A Guide to All Creative Directors

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Il mercato dei diamanti creati in laboratorio perde pezzi

I loro prezzi sono calati tanto da tirarsi dietro l'intero mercato

Il mercato dei diamanti creati in laboratorio perde pezzi I loro prezzi sono calati tanto da tirarsi dietro l'intero mercato

Diamanti cresciuti in laboratorio: quando emersero sul mercato, guadagnando fama dopo che Frank Ocean lanciò il proprio brand di gioielleria, pareva quasi che avrebbero capovolto il mercato. A quei tempi si parlava moltissimo di sostenibilità e si coltivava la convinzione che un’alternativa a certi prodotti o materiali sarebbe stata accettata dal mercato. Si diceva che l’estrazione dei diamanti era un business assai sporco, che la preziosità dei diamanti stessi fosse un mito del marketing, che i diamanti prodotti in laboratorio non avevano nulla da invidiare a quelli veri – evidentemente però non è stato così. Tra una domanda sempre più instabile per i diamanti, un deprezzamento di quelli naturali e preoccupazioni sulla sostenibilità, essendo i diamanti lab-grown prodotti usando molta elettricità, la destabilizzazione del mercato ha messo in crisi uno dei produttori simbolo del settore, De Beers, le cui vendite sono scese, i prezzi tagliati e che, l’anno scorso, è stato anche ufficiosamente “messo in vendita” dal suo gruppo di appartenenza, Anglo American. Oggi, proprio De Beers Group ha annunciato la chiusura del suo brand di gioielli con diamanti sintetici, Lightbox, perché non solo i prezzi dei diamanti creati in laboratorio sono crollati insieme ai margini di profitto ma anche perchè le vendite di diamanti sintetici ha superato quelli naturali. Ma cosa è successo?

@wearwally 1 CT Diamond ring from walmart, only $498!!! @Walmart #labgrowndiamond #diamonds #walmartdiamonds #diamondring #walmartjewelry Beautiful Things - Benson Boone

Secondo Al Cook, CEO di De Beers Group, le dinamiche di mercato sono cambiate in modo drastico dal lancio di Lightbox, i cui diamanti sintetici costavano 800 dollari al carato. Da allora, però, i prezzi all’ingrosso dei diamanti sintetici sono crollati del 90%, in gran parte a causa della produzione di massa proveniente da paesi come Cina e India e dei costi di fabbricazione in discesa grazie al progresso tecnologico. «Il fatto che ora si possa comprare un anello di fidanzamento da 299 dollari da Walmart sarebbe una vittoria agli occhi dei miei predecessori», ha detto Cook a NY Times. «La gente non percepiva questo tipo di acquisto come un “cimelio” o un investimento. E poiché alcuni rivenditori vendono ancora quell'anello a 3.000 dollari, dobbiamo lavorare per differenziare e rendere più desiderabile il diamante naturale». La situazione è grave perché, come rivelato nel medesimo articolo che abbiamo citato, De Beers possiede due miliardi di diamanti invenduti – frutto di una crisi che ha forse radici macroeconomiche e geopolitiche, come il ban dei diamanti russi o le tariffe in America, ma possiede sicuramente diramazioni sociali, come il calo dei matrimoni in tutto il mondo. Adesso De Beers si prepara al cambio di narrativa: anzitutto ha prodotto il dispositivo DiamondProof in grado di autenticare le gemme e ha anche annunciato investimenti enormi e campagne globali mirate a riaffermare l’unicità dei diamanti veri. Si potrebbe forse affermare, già che stiamo parlando di Walmart, che questi diamanti artificiali a buon mercato corrispondano al dupe della Birkin di Hermès per cui la catena di supermercati è diventata celebre qualche tempo fa: le maree del mercato hanno semplicemente decretato che i diamanti artificiali fossero una specie di dupe e l’intero valore di mercato è stato diluito. Niente male per un mercato che secondo Precedence Research, doveva avere dimensioni da 30 miliardi di dollari nel 2024 con previsioni di circa 98 miliardi entro il 2034.

La chiusura di Lightbox, quasi paragonabile alla chiusura di una linea di diffusione nella moda, riflette anche un più ampio riposizionamento strategico di De Beers che, ricordiamolo, è il terzo produttore di diamanti grezzi nel mondo. Pare che entro il 2025 il gruppo diamantifero sarà in effetti venduto, e dunque l’azienda ha già lavorato a un piano chiamato “Origins Strategy” presentata già nel 2024, volto a ottimizzare le operazioni e a concentrare gli investimenti nei segmenti ad alto margine legati ai diamanti naturali. Insomma, niente batte il core business – ammesso che il core business riesca a riprendersi dal danno inflitto da questo mercato dei dupe. Basti pensare, come spiega sempre il NY Times, che nel 2018, la differenza di prezzo tra diamanti coltivati e naturali era appena del 10% mentre oggi, le pietre sintetiche possono costare da un ventesimo fino a un quarto del prezzo di un diamante naturale simile. I venditori sul fondo del mercato sono quelli a cui sono arrivati i soldi: Walmart, per esempio, ha iniziato a vendere gioielli con diamanti sintetici nel 2022 e ha registrato un aumento delle vendite del 175% nel 2024 rispetto all’anno precedente. Nello stesso articolo si legge che in un sondaggio del 2024 condotto dalla piattaforma matrimoniale americana The Knot è emerso che il 54% degli intervistati ha scelto diamanti sintetici per i propri anelli di fidanzamento: erano il 46% del 2023 e il 12% nel 2019. 

Il che non significa che De Beers abbandonerà del tutto i diamanti sintetici. La sua consociata Element Six continuerà a concentrarsi sulla loro produzione ma tornando alle originarie applicazioni industriali e tecnologiche, tra cui semiconduttori, tecnologie quantistiche e strumenti ad altissima precisione. E per quello che riguarda la gioielleria? Il problema, dato che si parla di lusso, è il conflitto tra accessibilità e rarità. I diamanti sintetici sono praticamente identici a quelli naturali a occhio nudo, e lo spending power collettivo, specialmente tra i giovani, cala insieme ai prezzi di questi gioielli economici. È purtroppo un discorso che, nella moda, abbiamo ampiamente visto con i materiali alternativi al cuoio, le re-edizioni d’archivio e anche gli NFT: esauritasi l’eccitazione della novità, tutte queste alternative non sono che una pallida imitazione della cosa vera. E così come nessun fungo può sostituire il vero cuoio e nessuna sneaker digitale venderà più di una sneaker che si indossa veramente, così il vero valore percepito dai clienti riguarda i diamanti veri: un diamante lab-grown è in fondo bigiotteria che è più complicato produrre; dal punto di vista della percezione, sono zirconi glorificati. Il punto è che ora servirà distinguere quelli veri da quelli “rifatti” – un analista intervistato dal NY Times ha detto che se non si riuscirà a creare una netta distinzione tra i due tipi di pietre «sarà un suicidio per l’industria».