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L’alert fatigue è un problema per l’informazione? Cresce il numero di persone che disattiva le notifiche

Tutti i giorni, a qualsiasi ora, da qualche parte nel mondo un cellulare riceve una notifica, una chiamata o un messaggio. È una caratteristica del nostro tempo, o almeno lo è da quando lo smartphone è entrato nelle nostre vite: sempre connessi, sempre reperibili, sempre online. Proprio per questo, un numero crescente di persone manifesta sintomi di quella che viene definita alert fatigue (letteralmente «stanchezza da notifiche») e a confermarlo non sono solo le testimonianze dirette, ma anche i dati di una vera ricerca. Secondo un’analisi globale del Reuters Institute for the Study of Journalism, il 79% delle persone intervistate ha deciso di non ricevere alcun avviso di notizie sul telefono durante la settimana. Ancora più significativo è il fatto che il 43% di chi non riceve notifiche ha scelto attivamente di disattivarle. Molti lamentano di riceverne troppe o di non trovarle utili. L’uso delle notifiche da parte dei giornali e degli enti informativi è cresciuto esponenzialmente nell’ultimo decennio: come riporta il Guardian, negli Stati Uniti dal 2014 a oggi la percentuale di utenti che riceve avvisi è salita dal 6% al 23%. E le cifre sono simili anche in Europa: nel Regno Unito, ogni volta che la BBC invia una notifica, si stima che circa 4 milioni di persone la ricevano. Il Financial Times, riferisce il Guardian, «non invia più di quattro avvisi al giorno», ma «invia una serie di avvisi di notizie generali a tutti, e poi una notifica personalizzata alla stessa ora ogni giorno per coloro che hanno optato per l’invio». In altri Paesi, la frequenza è ancora più intensa: il Jerusalem Post e la CNN Indonesia arrivano a inviare fino a 50 notifiche al giorno, secondo Reuters, mentre alcune app di aggregazione di notizie ne mandano addirittura di più.

«Si tratta sicuramente di alert fatigue», ha dichiarato al Guardian Nic Newman, autore principale del report. «Gli utenti vogliono proteggersi durante il giorno, in modo da non essere distratti e poter fare altre cose. Non significa che non siano interessati alle notizie, ma semplicemente non vogliono che le notizie arrivino in continuazione, 24 ore su 24». La ricerca mette inoltre in evidenza un problema ulteriore, strettamente legato all’alert fatigue: le notifiche delle notizie competono per l’attenzione dell’utente insieme a quelle provenienti da social media, giochi e altre app di intrattenimento. Questo porta a una vera e propria assuefazione agli stimoli digitali, che finisce per rendere poco rilevanti gli avvisi informativi, anche quando questi riguardano notizie di grande importanza. È una sorta di «al lupo al lupo» che rischia di danneggiare il giornalismo, con l’informazione viene progressivamente esclusa dallo spazio più ambito da tutti i media: la schermata di blocco dello smartphone.

Trovare il giusto equilibrio tra il desiderio di restare aggiornati e il bisogno di proteggere la propria quiete da un flusso di notifiche ininterrotto, spesso anche dal forte impatto emotivo se si considera l’attuale situazione internazionale, sembra una sfida sempre più complessa. Il rischio è che l’eccesso di notifiche comprometta l’intero settore dell’informazione. I grandi operatori di software per smartphone, come Apple e Google, hanno già iniziato ad avvertire gli editori sull’invio eccessivo di alert, temendo l’effetto indesiderato dell’alert fatigue. Questo ha alimentato il timore che in futuro le piattaforme possano intervenire in modo più deciso, limitando o mediando l’invio delle notifiche stesse, ma incidendo anche sulla libertà di stampa. Il segnale è chiaro: per evitare che le notizie vengano ignorate, bisogna ripensare il modo in cui vengono recapitate. Altrimenti, anche l’informazione rischia di diventare solo rumore di fondo.