
Il vino rosso non fa più girare la testa ai francesi
E nemmeno al resto del mondo in realtà
16 Gennaio 2025
Non solo moda e lusso: anche il vino rosso sta attraversando un periodo di crisi, complice il trend che, da qualche anno ormai, sta portando le nuove generazioni a una maggior consapevolezza riguardo alla salute, al benessere e alla prevenzione, come conferma il recente articolo del Time: la narrazione è cambiata e bere alcol non è più emblema di maturità e sofisticatezza. In particolare, il consumo del vino rosso in Francia è calato del 90% dalla fine degli anni ’70, secondo quanto affermato dal Conseil Interprofessionnel du vin de Bordeaux, l’associazione che tutela la diffusione del prodotto di punta del patrimonio territoriale in tutto il mondo. Secondo un’indagine condotta da Nielsen, società leader nel mercato nell’ analisi dei dati e dei consumi, il declino è globale, non riguarda solo il panorama francese. E i dati da tutto il mondo parlano chiaro: negli ultimi decenni, generazione dopo generazione, si consuma l’80% in meno di vino, con un’ accelerazione che riguarda gli ultimi anni, visto e considerato che la GenZ acquista la metà del volume rispetto ai millenials. Il recente cambio di gusti e la predilezione alla qualità rispetto che alla quantità, porta l’intera generazione a preferire i RTD (ready-to-drink), cocktail a base di distillati bianchi e liquori, rosè e amari, oltre ad opzioni analcoliche: la proposta di vini di bassa gamma venduti nei supermercati è sempre meno allettante.
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Ma non solo: l’assenza di connessione con le generazioni più giovani e la difficoltà da parte delle aziende vinicole a reinventarsi, sono solo alcuni dei fattori che stanno facendo soffrire l’industria: «Se i nonni bevevano circa 300 litri di vino rosso all’anno, i genitori circa 180, i ragazzi ora si attestano intorno ai 30» conferma il sociologo Jean Pierre Durand. Per Spiros Malandrakis, analista di Euromonitor International, il cambio di rotta è inevitabile: «Con ogni generazione in Francia osserviamo la trasformazione, il vino rosso sta vivendo un momento di crisi "esistenziale” visto il cambio di gusti». E il rallentamento nella produzione non è solo legato ai consumatori, ma anche all’ impatto della crisi climatica: con l’aumento delle temperature globali, la minore disponibilità di acqua in tutto il mondo, le caratteristiche dei vini stanno cambiando, comportando una riduzione della qualità e una concentrazione di zuccheri più alta. Secondo uno studio compiuto da Nature Reviews, entro la fine del secolo, le aree adatte alla produzione di vino potrebbe diminuire fino al 70%.
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In quest’ottica si prefigura allettante l’alternativa che riguarda la possibilità di spostare i vigneti a nord: sembra che nelle regioni settentrionali dell’Europa e del Nord America i terreni adatti alla viticoltura potrebbero aumentare dall’80 al 200% e gli inglesi sfidano il mercato francese. Se alcune zone, a causa delle basse temperature, potevano in passato sembrare inaccessibili, ora sono proprio quelle aree ritenute poco ospitali a riscrivere la mappa della viticoltura, prefigurandosi come nuovi orizzonti. E’ il caso di alcuni investimenti che famosi brand di champagne, come il Taittinger, che stanno portando avanti nel sud dell’Inghilterra, in particolare nel Sussex e nel Kent.
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La crisi tocca di conseguenza anche l’affluenza alle fiere dedicate: le ultime edizioni della Wine Paris & Vinexpo Paris hanno comprovato un drastico calo rispetto al passato. Il modello Bordeaux, riferimento storicamente da imitare, per varietà, concentrazione tannica ed intensità, oggi ha perso terreno: gioca un ruolo chiave il sempre maggior interesse nei confronti dei vini coltivati in maniera autoctona, che rompono lo schema della monotonia di vitigni francesi che ad oggi non sono stati in grado di reinventarsi adattandosi ai nuovi consumatori. Il problema sembra riguardare maggiormente la produzione di massa dei vini medi, la cui competizione è cresciuta a livello mondiale, rispetto a quelli “haut de gamme”. Le strade da intraprendere sembrano orientate a raggiungere un mercato più ampio e orizzontale, comprendendo una diversificazione più inclusiva che guardi anche a un pubblico che non consuma alcolici, come viene confermato da Carlo Flamini, responsabile dell’Osservatorio del vino dell’Unione italiana vini : « La Gen Z è molto poco legata al vino e se beve, lo fa in modo molto più “laico” e con un’attenzione maggiore a calorie e grado alcolico» oltre a puntare su una più alta qualità del prodotto. In quest’ ottica, sarebbe un errore ignorare le necessità delle nuove generazioni e chiudere la porta al cambiamento.
I honestly think in 30 years society will look at alcohol like we look at tobacco today. You can already see it starting—Gen Z consumes 20% less alcohol than Millennials did at the same age.
— Rex Woodbury (@rex_woodbury) August 29, 2022
In ultimo, va tenuto in considerazione il forte calo della domanda da parte della Cina, uno dei player più attivi nel panorama dell’esportazione, in particolare del Bordeaux Gran Cru. Il momento di contrazione diffusa, causata dalla recessione economica e dalle tensioni geopolitiche, riflette un periodo di forte incertezza anche nel caso del commercio del vino rosso che è sceso a 240 milioni di euro nel 2024. I consumi confermano il trend: il calo per il 2023 si è attestato al 15%, con un’ulteriore riduzione del 9% dell’anno scorso. Lo sguardo si dirige quindi verso nuovi mercati in crescita, come la Thailandia la cui richiesta è in crescita, grazie alla agevolazioni sui dazi e gli Emirati Arabi Uniti. Riusciranno i rinomati vigneti della Loira ad allinearsi con il nuovo cambio di rotta e ad avvicinarsi ad un nuovo pubblico?