L’aura intorno ai designer dei brand ha sempre qualcosa di solenne, come se fossero figure intoccabili e irraggiungibili all’interno del sistema moda. Forse è il semplice fatto di incontrare la mente dietro un brand storico, o è semplicemente percepire quell’essenza creativa che molti trovano quasi intimidatoria. Eppure, conoscere Frederic Saint-Parck è stato come incontrare un vecchio amico dell’università al bar, per caso. Appena atterrato da Parigi, è corso direttamente all’atelier di Miss SIXTY, dove con il resto del team stava mettendo a punto gli ultimi dettagli per l’apertura del flagship store in San Babila. Sarà stata la vicinanza in età, o forse entrare in uno spazio così “ufficioso” durante la frenesia della fashion week, ma parlare con Saint-Parck non dava affatto l’impressione di avere di fronte il direttore artistico di uno dei più grandi heritage brand italiani.
Alla sola età di 22 anni, dopo essere stato art director di MOWALOLA per due anni, il designer lo scorso anno ha preso in mano le redini di Miss SIXTY e ha saputo rilanciarlo con una campagna che ha fatto il giro del mondo, complici anche le immagini virali di Bella Hadid con addosso i loro jeans. Con un tono disinvolto, Saint-Parck ha spiegato come il processo creativo dietro alla collezione sia stato un lavoro collettivo, condiviso con tutto il team, dal marketing ai designer: «Io sono solo uno degli ingranaggi». Il suo entusiasmo si percepisce anche quando racconta della risposta del pubblico alla collezione e alla campagna che l’ha accompagnata: «La collezione è davvero forte. Anche Bella l’adora, l’ho vista con indosso dei jeans che le avevamo regalato, e li porta ancora. Penso che sia un grandissimo complimento per tutto il team». E in effetti, a colpire è proprio questo tono genuino, quasi stupito, come se tutto fosse ancora una grande scoperta.
Eppure, per molti, prendere le redini di un brand che ha segnato l’immaginario della moda italiana nei primi anni Duemila potrebbe sembrare un’impresa titanica. Se poi si considera che a farlo è stato qualcuno all’inizio della propria carriera, il peso delle aspettative rischia di diventare ancora più ingombrante. Ma per Frederic Saint-Parck non è mai stata una questione di paura. Anzi, è la forza del gruppo ad aver fatto la differenza sin dall’inizio: «Sono giovane, ma mi considero incredibilmente fortunato. Lavoro con persone di altissimo livello, che ascoltano le mie idee e mi supportano ogni giorno». Il suo approccio riflette la consapevolezza di chi riconosce il valore di ciò che c’era già, prima di lui, e sceglie di costruirci sopra con rispetto e intelligenza. «Se una cosa funziona, non c’è motivo di cambiarla», spiega con lucidità.
La sua Miss SIXTY non rinnega nulla del passato, anzi, riparte proprio da lì, da quel DNA fatto di denim, vita bassa e silhouette sensuali. «Siamo diventati grandi in quel momento storico, quello dei jeans a vita bassa e delle forme sexy. E credo che sia qualcosa che dovremmo continuare a fare, punto». Allo stesso tempo, il ritorno di Miss SIXTY sotto i riflettori è avvenuto senza inseguire la nostalgia o forzare riferimenti al passato. L’estetica anni Duemila non è mai stata un punto di partenza esplicito, anche se certe scelte cromatiche e dettagli come le acconciature retrò hanno finito naturalmente per evocarla. Il risultato, però, ha mantenuto quel tocco Gen-Z, senza scivolare in rimandi troppo espliciti a personaggi simbolo di quel periodo.
Forse anche per via della sua lunga vicinanza a uno dei brand più amati dai “cool kids” delle nuove generazioni, quello della designer anglo-nigeriana Mowalola. È stata lei, infatti, a dargli una delle prime vere opportunità nel mondo della moda, affidandogli a soli vent’anni il ruolo di art director del brand. «Mowa è come una sorella maggiore per me. Non credo di averlo mai detto pubblicamente, ma c’è stato un momento in cui ero praticamente senza casa, e lei mi ha accolto. Per me è famiglia», racconta con gratitudine, ricordando come sia stata proprio lei a insegnargli tutto. È da questo rapporto profondo che è nata una delle prime esperienze formative per Saint-Parck. Mowalola gli ha insegnato i fondamentali del design e allo stesso tempo, gli ha dato la possibilità di crescere, permettendogli di sperimentare con la direzione artistica e sviluppare una visione creativa personale: «Mi ha insegnato quasi tutto quello che so. Lavoravo inizialmente come designer, poi sono passato all’art direction e lei mi ha dato fiducia. Non dovevo nemmeno proporle le idee, era come se pensassimo le stesse cose nello stesso momento.»
Con Miss SIXTY l’approccio è diverso, ma altrettanto stimolante. Il brand italiano gli permette di esprimersi su più livelli, alternando direzione creativa e lavoro operativo, in un equilibrio che definisce raro. Proprio perché entrambi i contesti, quello intimo e sperimentale con Mowalola, e quello strutturato e globale di Miss SIXTY, gli hanno dato modo di crescere, l’idea di un ritorno alla collaborazione con il brand londinese non è affatto da escludere. Lo scorso settembre, i due hanno firmato insieme una capsule collection per Miss SIXTY, che per il designer sembrava qualcosa di quasi inevitabile: «La collab con Mowalola doveva succedere per forza. Se lei mi chiama, io ci sono. E se vuole fare qualcosa di nuovo con Miss SIXTY, sarà sempre un’opzione.»
Con Frederic Saint-Parck, tutto sembra scorrere in modo naturale. Quando parla di sé, delle sue ispirazioni e delle città che ha attraversato, lo fa con una sincerità leggera, quasi disarmante, quella delle chiacchiere al bar, senza filtri né costruzioni strategiche. Quando gli è stato chiesto a chi si ispira maggiormente, la moda non ha nemmeno sfiorato la conversazione. Il designer ha parlato immediatamente della musica, di artisti come Playboy Carti o le sperimentazioni sonore di Arca. Come sottolineato da Saint-Parck, più che l’estetica, lo affascina l’idea di ciò che è in anticipo sui tempi, quella capacità di proporre qualcosa che inizialmente può sembrare stonato o fuori luogo, ma che col tempo si rivela necessario «mi piacciono le cose all’avanguardia, questa è la parola chiave». La sensibilità del designer, che mescola istinto, ascolto e una certa inclinazione per ciò che ancora non è ovvio, si riflette anche nel modo in cui vive il presente.
Dopo l’apertura del flagship store di Miss SIXTY, confessa di non avere un obiettivo preciso a breve termine. Più che aggiungere un altro traguardo alla lista, preferisce godersi quello che ha costruito finora. «Sto vivendo un sogno, davvero. L’unica cosa che desidero è che non finisca. Non voglio svegliarmi.» Nessuna fretta di dimostrare altro, solo la volontà di continuare, con lo stesso entusiasmo. E forse è anche questa lucidità che gli permette di leggere il mondo creativo con uno sguardo ampio, grazie anche all’essere stato cittadino di tutte e quattro le fashion capital prima dei suoi 25 anni. All’ultima domanda, proprio riguardo le big 4, Saint-Parck ha guidato il discorso, elogiando ognuna delle città del sistema moda. Se Londra rimane la città dove i giovani creativi riescono davvero a sperimentare «dove si esce, si lavora, si sbaglia insieme» Parigi rappresenta invece la struttura, il confronto con un’industria più matura, a volte distante ma imprescindibile. New York è stimolante, certo, ma più legata a un’idea commerciale e street, mentre Milano, pur con i suoi codici precisi, sta diventando sempre più una piattaforma fertile per chi cerca spazio per creare. In questo continuo movimento, Saint-Parck non sembra voler scegliere un’unica direzione. Preferisce abitare le sfumature, muoversi tra i codici, restare in equilibrio tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.