A Guide to All Creative Directors

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Capire l’ossessione dei brand per le mostre immersive in Asia

La “febbre della retrospettiva” della moda è diventata un nuovo strumento di branding

Capire l’ossessione dei brand per le mostre immersive in Asia La “febbre della retrospettiva” della moda è diventata un nuovo strumento di branding

Se in questi mesi ci trovassimo a viaggiare tra Cina, Corea del Sud e Giappone, incontreremmo un numero molto elevato di mostre a tema moda organizzate da brand occidentali. C’è If You Know, You Know di Loro Piana che ha aperto due sabati fa a Shanghai, quella di Penhaligon’s inaugurata nella stessa città lo scorso martedì, mentre venerdì scorso è stata svelata al pubblico Gucci Bamboo: Decoding an Icon. Sabato scorso Loewe: Crafted World è arrivata a Tokyo, dove ad aprile si terrà anche Love Fashion: In Search of Myself del Kyoto Costume Institute. Questo mese Dior porterà a Seoul Christian Dior: Designer of Dreams, già presentata in Cina, in Arabia Saudita e in Qatar. A partire da metà marzo a Singapore è visitabile Iris Van Herpen: Sculpting the Senses mentre, sempre in Corea, Bulgari ha portato lunedì scorso la sua Bvlgari Serpenti Infinito che aveva debuttato a Shanghai a gennaio. Lo scorso ottobre, poi, Svarowski era atterrato in Corea del Sud con Swarovski – Masters of Light from Vienna to Seoul. Mercoledì scorso Valentino ha presentato con un evento pieno di celebrities una nuova installazione al Tokyo National Museum mentre il prossimo giugno Prada Mode arriverà invece a Osaka con una mostra sui progetti realizzati da Kazuo Sejima per la trasformazione dell’isola di Inujima in un padiglione progettato dallo studio SANAA e situato nell’Umekita Park di Osaka. Sempre a Osaka, alla Osaka-Kansai World Expo, c'è un'altra mostra Hymn of Love di cui LVMH è golden partner e che durerà fino a ottobre. Come è facilmente intuibile, il motivo dietro a tutte queste mostre non è tanto l’umanesimo quanto la volontà di creare connessioni identitarie ed engagement con importanti mercati esteri. Si tratta di una nuova strategia che, invece di basarsi su campagne e attivazioni, scommette tutto sulle esperienze, una categoria che, come riporta Jing Daily, sta diventando sempre più importante per la clientela del lusso in Asia e specialmente in Cina. In un periodo in cui il lusso ha cominciato a perdere slancio nell'intera area South Pacific, l’inaugurazione di retrospettive da parte delle maison, con il coinvolgimento di celebrity e di VIC del Paese, rappresenta l’ultima trovata marketing di una moda che vuole stimolare le vendite a colpi di cultura ed esperienze immersive.  

Fino a poco tempo fa i brand puntavano sui mega-destination show, sulle aperture di nuovi negozi e sulle sfilate-tour, ripetute in giro per il mondo per sedurre i clienti più abbienti. Adesso è arrivato il momento delle mostre: curate nei minimi dettagli, inaugurate con esclusivi party, magari anche visitabili su prenotazione per alimentare la FOMO del pubblico, sono perfette per rafforzare il legame tra brand e mercati locali. Abbandonando l’approccio esclusivo degli eventi riservati ai VIC e alle celebrity, le mostre portano i brand più vicino a quella fascia di clienti aspirazionali che tempo fa era stata abbandonata in favore di folli aumenti dei prezzi. L'idea di attirare solamente acquirenti ultra-facoltosi con eventi sfarzosi dall’impatto mediatico di breve durata sta cedendo il passo a strategie più inclusive, mirate a consolidare il posizionamento del marchio nella mente del consumatore aspirazionale locale. Le mostre come quelle che abbiamo elencato non sono solo strumenti di storytelling ma occasioni per i brand in cui far sperimentare al pubblico la propria eccezionalità. Nel caso della mostra di Penhaligon’s a Shanghai il modello di ingresso su prenotazione ha creato un senso di urgenza che ha portato l’evento a diventare virale su RedNote. Come ha raccontato a Jing Daily Lisa Zheng, direttrice operativa  di WB Immersive, agenzia che segue eventi come questo: «Il mercato del lusso è maturato al di là del culto del logo: le persone cercano un investimento emotivo sull'identità. Questa mostra non è solo una vetrina, ma un rituale partecipativo». Il che è valido per tutte le mostre di questo tipo. E il successo che queste singole mostre paiono avere aiuta molto a rinforzare l’immagine di grandi brand e grandi gruppi che proprio in questi mesi stanno riorganizzando la propria presenza retail in questi mercati. 

@ptjhia A must see exhibition for fashion & art lovers! Iris van Herpen: Sculpting the Senses at ArtScience Museum Singapore #fashion #hautecouture #artexhibiton Enya-style romantic fantasy waltz original - Yukari Okano

L’adozione delle mostre come strumento di engagement è il risultato di una serie di fattori culturali, economici e strategici. Secondo Jonathan Siboni, CEO di Luxurynsight, citato in un articolo di WWD sul fenomeno, nel 2024 in Cina sono state organizzate 192 esposizioni da parte di 48 marchi di lusso operanti nei settori moda, gioielleria e bellezza. La crescita di questi eventi risponde all’esigenza di creare esperienze che vadano oltre la semplice transazione economica, valorizzando l’artigianalità, la tradizione e la creatività di un brand in un contesto più narrativo ed emozionale. Parallelamente, il nazionalismo culturale cinese ha alimentato l’interesse per l’artigianato tradizionale e il patrimonio artistico locale, perciò molte delle mostre includono collaborazioni con creativi autoctoni per celebrare la storia e l’artisticità di ciascun Paese. Il che non è solo un discorso di adulazione ma soprattutto una questione di riconoscibilità e pertinenza. La mostra di Loewe, per fare un esempio, include ambienti interattivi creati in collaborazione con lo Studio Ghibli e i ceramisti di Kyoto Suna Fujita, un documentario sulla famiglia Onishi che da secoli realizza bollitori da tè per la cerimonia tradizionale, e le opere di maestri contemporanei come Tanabe Chikuunsai IV, Moe Watanabe e Genta Ishizuka, vincitore del Craft Prize nel 2019; oltre che creazioni di artisti del Salone ARKO, come Hafu Matsumoto e Jiro Yonezawa. Quella di Prada a Osaka, invece, sarà una sorta di cornice che inquadrerà il lavoro dell’architetta Kazuyo Sejima sull’urbanistica di un’intera isola. 

Insomma, non si tratta solo di vendere ma di trasmettere valori e identità – specialmente per una classe di individui molto abbienti per cui il lusso è anche un investimento culturale. Come spiegato a WWD Pooky Lee, che gestisce l’agenzia di curatela Poptang, le mostre stanno diventando strumenti di comunicazione sempre più versatili e ad ampio raggio. A differenza delle sfilate, più escludenti che esclusive, le mostre offrono un elemento di novità e una durata più estesa, permettendo ai brand di raccontare storie, creare spettacoli visivi, soddisfare clienti esistenti e attirarne di nuovi, il tutto in un ambiente che stimola la condivisione sui social media. Inoltre - aggiungiamo noi - creano la sensazione che il brand stia in qualche modo venendo a far visita alla città, creando occasioni nel calendario sociale collettivo un po’ come successo qui in Europa con la mostra di Dolce&Gabbana spostatasi con grande successo da Milano a Parigi negli ultimi mesi. Il bello è che, nonostante sponsorizzati, questi eventi non corrono il rischio di saturare il mercato: «Mentre il volume delle esposizioni di marchi in Cina suggerisce un possibile punto di saturazione», ha spiegato Siboni, «i nostri dati hanno mostrato che nei primi due mesi del 2025 ci sono state altrettante esposizioni rispetto al 2024 e alcuni fattori confermano che non si tratta di una tendenza passeggera». Servirebbe anche capire quanto queste mostre possano rappresentare una fonte di profitto per i brand, considerato il volume di pubblico che sono in grado di attirare e i costi fissi relativamente bassi a cui si oppone un grande ritorno d’immagine. 

Non è facilissimo capire quanti soldi riescano a raccogliere queste mostre né quanto il loro successo sia correlato alle vendite. Sta comunque di fatto che la frequenza di queste mostre è il migliore testimone della loro utilità per i brand. In un articolo dello scorso gennaio relativo al fiorire delle mostre di moda in Europa, Vogue Business raccontava di una delle mostre più leggendarie di tutte, Alexander McQueen: Savage Beauty, che in poco più di quattro mesi e mezzo, anni fa, aveva attirato mezzo milione di visitatori. Dal 2020 a oggi, poi, le mostre di moda del V&A Museum hanno attratto 750.000 visitatori, il 40% dei visitatori totali del celebre museo londinese. Il fatto che queste mostre siano itineranti, e dunque vengano riproposte con leggere modifiche attraverso Paesi diversi garantisce, come leggiamo su Vogue Business, «vendite di biglietti quasi garantite senza dover investire risorse nella creazione di collezioni o infrastrutture curatoriali». L’anno scorso, dopo l’apertura della mostra di Gucci a Shanghai, l’hashtag #GucciCosmos ha guadagnato 770 milioni di views su Weibo. Sempre l’anno scorso, parlando con Vogue Business a proposito di una mostra di Dior a Ryadh, uno dei manager del brand, Olivier Bialobos, aveva detto che gli eventi di inaugurazione e in generale la visibilità data da queste mostre non solo crea un effetto-aureola che risolleva le vendite localmente ma, in certi casi, porta diversi clienti ad altissimo reddito a fare ordinazioni di Haute Couture dopo aver visto un certo abito esposto. Jing Daily scrive che, nel caso della mostra di Loewe a Tokyo, «il negozio di souvenir, accessibile sia all'ingresso che all'uscita della mostra, è la chiave dell'evento» grazie all’inclusione di portachiavi, tote bag e altri oggetti brandizzati pensati un po’ per tutte le tasche. È chiaro, comunque, che per profittevoli che siano queste mostre non sono miniere d’oro ma strumenti di engagement offline – al di là dei soldi che producono, il loro scopo è risollevare le vendite. E spesso ci riescono. 

@abuwasbored Truly a one of a kind exhibition. You are able to fully immerse yourself in the creative genius of Margiela’s 2024 Artisanal Collection, crafted and brought to life under the vision of John Galliano. The exhibition is free, but requires a reservation, so make sure to book in advance. : Nov 2 (Sat) 2024 - Nov 24 (Sun) 2024 : Kyoden Bldg., 2-8-13 Ebisu Minami, Shibuya-ku, Tokyo 150-0022 … #museums #tokyo #tokyolife #margiela #maisonmargiela #japantravel #japan #fashion #exhibit #japantravel #japanstyle Illusione perfetta - Piero Piccioni

Da un punto di vista di puro e cinico marketing, queste mostre equivalgono alle grandi reti a strascico con cui si spazzano i fondali marini, che catturano sia pesci sia piccoli che grandi insieme a tutto ciò che finisce catturato nelle loro maglie: c’è l’Earned Media Value, c’è il servizio ai clienti importanti, c’è il ritorno d’immagine e anche la seduzione dei clienti aspirazionali per cui, grazie alle mostre, il brand pare più accessibile oltre che desiderabile. Rimane comunque vero che questo tipo di marketing culturale può incidere e favorire le vendite in modo limitato dato che non risolve il problema alla radice del calo delle vendite e cioè la sfiducia dei consumatori e i prezzi ormai elevatissimi che non possono più scendere se non al prezzo di una perdita di prestigio che, nella moda, sarebbe imperdonabile. In Cina poi, come dimostrato dal sondaggio di Hurun Research Center citato da Jing Daily, il problema è culturale: non solo il cliente medio del lusso in Cina è diventato un 35enne con un minimo di 6,5 milioni di dollari in banca (presumiamo che siano molti ma non così tanti rispetto al resto della popolazione) ma ha anche più giorni di vacanza rispetto al passato e tende sempre più verso il risparmio. Come spiega il presidente di Hurun Research Center, infatti, «il consumo medio delle famiglie cinesi HNWI [acronimo con cui si designano i più ricchi, ndr] è sceso del 12% nell'ultimo anno». 

Secondo il medesimo report, citato da Il Sole 24Ore, il numero di famiglie cinesi con un patrimonio superiore a 6 milioni di RMB (circa 830.000 dollari) è diminuito dello 0,3% rispetto all'anno precedente, scendendo a 5,128 milioni. Tra le famiglie più facoltose, quelle con un patrimonio superiore a 10 milioni di RMB (circa 1,4 milioni di dollari) sono diminuite dello 0,8%, e quelle con oltre 100 milioni di RMB (circa 14 milioni di dollari) è sceso dell’1,7%. Le famiglie ultra-ricche a livello internazionale (con un patrimonio superiore a 30 milioni di dollari) ha registrato un calo del 2,3%, con una perdita di 2.000 famiglie multi-milionarie mentre già nel 2023 il numero di miliardari in Cina è diminuito di 142 unità, arrivando a 753 al 30 agosto 2024. Il paese insomma ha perso oltre un terzo dei suoi miliardari. È forse per questo che dalle cene e dalle esperienze ultra-esclusive i grandi brand sono tornati a rivolgersi al grande pubblico. Ma basteranno queste mostre a far vendere? I problemi del sistema moda sono difficilmente riconducibili alla sola reputazione dei brand – che è forse l’indispensabile, ma non è sicuramente tutto. Il che ci porta a chiederci, considerate le molte difficoltà affrontate dal mercato cinese, se queste mostre rappresentino per la moda una terapia o un ultimo, disperato tentativo di ripresa.