, divo per eccellenza il cui nome bastava una volta per trascinare le masse, potrebbe ormai non bastare più per portare gente in sala. Stando ai risultati del box-office, la promozione di Una battaglia dopo l’altra sembrerebbe funzionare, ma è probabile che anche senza i reel a cui ormai anche le star o i gradi autori devono sottostare un film del genere sarebbe andato bene lo stesso. Per il botteghino, comunque, questo e altro, poiché resta ancora un dato imprescindibile dell’industria, anche quando riguarda prodotti tanto artistici: «Credo che il box-office sia importante perché significa che ci sono persone sedute insieme al cinema, vivono un’esperienza comune realizzata con professionalità proprio per avere quello scopo», ha commentato Leonardo DiCaprio durante un’intervista a Variety.   

Il messaggio di Una Battaglia Dopo l'Altra

In fondo, TikTok e reel sono parte del mondo di oggi e vengono usufruiti niente di meno da un film che, a propria volta, parla con lucidità del periodo attuale. In questo processo di taglia e cuci durato vent’anni, Paul Thomas Anderson descrive un’America allo sbaraglio dove la libertà lotta (anche armata) per ritrovare il proprio posto. I confini sono chiusi, come le persone nelle prigioni a cielo aperto; la disuguaglianza è diventata tale che bisogna inforcare la ragione e cercare di ristabilire l’auto-determinazione dei singoli. In Vineland, i personaggi sono eco di ideali specifici, mentre la pellicola di PTA si svincola dal voler presagire o predicare, mettendo soltanto in scena ciò che ci circonda ogni giorno e per cui dovremmo sul serio combattere. Il film è così quasi un moto di speranza, intesse un messaggio di trasmissione che non porta solo ad una battaglia dopo un’altra, ma a una generazione dopo l’altra.    

Willa diventa il fulcro del dramma privato di due uomini, padri agli antipodi, e a cui a proprio modo si ribella ad entrambi. Eppure finisce lei stessa a inforcare il fucile e ad aprire gli occhi sul far west che le sta attorno, fatto di rivoluzioni impossibili da mettere a tacere e suprematisti bianchi (ipocriti) che ancora reclamano vaneggianti privilegi su questa terra. Essere figli della rivolta è ciò che PTA augura a tutti, mentre sulla scia di Eddington di Ari Aster dimostra che per descrivere gli USA di oggi non si può più entrare nel presente quotidiano, ma il cinema ha bisogno di riappropriarsi di quel genere che lo ha reso grande proprio perché raccontava la storia di un paese e di come era nato.

Il western di Aster e Anderson, però, non può che essere all’opposto di quello dell’epoca d’oro, più confuso e allo sbaraglio per questa America del XXI secolo che, proprio perché sta bruciando, deve rimettere delle solide basi per poi ricominciare. Grandioso, stratificato e dalla durata di due ore e quaranta minuti, Una battaglia dopo l’altra è (insieme a The Voice of Hind Rajab) il film più importante del 2025. E forse potrebbe continuare ad esserlo anche negli anni a venire.