FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Cosa sta succedendo a Roberto Cavalli? Una nuova inchiesta svela che il futuro del brand potrebbe essere in forse

UPDATE 3.11.2025: Il deal tra Roberto Cavalli e Tomorrow, servizio di distribuzione londinese, è stato confermato. La notizia che l'azienda inglese si occuperà della distribuzione globale della prima linea del brand a partire dalla FW26 conferma quanto anticipato sulla situazione pericolante affrontata da Cavalli nell'ultimo anno. L'obiettivo principale di Tomorrow sarà rappresentare il brand italiano - di proprietà di Damac, fondata dall'arabo Hussain Sajwani -  a livello internazionale e rafforzarne il posizionamento di mercato, secondo quanto afferma l'azienda in un comunicato ufficiale. Non si tratterebbe dunque di una cessione del marchio, come si vociferava quest'estate, ma di una collaborazione che punta a promuovere la crescita di Cavalli. Considerando la centralità che avrà Tomorrow nella strategia generale del brand, è possibile che la direzione creativa del brand, affidata a Fausto Puglisi, cambi leggermente, con più partnership simili a CavallixSkims, che ha reinterpretato le stampe più iconiche del brand attraverso la lente pop del marchio di Kim Kardashian.  

Con ogni giorno che passa, il futuro di Roberto Cavalli è sempre più in forse. Secondo quanto riportato da MF Fashion in un'inchiesta firmata da Andrea Giacobino, l’attuale proprietario del marchio, il miliardario di Dubai Hussain Sajwani starebbe valutando la cessione del ramo moda, mantenendo invece sotto il controllo del suo gruppo Damac Properties, che invece si occupa dei progetti immobiliari legati al nome del brand tra cui la scenografica Cavalli Tower a Dubai. Una mossa che, se confermata, non solo segnerebbe un cambio strategico significativo nella gestione di un brand che negli ultimi anni ha faticato a performare all’altezza delle ambizioni iniziali, ma potrebbe essere presa come segno che la moda è più utile oggi per vendere suites e appartamenti di lusso che abiti e borse. Sajwani, che aveva rilevato Roberto Cavalli nel 2019 attraverso una complessa struttura finanziaria che coinvolge diverse società di investimenti, aveva infatti promesso di riportare il brand agli antichi fasti dopo il suo ingresso in procedura di concordato preventivo. A distanza di cinque anni, però, i risultati economici raccontano un quadro molto meno brillante. Il bilancio consolidato del 2024, infatti, si è chiuso con una perdita di 23,3 milioni di euro, in crescita rispetto ai 20,3 milioni dell’anno precedente, nonostante un lieve aumento dei ricavi netti passati da 75,2 a 79,3 milioni di euro.

A preoccupare è soprattutto la contrazione del valore della produzione, sceso da 101,7 a 93,2 milioni, mentre i costi operativi sono diminuiti solo marginalmente, restando a quota 116,4 milioni. Anche il bilancio ordinario evidenzia una situazione difficile: le perdite, pari a oltre 23 milioni, sono state ripianate attingendo alle riserve, ridotte oggi a 33,4 milioni, insufficienti a coprire un passivo complessivo che sfiora i 53 milioni. Il calo ha colpito anche tutto il comparto dedicato alle licenze commerciali, crollato del 55% con introiti di 5,5 milioni. Tutto suggerisce che il patron Sajwani potrebbe presto affidare il brand a qualche entità esterna o anche solo venderlo per concentrarsi sul più redditizio business immobiliare Damac, che secondo l’agenzia Moody’s può contare su un portafoglio off-plan da 16 miliardi di euro. Alla guida operativa del brand è rimasto Sergio Azzolari, nominato CEO nel 2023 dopo esperienze in Dsquared2, Tod’s, Luxottica e Missoni, mentre la direzione creativa è affidata dal 2020 a Fausto Puglisi, le cui collezioni hanno anche incontrato un certo successo presso la stampa. Nonostante tutto però, i risultati economici non sono arrivati. Secondo l’inchiesta, alcuni analisti stimano che oggi Roberto Cavalli possa valere tra i 300 e i 400 milioni di euro, a essere ottimisti. Ovviamente, non essendo nulla confermato, i nomi di potenziali acquirenti sono soltanto ipotesi.

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In realtà, sulla carta, non c’è un vero motivo per cui il rilancio creativo di Cavalli non abbia avuto fortuna finora. Come nei casi di altri brand che si sono rilanciati ormai da anni ma senza riemergere davvero la questione non riguarda chi lavora nel brand ma l’ambiente nel quale lavorano. È onestamente difficile, infatti, pensare a un’industria attualmente più satura di quella della moda, dove brand storici, di nicchia oppure emergenti hanno creato un ecosistema dove nemmeno la nostalgia sembra essere il motore di vendite che era un tempo. Il successo di alcuni brand sembra relegato all'era in cui erano culturalmente rilevanti: così si può spiegare come mai, al netto delle vendite in calo del brand, i pezzi vintage di Roberto Cavalli siano ancora tra i più ricercati online e nelle stesse collezioni odierne il brand ne abbia offerto anche delle rivisitazioni. Negli anni ’10, la crescita strepitosa del settore moda, e specialmente con il New Guards Group, aveva creato l’impressione in numerosi investitori e gruppi esteri che la moda Made in Italy fosse come un grande ricevimento dove fosse sufficiente presentarsi per mangiare in abbondanza – il che ha portato a diversi revival di brand dal passato glorioso ma nel tempo decaduti dall’attenzione pubblica e altrettanti rilanci che, nonostante budget fantasmagorici, hanno lasciato molti brand pochi passi più avanti di dove si trovavano in origine. Quale sarà il loro destino? Sarà il mercato a deciderlo – anche se la saggezza popolare ci ricorda da tempo che ha poco senso spronare un cavallo stramazzato al suolo.