
Non esiste Bad Bunny senza la sua identità portoricana Ragione per cui l'artista si è rifiutato di esibirsi negli Stati Uniti
È giunta ormai quasi al termine la cosiddetta residencia di Bad Bunny a Porto Rico: una maratona di 30 concerti che la star del reggaeton mondiale sta portando avanti da metà luglio sulla sua isola natia e che si concluderà con un gran finale proprio questo weekend dopo aver scelto di non esibirsi in America. Per essere chiari, parliamo di un evento la cui portata non ha precedenti nella storia dell’isola: Moody's Analytics ha stimato un totale di circa 600 mila spettatori in tre mesi con un impatto economico diretto di circa 250 milioni di dollari. Se a questo si aggiungono anche gli acquisti non direttamente correlati ai concerti, saliamo alla cifra stellare di 400 milioni. Secondo AirDNA, che monitora a livello globale gli affitti per le vacanze, a San Juan, dove si svolgono tutti i concerti, i ricavi derivanti dagli affitti a breve termine sono più che raddoppiati rispetto allo scorso anno: «Vediamo questo tipo di aumento quando ci sono le Olimpiadi di Parigi o il Super Bowl, ma si tratta di periodi brevi», ha detto Jamie Lane, capo economista di AirDNA. «È la prima volta che lo vediamo in modo prolungato, in una sola città».
A beneficiare non sono solo hotel, B&B e ristoranti, ma anche le piccole attività commerciali locali che hanno sfruttato la residenza come opportunità di marketing per farsi conoscere, vendendo qualsiasi tipo di merchandising legato all’artista: dai classici capi d’abbigliamento - soprattutto costumi, camicie e cappelli caratteristici - fino alla “famosa” manicure alla Bad Bunny. A tutto ciò si aggiungono anche altre attività culturali e ricreative come mostre, lezioni di danza tradizionale e visite alle piantagioni di caffè. Il volume d’affari smosso da Bad Bunny a Porto Rico è impressionante, ma non così tanto per chi conosce il livello di successo raggiunto dall’artista negli ultimi anni.
Chi è Bad Bunny?
Nato nel 1994 a Vega Baja da madre insegnante e padre camionista, prima di diventare famoso come Bad Bunny, Benito Antonio Martínez Ocasio lavorava come commesso in un supermercato. Aveva sempre avuto il pallino della musica, amando sia i grandi nomi del rap e del reggaeton portoricano - come Daddy Yankee e Vico C - sia i cantanti di salsa conosciuti grazie alla madre (una combinazione di tradizione e innovazione che si può sentire ancora oggi nei suoi dischi e che ne è diventata almeno in parte la sua cifra stilistica). A un certo punto Benito decide di caricare le sue canzoni su SoundCloud, ed è proprio grazie a una di queste – Diles – che nel 2016 attira l’attenzione del produttore DJ Luian, capo dell’etichetta discografica Hear This Music.
Da lì comincia ufficialmente la sua carriera musicale che lo vede mettere in atto subito una strategia di lancio ambiziosa: caricare ogni settimana un singolo nuovo con un video su YouTube in modo da inondare la piattaforma di contenuti e dominare l’algoritmo della musica latina. La cosa funziona e nel giro di poco Bad Bunny conquista un pubblico sempre più vasto, che lo porterà a collaborare con una lunga schiera di artisti affermati, come Drake, J Balvin, Cardi B, Nicki Minaj, 21 Savage, Travis Scott, Future, Will Smith e Jennifer Lopez, diventando lui stesso un nome di punta della scena (latin) pop mondiale.
Nel frattempo, il suo successo travalica i confini della musica e comincia a scardinare le porte di alcuni luoghi simbolo della cultura pop statunitense: viene regolarmente ospitato al Saturday Night Live, entra nel mondo del cinema hollywoodiano (in questi giorni è in sala con l’ultimo film di Aronofsky, Caught Stealing), e diventa un nome affermato all’interno della federazione di Wrestling WWE, sua passione fin da bambino.
Bad Bunny come simbolo di progresso
Non solo. Bad Bunny diventa presto anche un simbolo di inclusività e di giustizia sociale per il proprio paese. In prima battuta sfida il mondo machista del suo ambiente, dipingendosi le unghie e mostrandosi in abiti femminili. Niente di particolarmente innovativo o trascendentale se pensiamo a David Bowie e Kurt Cobain, ma se caliamo il tutto all’interno del contesto dei rapper latinx di oggi si tratta di una vera e propria rivoluzione.
BB ha scritto canzoni dal punto di vista femminile – YO PERREO SOLA, ad esempio è un pezzo sulle donne che vogliono ballare da sole in discoteca senza essere disturbate dagli uomini (Ti chiamerà se avrà bisogno di te / ma per ora twerka da sola) – canzoni contro la violenza domestica come SOLO DE MI (Non chiamarmi “baby” / Non sono tua né di nessuno / Sono solo mia) - e ha girato diversi video in cui appaiono donne transgender, drag queen, coppie dello stesso sesso e persone con disabilità. I suoi detrattori diranno che non ha fatto altro che cavalcare la moda del momento, senza considerare che al massimo si tratterebbe di ciò che va di moda oggi su Netflix, ma di certo non di quello che va di moda nel mondo del rap e del reggaeton latino di Porto Rico.
L'anti-colonialismo di Porto Rico
Bad Bunny lanza fuerte crítica contra Donald Trump en su video de NUEVAYoL. pic.twitter.com/3Lq6RAKNpK
— Bad Bunny HQ (@BBPRTV) July 4, 2025
Col passare del tempo BB si è interessato sempre di più anche ai problemi sociali e politici di Porto Rico, che si trova ancora oggi in una sorta di limbo post-coloniale: non può essere considerato uno stato indipendente perché è sotto la giurisdizione degli Stati Uniti, ma non fa neanche parte degli USA perché la sua richiesta, votata più volte dalla popolazione attraverso vari referendum, non è mai stata approvata dal Congresso americano.
Porto Rico è quindi ad oggi formalmente un territorio non incorporato degli USA, con status di autogoverno: in soldoni ciò significa che ha un governatore che deve sottostare alle leggi americane e che i suoi abitanti hanno la cittadinanza statunitense, ma non possono votare per le elezioni del presidente. Naturalmente l’attuale amministrazione Trump non vede l’isola di buon occhio, tanto che durante un comizio è stata definita «un’isola di spazzatura galleggiante», scatenando le reazioni indignate dei portoricani, e in primo luogo proprio quella di Bad Bunny.
Come Bad Bunny è diventato un attivista politico
We stand with bad bunny and skipping an entire american leg probably is the strongest political stand a popstar can take against ICE & Trump
— W (@live4ga) September 10, 2025
Oltre ai social, BB ha sfruttato spesso le proprie apparizioni pubbliche televisive per mandare dei messaggi di contestazione politica. Nel 2018 ha approfittato di un'esibizione al Tonight Show di Jimmy Fallon per denunciare la scarsa risposta da parte degli USA all'uragano Maria, che nel 2017 aveva messo in ginocchio l’isola: «Sono morte più di 3.000 persone e Trump continua a negare» aveva dichiarato prima di iniziare a cantare Estamos Bien, mentre sullo schermo scorrevano le terribili immagini della tempesta. Quando nel 2020 ci fu l’uccisione di Alexa Negrón Luciano, una donna transgender di Porto Rico brutalmente uccisa a colpi di pistola per strada, Bad Bunny salì di nuovo su quel palco, indossando una gonna di raso nero e una maglietta che recitava «Hanno ucciso Alexa. Non un uomo con la gonna».
In molte altre occasioni BB si è esposto in prima persona su varie tematiche sociali interne, come la controversa chiusura delle scuole locali o la più recente incursione sul territorio portoricano delle forze dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement),la polizia speciale antimmigrazione rafforzata da Trump, contro la cui politica migratoria quest’estate si sono levate violente proteste, soprattutto nella zona di Los Angeles. I Portoricani che vivono negli USA non hanno avuto grossi problemi da questo punto di vista, essendo cittadini americani a tutti gli effetti, ma ciò non ha impedito a BB di schierarsi a favore dei più deboli: in questo caso gli immigrati dominicani presenti a Porto Rico da molto tempo e presi di mira dall’ICE nei raid di quest’estate.
Il successo di DeBÍ TiRAR MáS FOToS
Tutto questo ethos si è riversato in buona parte anche nell’ultimo album intitolato DeBÍ TiRAR MáS FOToS (in italiano, avrei dovuto scattare più foto). Cantato come sempre interamente in spagnolo, per restare fedele alle proprie radici, il disco rappresenta un vero e proprio manifesto politico. Fin dalla copertina, che ritrae semplicemente due sedie di plastica, si tratta di un tributo a Porto Rico e alla sua gente, un album “di strada” non nell’accezione malavitosa del termine, tanto in voga nell’ambiente trap-reggaeton, ma nel senso più comune di strada come luogo di incontro delle persone. Al disco hanno collaborato anche due ospiti extramusicali d’eccezione: il regista portoricano Jacobo Morales ha recitato nel cortometraggio di lancio, vestendo i panni di un anziano che non riconosce più la sua terra, ormai totalmente gentrificata e yankeezzata. Mentre il docente di storia Jorell Meléndez-Badillo, autore del saggio Puerto Rico: A National History, ha scritto tutti i testi di approfondimento sulla storia portoricana che accompagnano i visual delle canzoni: dalla nascita della bandiera allo sviluppo delle musiche popolari.
Dal punto di vista strettamente musicale è un album che unisce il reggaeton alle musiche più tradizionali dell’isola, come la salsa, la plena e la bomba. I temi delle canzoni sono tanti, ma in buona sostanza riconducibili alla lotta di resistenza culturale e politica per l’autoaffermazione di Porto Rico: dai pericoli dell’overtourism cantati in TURiSTA alla cancellazione culturale di LO QUE LE PASÓ A HAWAii fino alla canzone simbolo dell’album, rappresentata dal brano di apertura intitolato NUEVAYoL, ovvero New York, principale meta di emigrazione e da sempre croce e delizia dei portoricani.
«New York era il simbolo della diaspora. E al tempo stesso, è lì che sono nate cose straordinarie, quando i Portoricani hanno incontrato altri latini, cubani, dominicani, e insieme hanno fatto musica, arte, cultura», spiega Bad Bunny. La canzone è costruita intorno a un sample di Un Verano en Nueva York, celebre motivo dell’orchestra El Gran Combo de Puerto Rico. Ma il brano cita anche un’altra vecchia canzone portoricana meno nota, intitolata Mama Borinquen Me Llama, che a sua volta conteneva alcuni versi di una poesia di Virgilio Dávila, intitolata Nostalgia, su un immigrato che vive a New York e prova una forte nostalgia di Porto Rico: da una parte una città fredda come la morte, dall’altra una fiamma che brucia nel petto, ancora oggi sintesi perfetta del rapporto tra Stati Uniti e portoricani.
La paura dei raid dell'ICE
bad bunny reveals he is not touring in the U.S. right now due to fear of ICE raids.
— Genius (@Genius) September 10, 2025
"There were many reasons why I didn’t show up in the US, and none of them were out of hate—I’ve performed there many times. All of [the shows] have been successful. All of them have been… pic.twitter.com/7cw0lsDO3r
Per la prima volta, negli ultimi giorni Bad Bunny si è aperto sulla ragione per cui non ha incluso gli Stati Uniti nel tour. Come dichiarato nella sua cover story per i-D magazine, il principale timore era che l'ICE potesse organizzare dei raid nei pressi delle venue. «Le persone dagli Stati Uniti potrebbero venire qui a vedere lo show. I latini e i portoricani che vivono negli Stati Uniti potrebbero anche viaggiare qui, o in qualsiasi altra parte del mondo», ha raccontato l'artistista. «Ma c’era la questione che… l’ICE potesse trovarsi fuori dal mio concerto. Ed era qualcosa di cui stavamo parlando e che ci preoccupava molto».













































