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Ha senso candidare la cucina italiana a patrimonio dell'UNESCO?

Alcuni addetti ai lavori non sono del tutto d’accordo

Ha senso candidare la cucina italiana a patrimonio dell'UNESCO? Alcuni addetti ai lavori non sono del tutto d’accordo

La procedura di valutazione della candidatura della cucina italiana a diventare patrimonio immateriale dell'UNESCO dovrebbe concludersi entro la fine del prossimo anno. L’iniziativa è sostenuta dal Ministero della Cultura e da quello dell'Agricoltura, ed è stata definita «il miglior biglietto da visita per presentare l'Italia nel mondo». Nello specifico, la candidatura riguarda la cucina italiana intesa come insieme di pratiche sociali e riti che rendono spesso la preparazione e il consumo dei pasti un momento di condivisione di valori e identità regionali. «Credo che l'importanza della cucina italiana come patrimonio immateriale non sia quella dei nostri chef, ma quella che le nostre nonne ci hanno tramandato» ha detto a tal proposito il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Non tutti, però, sono d’accordo con questa candidatura, perché si ritiene che la cucina italiana – essendo così complessa e sfaccettata – non detenga realmente i requisiti per diventare un bene protetto dall'agenzia delle Nazioni Unite.

Le critiche alla candidatura della cucina italiana all'UNESCO

Secondo le regole dell'agenzia, per diventare patrimonio UNESCO l’elemento candidato deve essere trasmesso di generazione in generazione e deve comunicare un senso di appartenenza sociale e culturale. «Si può sostenere questo per “la cucina italiana” tout court?» si chiede su Linkiesta Gastronomika Michele Antonio Fino, professore presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. «Che cosa c’è di tradizionale nelle cucine dei grandi chef e al tempo stesso nelle cucine familiari, nelle osterie come in tutti i luoghi in cui si mangia nel Belpaese? [...] Non certo le ricette familiari, perché segnano una molteplicità irriducibile sotto l’aggettivo “italiana”». Secondo Fino, in Italia non è realmente presente una «tradizione gastronomica comune», per questo non ci sarebbe il margine per proporla – senza “appiattirla” – a diventare patrimonio immateriale. Fino, più che la cucina italiana in generale (ammesso che per l’appunto esista davvero), proporrebbe di candidare piuttosto la «confidenza» degli italiani nei confronti del cibo, intesa come «un patrimonio di pratiche, conoscenze e sensibilità» tramandato indirettamente attraverso le generazioni. Altri ritengono che la proposta di far diventare la cucina italiana patrimonio dell’UNESCO non avrà delle conseguenze rilevanti su come viene percepita nel mondo. Claudio Costantino, del progetto di divulgazione culinaria Juice, sostiene che la candidatura non sarà in grado, da sola, di «aggiungere degli elementi di valore, o cambiare la prospettiva» sulla percezione della cultura gastronomica italiana all’estero – cosa che invece è avvenuta con il riconoscimento al Messico, con il riconoscimento della sua cultura gastronomica da parte dell'UNESCO che ha contribuito a far conoscere al di fuori dei confini nazionali la tradizione culinaria del Paese.

Siamo sicuri di sapere cos’è la “cucina italiana”?

@lasalsicciaciociara

Tchaikovsky-Piano Concerto No.1-1

La cucina italiana è molto meno codificata di quanto si creda. La pasta, ad esempio, sebbene sia un prodotto presente nei ricettari siciliani fin dal Medioevo (e dalla seconda metà del Seicento anche in quelli napoletani), è diventata un piatto nazionale solo a partire dalla Prima guerra mondiale. La grande varietà di piatti italiani che conosciamo oggi deriva infatti dal benessere raggiunto nel secondo dopoguerra; fino a quel momento gli italiani mangiavano tendenzialmente poco e male – ed è per questo che le classi più benestanti in cucina tendevano a imitare la cultura gastronomica francese. Le pizzerie in Nord Italia si sono diffuse relativamente tardi: inizialmente erano viste come qualcosa di “esotico”, frequentate quasi esclusivamente dai giovani. Se è vero che l’identità nazionale passa anche e soprattutto dalla cucina, è altrettanto vero che la cucina, come i popoli, è in costante divenire. Alcuni storici ed esperti di gastronomia criticano iniziative come la candidatura della cucina italiana a patrimonio-UNESCO perché leggono fra le righe l’intenzione di cristallizzare la cultura gastronomica del Paese e, con essa, la sua stessa identità culturale.