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Nessuno capisce se "Napoleon" è un fiasco o no

Analizzando la narrazione dell'ultimo film epico di Ridley Scott

Nessuno capisce se Napoleon è un fiasco o no Analizzando la narrazione dell'ultimo film epico di Ridley Scott

«Le battaglie napoleoniche sono così belle. Come balletti vasti e letali… hanno tutti una brillantezza estetica che non richiede una mente militare per essere apprezzata». Queste furono le parole che Stanley Kubrick utilizzò per descrivere quanto il suo incompiuto progetto per un biopic di Napoleone non avrebbe messo in risalto solo le sue gesta, ma anche il modo in cui per lui la strategia militare era anche un’estetica e forma mentis. Il modo sinuoso e musicale di rendere la guerra un’arte da ricollegare alla propria esistenza. Napoleone è stato sicuramente uno dei personaggi più indecifrabili ed eclettici del suo tempo, capace ancora oggi di dividere l’opinione: incarnazione perfetta di una rivoluzione o dittatore bramoso? Attraverso le gesta e le incomprensioni dell’uomo Bonaparte non si traccia solo un dato periodo storico, ma il rapporto da sempre conflittuale tra uomo e potere, tra l'umano e il sovrumano, uno dei leitmotiv del cinema contemporaneo. Dove non riuscì Kubrick alla fine degli anni '60, esasperato dalla ricerca di fondi e dal mastodontico e infinito lavoro di ricerca, arriva oggi in sala il Napoleon di Ridley Scott che sta già dividendo la critica tra chi lo considera un ottimo racconto storico-militare a chi ne mette in risalto i molteplici errori storiografici.

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Infatti, nonostante in questi giorni si stia attribuendo al film un sapore antifrancese dato che per alcuni fa di Napoleone una sorta di rozza caricatura, non raccontando nel dettaglio le sue gesta, si può pensare che Ridley Scott abbia voluto scindere il generale dall'imperatore, facendogli volontariamente andare stretto il suo ruolo di corte in quanto attratto unicamente da guerra e conquista. «Naturalmente Napoleone è glorioso grazie alle vittorie militari», afferma Peter Hicks, storico britannico della Fondation Napoléon di Parigi. «Forse non è il modo in cui pensiamo oggigiorno. Ma all’epoca era estremamente popolare a causa dell’immenso successo dell’esercito francese». Mostrarne unicamente la fierezza, l’immagine di nuovo Re Sole, non sarebbe stata coerente con quanto Napoleone effettivamente rappresentò, un grande Imperatore che voleva sradicare la Monarchia Divina di quegli anni ma che non fu effettivamente capace di mantenere in piedi la brama ed il suo ego. Come raccontato in una lunga intervista al New Yorker ciò che conta di più per Scott è che l’immagine valga più di mille parole e ciò comporta che nel film la vera anima di Napoleone si concentri nelle sue battaglie, nelle vittorie schiaccianti come Austerlitz, di cui è grandiosa la messa in scena, fino alla caduta di Waterloo. Un uomo che voleva superare anche sè stesso fino ad ergersi come divinità. La cavalleria con il comandante in testa danza al ritmo del tamburino, il muoversi delle truppe sembra eseguire uno specifica coreografia geometrica, mettendo in mostra un vero e proprio valzer dove la musica detta e scandisce le varie fasi della battaglia. Napoleone sembra scrivere perennemente lo spartito del suo destino.

Napoleon è un film che rivendica la grande messa in scena, lo strutturarsi di epiche battaglie di cui solamente il cinema può esserne portatore sano. Le sequenze sono a dir poco meravigliose, nitide, capaci di rivendicare la struttura dei grandi film che resero il cinema muto un caposaldo per l'epica storica. Non a caso uno dei primi film muti di grande successo ambientati sul campo di battaglia fu Napoléon di Abel Gance nel 1927. Ma cos’è che rendeva questi film unici? La loro strutturazione sonora, l’unione perfetta tra movimenti di macchina e il conformarsi dell’orchestra che riprendeva il tutto direttamente in scena. Ed è ciò che realizza perfettamente Martin Phipps, eccelso compositore che da sempre analizza musicalmente la correlazione perfetta tra il potere e le sue conseguenze. Se in The Crown il compositore britannico ha cercato sin da subito di creare un collegamento tra gli aspetti emotivi della Regina Elisabetta con famiglia e sudditi, scavando nel passato per mostrare il presente, con Napoleone il fine è completamente opposto.

Il suo essere per natura un outsider, non un aristocratico per discendenza divina, lo rende come analizzato dallo stesso Phipps su Deadline «una figura fuori dal suo tempo e la musica doveva essere volutamente poco elegante così da metterne in risalto i suoi aspetti da combattente. Volevamo entrare letteralmente nella sua testa, in uomo che in pochissimo tempo arriva a conquistare quasi il mondo intero. È unicamente la sua brama a spingerlo». È un fil rouge sonoro che detta la sua ascesa e caduta ed è interessante anche il modo in cui la musica diventi il mezzo principale per raccontarne la storia. Scandendo le vari fasi del periodo Napoleonico a ognuna di esse viene associata una canzone; dai canti popolari dalla rivoluzione fino a quelli in cirillico che sembrano presagire al protagonista il declino e la caduta che seguiranno la campagna di Russia. Il fato che comunica con l’eroe errante.